Capitolo 2

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-Allora, com'è andata oggi a scuola?
Mi chiede mia mamma mentre mangia un panino.
-Bene, come al solito.
Rispondo guardando da lontano quella schifezza di broccoli bolliti che mi aveva appena preparato.
-Bene! Adesso scappo, devo rientrare in ufficio.
Esclama posando il panino. Viene verso di me, mi da un bacio sulla fronte ed esce di casa.
E come quasi ogni pomeriggio rimanevo da sola a casa: qualche volta studiavo, altre volte uscivo. Ma quel pomeriggio sarei dovuta andare all'allenamento di pallavolo settimanale. Ero l'alzatrice della squadra e quindi non potevo mancare.
Mi alzo, prendo il mio piatto e lo butto nel cestino dei rifiuti. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di non mangiare quelle zuppe orrende che faceva mia madre.
Salgo le scale, prendo il telefono e vedo che Max, il mio migliore amico, mi ha inviato un messaggio:
Sono per strada, sto arrivando.
Anche lui insieme a Robi, la mia migliore amica, e a me faceva pallavolo.
Mi cambio, prendo il borsone ed esco di casa.
Appena alzo gli occhi vedo una macchina tutta nera e lucida posteggiata davanti casa mia. Busso al finestrino, tutto nero anche quello, che si abbassa di colpo.
-Salta su!
Era Max.
Aveva preso la patente da poco: aveva compiuto diciotto anni tre mesi fa.
Max pensava di guidare bene ma appena metteva in moto già mi veniva da vomitare.
Salgo in macchina e poso il borsone.
Arrivati, scendo dalla macchina un po' scombussolata e inizio ad incamminarmi verso l'interno della palestra.
Appena entrata vengo assaltata da un gruppo di ragazze che vogliono abbracciarmi, prima di tutte Robi.
Era da tanto che non andavo ad un allenamento quindi sentivano la mia mancanza.

Finito l'allenamento Max, come sempre, mi riporta a casa. L'allenamento era finito in anticipo e quindi ci fermiamo un po' per parlare
-Come va con Joshy?
Chiede ridendo.
-Lo sai che ci da fastidio quando lo chiami così!
Rispondo arrabbiata: non gli andava giù il fatto che, quando mi aveva chiesto di stare insieme, io avevo scelto "Joshy" e non lui.
-Dai scherzavo.
Dice e mi accarezza il braccio.
-Riportami a casa per favore.
Dico in modo freddo così da fargli capire che non doveva più dirlo.
Vedo in lontananza la macchina di mio padre posteggiata nel cortile di casa mie e così chiedo a Max di lasciarmi là.
Scendo senza nemmeno ringraziarlo ed entro in casa.
I miei genitori stavano bisbigliando.
Mi avvicino al salone e cerco di capire cosa stanno dicendo
-Avevamo promesso che glielo avremmo detto, Clelia!
Esclama mio padre.
-Lo so, ma non possiamo! Non ora che ci vuole così tanto bene e che siamo così legati.
Risponde mia madre.
Di cosa stanno parlando? Voglio saperlo a tutti i costi!
Decido così di intervenire nella discussione.
-Cosa dovete dirmi?
Avevo la faccia abbastanza arrabbiata: i miei genitori non mi avevano mai detto una bugia.
-Tesoro...
Inizia mio padre.

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