Quando Hikage si alzò dal suo futon venne assalita da festose attenzioni e auguri di amici e parenti.
Accendendo la luce si guardò in giro, notando un'enorme marmaglia di gente nella sua camera, decisamente stretta per far entrare tutte quelle persone. Non era esattamente giusto privare la povera ragazza di una delle poche cose che le era rimasta; la privacy. Inoltre in quel modo tutti avevano avuto l'occasione di poter vedere il pigiama imbarazzante della ragazza con su scritto "Be an angel, fly with me" e un perfetto disegno di una principessa su un pony alato.
Vi state domandando il perché di tutti questi festeggiamenti?
Mi sembra quasi ovvio, la nostra protagonista aveva appena compiuto la maggiore età e ciò non la rendeva affatto felice, proprio no.
La madre, Inoki, le si avvicinó con una mano davanti a sé, come a proteggersi da qualsiasi attacco improvviso. Ciò non accadde, perché Hikage era già occupata nel fissare il vuoto per ascoltare la voce della madre.
L'atmosfera passó da festosa a penosa.
«Hikage...devi prepararti» annunciò la madre.
La ragazza annuì semplicemente, con un leggero tremolio di spalle. L'idea di lasciare la propria casa le dava i brividi, ma non perché avesse qualche strana paura psicologica, certo che no. Il posto che la aspettava non le piaceva affatto. Sarebbe stata rinchiusa dentro ad un istituto fino ai 20 anni, a causa di una legge istituita proprio qualche anno prima.
Questa legge sopracitata è stata istituita per facilitare l'ingresso nel mondo degli adulti per chi ci è appena entrato, o almeno tutti credevano fosse così. Gli istituti si trovavano in posti dimenticati dal mondo, tra la nebbia o tra le montagne a sembrare quasi castelli infernali. Hikage ne aveva visto uno una volta, quello di Shinjuku, e l'idea brutta che già aveva su quelle prigioni peggiorò sempre di più. Muri fatti di mattoni, guglie altissime, nessuna vegetazione - e se c'era, era morta e secca- e un grande e vasto recinto che circondava la struttura. Probabilmente in esso scorreva elettricità, e ciò non faceva immaginare bei momenti all'interno di quei castelli.
Quando uscirono la maggior parte delle persone, Hikage fermò per un braccio i suoi due migliori amici, Hester e Jensen.
Hester e Jensen sono gemelli, nati in Giappone da genitori australiani, emigrati poi per via della loro splendida passione per la gastronomia, in particolare quella orientale. Entrambi chef stellati, che posseggono una catena di ristoranti famosa in tutto il mondo per le loro mescolanze di cucine. Hikage ricorda benissimo quando alla tenera età di 8 anni assaggiò per prima uno dei piatti che portava il nome dei due gemelli; "Hester&Jensen", oppure "Hensen", come dir si voglia. Ispirato ai loro caratteri, il piatto presenta due sapori ben distinti: dolce, che rispecchia Hester, e pepato, che rispecchia Jensen. Consiste in un gelato con crema di pepe e cioccolato; a primo impatto può disgustare, ma il suo retrogusto è assai buono per alcuni palati. Ovviamente compreso quello di Hikage.
Facendo girare verso di sé i due gemelli, Hikage li abbracciò tentando di non perdersi tra i capelli biondissimi e lunghissimi di Hester. Entrambi i fratelli sapevano già cosa Hikage pensava: "Devo separarmi da voi".
Con fare comprensivo, Jensen poggiò una mano sulla sua spalla, allontanandola da sé.
«Tra 8 mesi ci vedremo di nuovo, lo sai» disse lui, con un espressione che non lasciava trasparire alcun sentimento.
In realtà, dentro di sé Jensen aveva un uragano. Avrebbe potuto benissimo spaccare il mondo in quel momento, perché mai avrebbero dovuto portargli via la sua Hikage? Era ufficiale, da poco tempo si era accorto dei sentimenti che provava per lei, ma restò zitto per tutto quel tempo per paura dell'ennesimo rifiuto. Ogni ragazza di cui s'infatuava lo rifiutava, e ciò perché il ragazzo sembrava tutto fuorché etero. Aveva uno stile visual kei, ma il colore predominante era il rosa (stessa cosa per la sorella). Mettendo insieme tutto, non negava di avere anche una certa attrazione verso i maschi, ma dentro di sé rifiutava il fatto di essere per metà omosessuale.
Accennò quegli otto mesi, perché anche per lui e la sorella sarebbe arrivato il momento della maggiore età e dell'istituto, anche se speravano che la data possa rimanere sempre lontana.
