22. Adam

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 Lena scoppiò a ridere, divertita. Accanto a me, Cora la guardava con la testa inclinata di lato e con aria perplessa. Le accarezzai la schiena e lei scodinzolò lanciandomi un'occhiata.
Hanna osservava la figlia sorridendo. Indossava dei jeans grigi e una maglietta bianca; aveva lasciato i capelli sciolti e qualche ciocca le finiva negli occhi per via del vento. Era bella, e sembrava più giovane dei suoi ventinove anni.
Louis era tornato in Iran un paio di giorni prima ed era sembrato quasi impaziente di partire, sia perché amava il suo lavoro, sia perché Lena era piuttosto vivace e richiedeva un sacco di attenzioni. Hanna l'aveva riportata dai nonni visto che mia mamma si lamentava del fatto che non riusciva a vedere la nipotina quanto le sarebbe piaciuto fare. Il punto era che quasi ogni volta che Lena veniva da noi, lei aveva qualcosa da fare. Come quel giorno: il suo gruppo di amiche aveva deciso di uscire proprio quel pomeriggio. E visto che papà lavorava, a casa c'eravamo solo io e Cora.
«Allora, come va la scuola?» Mi chiese Hanna voltandosi verso di me.
Mi strinsi nelle spalle. «Tutto bene per ora.»
Lena era diventata di colpo seria, concentrata com'era sulle sue bambole. Visto che era una bella giornata, avevamo deciso di uscire nel giardino sul retro e lei aveva accolto molto bene l'idea.
«Louis mi ha detto che dai ripetizioni ad una ragazza.» Aggiunse lei in tono neutro.
«Sì.» Confermai. «È una del mio anno, le serviva aiuto per matematica.»
«Anch'io al liceo davo ripetizioni. Di filosofia.» Mi sorrise. «Per un po' avrei voluto fare l'insegnante, ma poi mi sono appassionata al giornalismo.»
«Deve essere bello come lavoro.» Commentai accarezzando Cora.
Lei annuì. «Sì, molto. Mi piacerebbe scrivere articoli più importanti, ma per il momento mi accontento di sbrigare qualche faccenda d'ufficio e rivedere qualche bozza oltre che scrivere di cronaca locale.»
«Piano piano farai strada. Ho letto un paio dei tuoi articoli e, anche se non me ne intendo di giornalismo, mi sono piaciuti.» Risposi voltandomi verso di lei.
Sorrise e vidi i suoi occhi illuminarsi. «Davvero? Grazie. Non sai quanto significhi per me.»
Ricambiai il sorriso. «Figurati.»
Lei si strinse le braccia al petto sospirando. «Tu potresti fare l'insegnante, sai? Hai la passione e l'attenzione necessarie. E mi sembri anche abbastanza paziente.»
Scossi appena la testa. «Non mi ci vedo. Insomma, è un lavoro impegnativo, devi saper coinvolgere ragazzi che vorrebbero essere ovunque tranne che lì davanti a te. E parlo per esperienza, so cosa intendo. Certo, dev'essere interessante, ma... anche molto, molto complesso.»
«Indubbiamente.» Convenne lei. «Anch'io quando andavo al liceo non sopportavo i professori che pretendevano attenzione per tutte e cinque le ore come se noi ragazzi non avessimo niente di meglio a cui pensare. Però, se sai come porti e come parlare, puoi fare grandi cose.»
«Già, è qualcosa di molto difficile.» Mormorai mentre Lena ridacchiava contenta.
«Allora che ti piacerebbe fare dopo il liceo?» Domandò Hanna.
«Vorrei andare all'università. Cambiare aria per un po'.» Ammisi passandomi una mano tra i capelli. «Pensavo a New York o Baltimora. O magari Washington.»
Hanna inarcò appena le sopracciglia. «Beh, è piuttosto lontano da casa, no?»
Un sorriso amaro mi affiorò alle labbra. «Forse è per questo che voglio andarci.»
«Non so se lo sai, ma io non sono di Seattle. Prima vivevo a Shoreline. Mi sono trasferita qui per frequentare il college, dove ho conosciuto Louis.» Raccontò Hanna. «Credo di capire cosa intendi: allontanarsi da casa per un po' a volte è decisamente un'ottima idea. Arrivi ad un punto in cui ne hai bisogno. Soprattutto alla tua età.»
Questo non fece altro che accrescere la mia ammirazione per lei: Hanna mi era sempre sembrata una donna forte e piena di risorse e, negli anni che avevo passato con lei, avevo avuto la conferma di quella mia prima impressione.
Accarezzai distrattamente il collo di Cora, un attimo prima che lei sgattaiolasse da qualche parte. «È esattamente quello che penso anch'io.»
«E cosa vorresti studiare?» Domandò Hanna mentre si raccoglieva i capelli in una coda.
«Credo letteratura, o lingue.» Risposi. «A dirla tutta non lo so ancora.»
«È normale essere confusi quando si deve lasciare il liceo, ma sono sicura che troverai quello che fa per te.» Mi rassicurò lei con un sorriso che ricambiai.
Cora abbaiò per richiamare la mia attenzione. Quando mi voltai verso di lei, la trovai in piedi sulla porta-finestra che dava sul giardino con il guinzaglio in bocca, le orecchie dritte e la testa leggermente inclinata di lato.
«Credo di dover andare.» Commentai prima di tornare a guardare Hanna come per scusarmi.
Lei fece un gesto vago con la mano. «Non preoccuparti, anche noi dobbiamo andare. Domani Lena ha scuola e io devo preparare la cena.»
Nel frattempo, Cora mi era venuta vicino e si era seduta, la coda che sbatteva sul pavimento mentre lei scodinzolava in attesa della sua solita passeggiata serale. Di solito ci pensava mio padre a portarla fuori, ma visto che lui non c'era toccava a me.
Hanna si inginocchiò e richiamò la figlia: «Lena, vieni. Dobbiamo andare.»
La bambina sollevò lo sguardo dalle sue bambole. «Posso giocare a casa?»
Hanna annuì sorridendole. «Certo, tesoro. Ora vieni a salutare lo zio che deve portare fuori Cora.»
Sentendosi chiamata in causa, Cora drizzò le orecchie e lasciò cadere il guinzaglio. Lena si mise a ridere e corse ad abbracciarla mormorando "bravo cagnolino": le era sempre piaciuto il nostro cane, anche quando aveva pochi mesi e Cora la superava di un bel po' di centimetri in altezza. Dopo essersi scostata da Cora, Lena si voltò verso di me, i lunghi capelli biondi un po' arruffati che le ricadevano sugli occhi. Mi chinai per prenderla in braccio e lei ridacchiò divertita.
«Ciao zio.» Disse sorridendo.
«Ciao bionda. Fa' la brava, okay?» Mi raccomandai lasciandomi sfuggire un sorriso.
Lei annuì prima di darmi un bacio sulla guancia. «Okay.»
La rimisi a terra e lei corse a prendere le sue bambole prima di tornare dalla madre e afferrarle la mano. Hanna mi sorrise prima di uscire di casa insieme alla figlia. Cora abbaiò di nuovo e sembrava piuttosto impaziente.
La accarezzai tra le orecchie e recuperai il guinzaglio. «D'accordo, d'accordo. Andiamo.»
Lei scodinzolò tutta contenta, come se avesse capito di stare per uscire.


Under a Paper Moon (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora