Capitolo 31 - La tempesta

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Marcus

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Vediamoci alle 21:30. Al Nineteen.

Prendo un respiro profondo.

Mi appoggio al ripiano della cucina e bevo ancora un sorso d'acqua nella speranza di riuscire a calmarmi. Le mani mi tremano ancora, non so nemmeno come ho fatto a guidare fino a casa senza fare incidenti. Ero così assorto che mi sono trovato a casa di Annabelle senza rendermene conto, ho completamente perso la cognizione dello spazio e del tempo. L'ho fatto così tante volte questo percorso che la mia mente deve aver agito con il pilota automatico.

Prendo un respiro profondo.

Leggo i messaggi di Annabelle che mi sta mandando da tutto il giorno e non rispondo. Non so cosa dirle e una parte di me teme di dire la cosa sbagliata, l'altra non vede l'ora di urlare così forte da fare crollare le mura di questa casa. Sono così stanco e stremato che non so come mi possa reggere in piedi. Poso il bicchiere sul ripiano e chiudo gli occhi.

Prendo un respiro profondo.

Sono le quasi le venti e Annabelle non è ancora rientrata. Mi chiedo cosa stia facendo visto che il caso l'ha discusso oggi cona sorpresa delle arringhe finali. Il giudice non vedeva l'ora di chiudere questo processo per abbreviare i tempi, fortuna che era pronta anche per quello, così come mio padre a quanto pare. James mi ha raccontato com'è andata, ma l'ho ascoltato poco, in questo momento non mi interessa nulla del processo o del lavoro. Voglio solo che lei torni a casa.

Prendo un respiro profondo.

Sento un tumulto dentro, come un vulcano in eruzione che piano piano sta per esplodere e tutta questa attesa rende solo più catastrofico questo momento. Guardo ancora la cartella verde sul tavolo della cucina: ho visto solo i primi fogli e mi sono bastati per chiudere subito, capendo cosa sono. Ancora non posso crederci che abbia davvero fatto una cosa del genere.

Prendo un respiro profondo.

Non credevo di sentirmi così, non credevo di provare una rabbia così forte da non sapere come affrontare la discussione senza perdere la testa. Non lo credevo possibile con lei, la stessa donna che mi fa toccare il cielo con un dito. Dio solo sa quanto la amo alla follia, ma questa volta ha superato ogni limite.

Prendo un respiro profondo.

Sento le chiavi nella serratura della porta d'ingresso e il cuore comincia a pompare sempre più forte, agitandomi ulteriormente quando avrei bisogno del contrario. L'adrenalina si impossessa di ogni mia vena, cioè come il nervoso attanaglia la mente.

Prendo un respiro profondo.

Entra e lascia subito la borsa all'ingresso, togliendosi il cappotto pesante.

"Ciao Annabelle."

È l'unica cosa che riesco a dire, ma il tono è così freddo che credo anche lei si sia resa conto subito del cambio... O forse no a giudicare dal fatto che non mi guarda stranita.

"Marcus, ma perché non rispondi al telefono?" chiede lei e ancora non mi guarda, concentrata su altro. "Ti sto cercando da tutto il..."

Quando finalmente si volta, la prima cosa che vede è proprio la cartella verde scuro sul tavolo. Annabelle chiude gli occhi un secondo e prende anche lei un respiro profondo, prima di affronantarmi.

"Sei entrato nel mio ufficio quando non c'ero?" chiede sul piede di guerra e incrocio le braccia al petto. "Ma che cavolo... Come facevi a saperlo, eh?"

Lei è arrabbiata? Sul serio?

"Mi hai mentito." spiego con insolita calma. "Stamattina, mi hai mentito quanto ti ho chiesto di pranzare insieme. Ero preoccupato che facessi qualche stronzata con il processo che potesse costarti cara in procura e..."

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