La legge parlava bene:"Niente feste di compleanno, appena compiuta la maggiore età prepararsi e prendere il treno".
Hikage si allontanò da entrambi, dandogli un ultimo abbraccio. Li lasciò andare senza rimpianti, li avrebbe incontrati di nuovo al compimento della loro maggiore età, anche se sperava non arrivasse mai per il loro bene. Non voleva che rinchiudessero anche loro.
Non si voltò per guardarli andare, non prima che Hester la chiamasse, sull'uscio.
«Hikage, ti auguro di trovare qualcuno. L'esistenza lì da soli è alquanto difficile. Promettimi che quando uscirai non avrai il carattere di un automa» disse Hester, accennando una leggera risata.
Ciò strappò un sorriso ad Hikage.
«Te lo prometto» rispose lei, con sguardo deciso.
Detto questo, Hikage chiuse la porta dietro di sé, trattenendo l'enorme fiume di lacrime che stava per straripare. Si buttò sul letto, coprendo il viso con le proprie braccia e bagnando il cuscino di lacrime salate. Ma non poteva permettersi di piangere. Non lei. Non lei che era sempre la più forte, quella che non piange mai, quella che difende tutti...quella che quasi tutti dimenticano dopo qualche secondo.
Si trascinò sul letto, fino a rimettersi in piedi. Asciugò le lacrime con il proprio pigiama, per poi toglierselo. Ma poi, il suo sguardo venne catturato dal proprio corpo riflesso nello specchio. Seno per niente prosperoso, fisico secco e asciutto, capelli per metà rossi e per metà blu, occhi uno rosso e uno blu; insomma, andava fiera dei propri capelli e del suo aspetto, ma qualcosa mancava. Il vuoto tra le sue braccia glielo aveva fatto capire. Quelle braccia piene di segni bianchi, troppo simmetrici e dritti per essere stati causati dal caso.
Mentre si infilava dei vestiti e delle scarpe comode, lasciò volare via questi pensieri per poi svuotare la mente. Se voleva sopravvivere in quel manicomio doveva già imparare a non pensare nulla.
Molti ritenevano che quelle prigioni non fossero così male, ma probabilmente queste suddette persone erano state in altri istituti e non in quello di Shinjuku. Quello di Shinjuku era conosciuto come "Inferno II: La Vendetta" per i suoi trattamenti speciali. E ironia della sorte, Hikage fu tanto fortunata da vivere appena fuori da Shinjuku. Ciò la preoccupava, anzi, la distraeva dal suo non pensar nulla.
Prese le valigie, varcò la soglia di casa salutando caldamente i genitori.
Dei fiocchi di neve scendevano candidi giú dal cielo....ma era estate. Com'era possibile tutto ciò?
La "nevicata" finí dopo pochi minuti, e ciò rassicurò la ragazza. "Basta che non si metta a grandinare , ora", pensò.
E in quel pezzo di strada -dal vialetto di casa alla fermata dell'autobus-, Hikage non riuscì più a trattenere i pensieri. E se la rinchiudessero in una cella imbottita come una trapunta? E se la sottoponessero a degli interventi invasivi di cambiamento da DNA umano a DNA di coniglio? Non poteva pensarci. Soprattutto perché non voleva certo diventare un coniglietto, seppur la loro vita sessuale la attirava almeno un pochino.
Salì sul pullman che l'avrebbe portata alla stazione, si sedette in uno dei primi posti che di solito sono singoli. Non voleva avere nessuno al suo fianco a disturbarla.
Guardando fuori dal finestrino, un qualcosa attirò la sua attenzione. Una ragazza dai capelli color dello smeraldo stava attraversando la strada come se nulla fosse. Istintivamente chiuse gli occhi, ma non sentì alcuna collisione.
Strano. Poteva giurare di aver incontrato i suoi occhi sorridenti, ma ora sembrò tutto svanito.Spazio autrice:
Ehilà :D
Ci ho messo tutta me stessa per fare un capitolo lungo almeno 1000 parole.
Devo dire di essere fiera di me.
Allora? Che ne pensate?
Chi sarà mai questa ragazza dai capelli verdi? E come mai non si è sentita alcuna collisione?
Al prossimo capitolo~
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It's not a disease, it's love.
Fantasy"Guardai fuori dal finestrino e nulla mi parve vivo. Mi chiesi se stessi andando all'inferno, ma quando vidi chi sedeva accanto a me iniziò ad importarmi poco." Hikage, appena compiuta la maggiore età, viene mandata in un campo educativo che il gove...