Prologo

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Aereoporto di Parigi, ore 06.00.

Un gran via vai di persone mi passano frettolosamente davanti per poi sparpagliarsi in direzioni diverse: c'è chi si affretta ai cancelli d'imbarco, chi ammira le vetrine del Duty free, genitori stressati impegnati a tenere a bada i figli che scorrazzano da una parte all'altra mentre cercano i biglietti aerei, chi si appresta ad uscire a fumare l'ultima sigaretta prima del lungo volo e se non fossi così assonnata, ne fumerei una anche io ma mi limito ad osservare il caotico mondo che mi circonda con l'Ipod nelle orecchie in attesa di partire per San Francisco.

Ancora non ci credo.

Svegliata alla tre del mattino, mamma mi ha preparato un'abbondante colazione perché "Non sai mai quello che mangi sugli aerei"; Miriam mi ha abbracciata a lungo come se stessi andando in guerra; papà e Gionny mi hanno scortata fino all'aereoporto, mi hanno cacciato in mano il biglietto aereo con l'augurio di tornare presto a casa con il solito carattere allegro e sfrontato di prima ed eccomi qua, in aereoporto, più assonnata e frastornata che mai.

Forse sarebbe stato meglio non aver passato quello che ho passato se era l'unica soluzione per realizzare il mio sogno più grande: gli Stati Uniti D'America, per la precisione la California e più precisamente ancora San Francisco. Ma non potevo rifiutare: avevo tutta la mia famiglia contro, decisa a farmi scuotere da quell'apatia che alberga in me da tre mesi a questa parte, facendomi raggiungere i cugini d'oltre oceano pur di farmi uscire dalla mia camera. Evidentemente facevo loro una pena grandissima. E mi viene anche da ridere: da quando avevo 14 anni, mamma ed io eravamo sempre in guerra perché ero perennemente fuori casa ed ora, che di casa non ci esco più, mi sbattono perfino in America pur di non vedermi tappata in casa.

Per farmi dimenticare Renato e Ste.

Sono passati tre mesi, eppure continuo a soffrire come se fosse capitato ieri: la confessione di Renato e lo scherzo di Gery ed Emma mi hanno portato a chiudermi in me stessa, ad abbandonare il lavoro che amavo pur di estraniarmi da qualsiasi interazione sociale, schifata da tutto ciò. Se il loro era un esperimento sociale, bhe, direi che è fallito miseramente.

Seduta su una sedia della sala d'aspetto, mi guardo in giro tentando di non pensare, ma l'immagine di Ste è talmente nitida e radicata nella mia testa che mi sembra di vederlo in ogni ragazzo che passa. Uno sguardo, un sorriso, un modo di fare: ognuno di loro mi fa ricordare Ste. Soprattutto quel ragazzo che cerca disperatamente qualcuno in mezzo alla gente

I nostri sguardi si incrociano.

Distolgo immediatamente lo sguardo da tanto che la somiglianza è forte.

Ma, sempre per lo stesso motivo, sposto nuovamente lo sguardo su di lui: sta correndo nella mia direzione avvicinandosi sempre di più.

E il cuore inizia a battere sempre di più.

Non è possibile.

è Stefano in persona.

"Desy!" esclama con il fiatone, "Desy, non partire"

"Ti avevo detto di estinguerti"

"Non andare a San Francisco, resta con me".

Fissandomi intensamente negli occhi, si inginocchia: "Desy non partire. Te lo giuro: sono veramente innamorato di te, le parole che ti ho sempre detto sono tutte vere. Non mi sono mai innamorato così di una ragazza"

Sono in un turbine di emozioni, sono confusa. Come ha fatto a trovarmi? Come sapeva della mia partenza, del mio scalo a Parigi? Solo la mia famiglia lo sapeva. Fatto sta che è qui davanti a me, bello come sempre, anche se stravolto: deve avere corso per tutto l'aereoporto.

"Come posso fidarmi dopo quello che è successo? Quello che mi hai fatto è stato orribile!" sputo rabbiosa

"Lo so e credimi che non ho mai smesso di fare i conti con la coscienza: all'inizio ho accettato perchè credevo di aiutare una ragazza timida a prendere sicurezza di sè, ma quando mi sono trovato di fronte te..." Ste si interrompe per riprendere fiato, senza spostare i suoi bellissimi occhi neri

Dio, quanto è sexy.

"Ho capito che stavo per fare una stronzata. Quando ho cercato di tirarmi indietro, Gery e mia cugina me l'hanno impedito"

Nel sentir pronunciare i nomi di quelle due, il sangue arriva direttamente al cervello e perdo il controllo: "E perché non mi hai detto tutto subito? Perchè hai continuato a prendermi in giro pur sapendo che mi stavi facendo male? Lo vedevi che soffrivo, nonostante reagissi. So che lo sapevi! E non hai fatto nulla. Sei un vigliacco!"

Dall' altoparlante, la voce dell'Hostess risuona per tutta la sala d'aspetto: il volo per San Francisco sta per partire

Ste continua a rimanere in ginocchio immobile, fissandomi negli occhi, senza dire una parola. Ha lo sguardo che supplica il mio perdono, segnato dal dolore e dal pentimento, i suoi occhi si stanno riempiendo di lacrime.

Non lasciarti imbambolare un altra volta. Ste ti ha già fatto del male, non lasciare che te ne faccia ancora

Lo guardo freddamente in attesa di una risposta.

"Desy, perdonami!" urla scattando in piedi e abbracciandomi "io ti amo"

Mi ama.

Rimango immobile, in piena confusione per tutto quello che sta succedendo.

Ha detto che mi ama. Che mi ama veramente.

Mi ama ma non riesce a rispondere alla mia domanda. Sta mentendo nuovamente, me lo sento. Nonostante sia sull'orlo delle lacrime, non riesco a credergli. Mi ha fatto troppo male.

"Ultima chiamata per il volo diretto a San Francisco"

Mi volto vero i cancelli d'imbarco e poi mi rigiro verso Ste.

"Devo andare" dico freddamente staccandomi dal suo abbraccio.

"Ma Desy..."

"Ho detto che devo andare".

Raccolgo velocemente il bagaglio a mano e corro in direzione dei cancelli, senza voltarmi.

Desiree'- c'era una volta l'amore #WATTYS2016 #BetterLove_ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora