Capitolo Diciassettesimo

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-Ace Lynch al tuo servizio.- il moro mi tese la mano, aprendosi in un sorriso smagliante.
La pelle abbronzata rifletteva una strana luce dorata. Gli strinsi la mano, ricambiando il sorriso.
L'unica luce, in quel posto, era emessa dai nostri corpi e dai lampi che, attraverso le aperture incastonate nei muri, illuminavano un po' l'ambiente.
Il ragazzo si incamminò verso delle maestose scale in basalto, iniziando a parlare.

-È un castello enorme. Mi ci sono perso molte volte...- rise, mettendo in mostra una sonora risata cristallina. -Ma tranquilla, sei in buone mani.- assunse la tipica "aria da macho", fermandosi e indicandosi i bicipiti. Scossi la testa, divertita. -D'accordo, cercherò di essere serio. Benvenuta alla Dimora di Tempo, un maestoso castello gotico dove tutto è nero, l'unica luce è emanata dai nostri stessi corpi e piove sempre. Domande?-

Gli occhi divertiti di Ace mi scrutavano con attenzione, in attesa di domande.
Mi guardava in modo... Strano. Quasi inquietante o ossessivo.

-Non saprei da dove cominciare!- ridacchiai, cercando di nascondere la preoccupazione per mia sorella in un angolo remoto del mio cervello. -Per esempio... come funzionano le cose, qui? C'è un capo? Cosa fate durante il giorno? Cos'era quella stanza dove capitai appena arrivata? Qual è il mio...-

-Okay, okay, calma. Una domanda alla volta!- il moro sollevò le mani nel tipico gesto d'arresa, ridendo. -Siamo divisi in gradi: Angeli, Salvatori e Discendenti. Gli Angeli, come te, sono figli di Tempo e un altro elemento spirituale. I Salvatori sono generati da Tempo e da un mortale. I Discendenti, invece, sono figli di Angeli o Salvatori. A capo di tutto questo sistema ci sarebbe Tempo, ma dato che sparì molto tempo fa, viene sostituito dall'anziano del momento. Adesso, è il turno di I., ma ancora per poco.- il ragazzo si inumidì le labbra, mostrando un ghigno che mi fece rabbrividire.

-Cosa... Cosa intendi?-

I suoi occhi sembravano trasudare determinazione. Mi spaventai.

-Intendo dire che l'Angelo della Morte è arrivato. Il meraviglioso angelo di cui siamo seguaci è qui, e non appena reclamerà il trono, l'Anziano sarà costretto a darglielo.- il suo volto si contorse in uno sguardo famelico.
Un rumore di passi gli fece girare la testa, e finalmente quello sguardo raccapricciante svanì.
Una familiare luce rossastra e soffusa brillava nell'oscurità, avvicinandosi lentamente.

-Tyler.- Ace salutò a denti stretti la figura che si avvicinava.
Mi portai una mano alla bocca, sorridendo sorpresa. Era lui, lo sapevo.
Nonostante fosse passato poco tempo (o almeno, così sembrava. Alla Dimora, il tempo era relativo.) dal nostro ultimo incontro, mi era mancato. Mi era mancato davvero tanto.

-Lynch.- la voce roca di Evan Tyler squarciò il silenzio, percuotendomi da capo a piedi. Scossa da un tremito di gioia, cercai di ricacciare indietro le lacrime.

-Evan...- sussurrai, dirigendomi verso di lui. Il ragazzo si fermò un secondo, per poi corrermi incontro.

-Ctor! Che bello rivederti.- mi salutò lui, abbracciandomi. Abbandonai la testa sul suo petto per qualche secondo, pervasa dal suo profumo. Sarei potuta restare così per anni, ma non era certo il caso.
Mi scostai, sorridendo e osservandolo. Aveva il corpo segnato da nuove cicatrici, ma sembrava non darci peso.
Dietro di me, sentivo chiaramente il respiro corto di Ace Lynch. Una luce bronzea stava illuminando la stanza in modo aggressivo.
Gli occhi rossastri del mio amico erano chiaramente preoccupati.

-Ti ha parlato di questo posto?- mi sussurrò, alludendo al ragazzo dietro di noi.

-Deve finire di rispondere alle mie domande...- rammentai, girandomi lentamente.

