Terzo capitolo

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-Non avevo mai visto Sophie così furiosa- mi sussurrò Bessie alla ricreazione dello stesso giorno.

Risi, mandando giù un altro morso di mela. - Quando mi ha assegnato quella penitenza non potevo crederci!

-Sophie pensa di essere l'unica fiamma dei ragazzi- la guardò di nascosto da sopra la spalla - la verità è che è invidiosa.

Guardai le persone sedute al nostro tavolo in mensa. Molte non le conoscevo, ma si erano avvicinate con un sorriso timido e avevano chiesto il permesso per sedersi. Bessie aveva ridacchiato e aveva sostenuto che non le era mai successa una cosa simile. Io c'ero abituata. Solitamente gli studenti "comuni" cercano di salire avvicinandosi a quelli "popolari".

Alla mia sinistra invece sedeva Bruce. Non avevamo più parlato del bacio e ne ero felice. Non era solo questione di farlo aspettare. Dovevo essere cauta. Mio padre era un tipo piuttosto severo e non particolarmente amante degli essere umani. Mia madre era stata un eccezione. Si erano conosciuti circa trent'anni prima, ad una festa per l'inaugurazione di un progetto. Mio padre era già un vampiro e nonostante le sue antipatie per gli esseri umani, si era innamorato a prima vista. Le aveva rivelato quasi subito di essere un vampiro e mia madre, anche lei stregata dal suo fascino, era rimasta comunque con lui. Avevano avuto Isaac e Gabe, i miei due fratelli maggiori, poi me e infine il mio fratello più piccolo, Ben. Tutti nomi di famiglia. Dopo la nascita di Ben mio padre aveva deciso di trasformare mia madre, visto che quattro figli bastavano e avanzavano. Poi con i rischi che correva la mia famiglia a causa mia, era troppo rischioso lasciare mia madre umana. Comunque a parte me e mia madre prima, mio padre non andava particolarmente d'accordo con gli esseri umani. O meglio, non andava d'accordo con gli adolescenti che mi saltavano addosso non appena ne avevano l'occasione.

-Se vuoi ti do un passaggio dopo scuola- mi disse Bessie.

Al contrario di me lei aveva la macchina. I miei genitori non me l'avevano mai presa perché con il nostro spostarci sempre più spesso non potevamo permetterci un'altra macchina da portarci dietro.
Tuttavia rifiutai la sua offerta. Non volevo che scoprisse che la mia casa corrispondeva ad un appartamento in un albergo, sempre a causa dei nostri continui spostamenti. Le dissi che mio padre era un maniaco del controllo e voleva venire sempre a prendermi lui. Il che non era del tutto falso.

Quando rientrai in albergo dopo scuola, trovai l'appartamento stranamente vuoto. O meglio, mancavano tutti e tre i miei fratelli.

-Tammy- mio padre mi trattenne per un braccio in corridoio - abbiamo un ospite. Qualcuno che è curioso di vederti.

Rimasi sorpresa. Non riuscivo a immaginare chi potesse essere. Mi diressi seguita da mio padre in soggiorno. Mia madre stava preparando il caffè e, seduto al nostro tavolo che sorseggiava un bicchiere di vino, c'era un uomo. Doveva avere non più di quarant'anni, forse qualche anno in meno, ed era bellissimo e terribile allo stesso tempo. Aveva capelli scurissimi e occhi chiari, e indossava un abito elegante. Lo avevo già visto da qualche parte, ma era come un ricordo sfocato nella mia mente.

-Ciao, Tamara- mi sorrise con dolcezza. Non pensavo che un uomo di tale postura potesse sorridermi in quel modo. -Sei incantevole. Sei cresciuta molto dall'ultima volta che ti ho vista. Ti ricordi di me?

-Non ne sono sicura.
Lo scrutai con attenzione. Lo avevo decisamente già visto. Un uomo così non si dimentica facilmente.

-Tammy, lui è Caliba Felton, uno degli Antichi. È a capo della nostra casata- mi disse mio padre.

Strabuzzai gli occhi. Gli Antichi erano i vampiri più forti della storia, erano sette e stavano a capo delle varie casate dei Vampiri. Ora che mio padre me lo aveva detto, ricordavo molto bene quel viso. Era stato da noi anni prima, ma ci eravamo parlati poco. Gli Antichi avevano aiutato la mia famiglia a nascondermi, anche se i miei genitori dicevano sempre che avrebbero potuto fare molto di più.

-Ci siamo visti l'ultima volta cinque anni fa- disse Caliba rivolgendosi a me- ed eri una ragazzina piuttosto sveglia. Come d'accordo, io e i tuoi genitori ci siamo incontrati ogni cinque anni, per discutere della situazione e di cosa fosse meglio per te. Sono sempre stati i miei maggiori interlocutori per la faccenda, ma ora sei cresciuta e mi sembra giusto parlarne con te. Tra un anno avrai diciotto anni e allora le cose cambieranno molto.

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