Capitolo I

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"A volte la vita mi portava a scrivere."

Scrivo da qui, dall'auto vissuta di mio padre, dal posto a sedere accanto a questo mio "ducens". È per me un sedile di una comodità unica, come solo la familiare abitudine di sedervisi può suscitare; è una senzazione che si accompagna col tempo al quotidiano e ininterrotto spostarsi, per far conto a tutti gli impegni, gli appuntamenti, le scelte. Sì, perché sono proprio queste ultime ad aver determinato nella mia vita una frenetica corsa contro il tempo, tramutatasi, nel corso della mia più piena età adolescenziale, in una sfida senza alcun altro effettivo sfidante all'infuori di me stesso. Ma, per non cadere nel mio vizio dell'egocentrico parlare, mi preme confidare di non essere solo nel mio ansioso limbo: se ho ritenuto, fin dai primi anni delle scuole medie, di potermela cavare con successo di fronte a una rapida proliferazione di nuovi impegni sulla mia agenda psicologica, è soprattutto, e lo dichiaro solo ora apertamente, a causa del rigido modello di genitore-lavoratore che mi è stato imposto lungo tutta la mia educazione da parte della mia "alter ducens", sempre dedita a provvedere egregiamente a ogni singola faccenda della vita lavorativa e, soprattutto, familiare.

"E mi preme qui un'altra precisazione, che sembra io sia costretto ad annunciare prematuramente rispetto al mio progetto di scrittura; ho cioè il dovere di accennare la più grande prova di coraggio e di amore che mio padre e mia madre abbiano mai dato: la crescita di quattro figli."

Scrivo da qui, dalla mia camera d'infanzia, da una panca rivestita di un morbido cuscino di piuma. È un vecchio guanciale, segnato dall'età e dalle mie numerose ore di studio intenso. Lascia fuoriuscire ormai ovunque le piume, delicate e allo stesso tempo pungenti sotto i pantaloni, fuori dalle cuciture che un tempo una certa amica di mia madre aveva ricamato con cura appositamente per la nostra camera. "Nostra", perché a me, in quanto secondo figlio maschio, è toccata la "beffa" di condividere quanto vi è di più intimo nella vita di un adolescente, e con un fratello col quale, mi permetto di ritenere, ho ben poco di intimo.

"Per parlare di me e di mio fratello vi saranno tempo e contesto più adeguati. Allora ero ancora un ragazzino incosciente del potere dell'affetto fraterno."

Ma il cuscino ricamato era solo uno dei tanti regali di nozze dei miei; senza contare che ve ne erano ben tre copie dello stesso modello a decorazione persiana, replicato poi in altrettanti copriletti e tappeti sparsi per la villa. Si dice "villa" per distinguerla dall'appartamento, ma io ho sempre avuto una mia precisa idea (alquanto singolare) del concetto di villa, ben più elevata e quasi fiabesca e dall'aspetto più vicino a quello di un palazzo cortese.
Ma a proposito della piccola panca credo di non possedere nulla di più comodo e utile da essere risparmiato dai miei sogni d'infante.

"Ai tempi del liceo usavo sedermi su quella panca per adempiere al mio esercizio di chitarrista classico."

Quello della musica è, ormai da anni, il mio pensiero costante. Spesso sento non tanto quella che la gente a volte definisce in modo generico come vocazione ma una specie di istinto primordiale, non saprei definirlo diversamente, un legame vitale con quello strumento, con quelle corde vibranti.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 29, 2016 ⏰

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