-Non c'è nient'altro che io possa dirti.- dichiarò Lynch a denti stretti, scoccandomi uno sguardo di fuoco. Girò sui tacchi. -Il meraviglioso Evan Tyler sa tutto. Chiedi a lui, Angelo della Morte.-

Il moro si allontanò con passi leggeri e veloci. Aveva i pugni serrati, come se volesse aggredire qualcuno. Proprio non riuscivo a capirlo.
Cos'era appena successo?

-È un pazzo.- sussurrò Evan, facendomi sussultare.

-Cosa intendi?- chiesi, con lo sguardo perso. Neanche con tutta la mia forza di volontà riuscivo a spostare gli occhi sul ragazzo accanto a me.

-Non fidarti di lui, è un malato. È ossessionato da te.-

Scossi la testa, aggrottando la fronte. Ma cosa stava dicendo?
Evidentemente, il ragazzo percepì la mia confusione, dato che si sciolse in una risata piuttosto nervosa.

-È letteralmente ossessionato da te. Il più sfegatato tra i tuoi fan, pronto a farsi tagliare una mano pur di rivolgerti la parola...-

Strabuzzai gli occhi.

-Non sono neanche arrivata e già sono perseguitata da uno stalker?-

-Precisamente.- Evan rise, infondendomi un po' di calma, ma dovevo ammettere che la storia di Ace mi aveva profondamente inquietata. -Se fossimo nel mondo mortale, non sarei stupito dal vedere camera sua tappezzata con tue foto.-

-Evan, non è divertente!-

E non lo era, affatto. Però, accanto a lui, mi sentivo protetta e capace di scherzare su ogni cosa. Per questo mi sciolsi in una risata, e così fece lui.

-D'accordo, torniamo a noi.- portò i suoi occhi luminosi nei miei. -Il meraviglioso Evan Marcus Tyler è al tuo servizio.- il ragazzo improvvisò un piccolo inchino.

-Marcus? Davvero?- risi.

-Ehi, non ti piace il mio secondo nome?- lui sorrise con la lingua tra i denti, inarcando le sopracciglia.
Mi sentii avvampare. Perché stavo avvampando?!

-Vieni, ti porto in camera tua.-
Il ragazzo mi tese la mano, e la afferrai. Mi lasciai trascinare da lui e dall'alone di sicurezza che emanava, ancorata al mondo reale solo grazie al contatto con la sua mano ruvida e coperta di cicatrici.
Salimmo diverse rampe di scale, incrociando poche persone.
Erano tutte di età compresa tra i sedici e i vent'anni di età, cosa che avevo già notato.

Imboccammo un corridoio totalmente immerso nell'oscurità, ma stranamente riuscivo a vederci benissimo. Okay: o ero magicamente diventata un gatto, o, in quanto Angelo della Morte, potevo vedere al buio oltre che sparare luce colorata. Interessante.
Evan mi condusse davanti a una porta in mogano, posò una mano sulla maniglia e spinse.
Eravamo sulla soglia di una stanza ampia ed austera: c'erano semplicemente un letto, un armadio, una scrivania e una grande finestra si stagliava sul muro davanti a noi, rivelando l'oscuro panorama all'esterno del castello. Mi avvicinai ad essa, appoggiando il palmo sul vetro. Piccoli brividi di freddo assalirono la mia mano, che riuscì a scaldare quella porzione di vetro in pochi secondi.
La pioggia cadeva, imperterrita. Fulmini e lampi si alternavano, rischiarando il cielo perennemente in tempesta.
In lontananza, c'era un bosco, scosso dal vento e dalla bufera.

Il riflesso di due occhi rossastri agganciò i miei.

-Benvenuta a casa, Victoria.-

Spazio autrice:
Buonasera, fanciulli!
Chiedo venia per questo ritardo colossale nell'aggiornare, ma la stesura di questo capitolo è stata particolarmente travagliata.
Bene! Spero vi sia piaciuto.

La vostra Dark Lady vi saluta,

-Reyna.

P.S.: "Vis", in latino, è un sostantivo che significa "forza". Al momento dell'invenzione del soprannome, non lo sapevo! Lo giuro sullo Stige: è una coincidenza.
O forse no? Ü

Al prossimo capitolo!

Midnight: Death is coming.     _Sospesa._Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora