CAPITOLO 1.

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"Quando pensiamo che la nostra anima sia incline ad un certo tipo di futuro piuttosto che ad un altro, quando l'abitudine di far contenti gli altri ci fa schiavi e non ci lascia più, è solo frutto della quotidianità, in realtà tutto ciò he facciamo per far felici gli altri non è mai quello che realmente fa felici noi."

«Trisha! Santo cielo, vuoi muoverti?!» Urlò mia madre dal piano sottostante con la sua solita voce che urterebbe il sistema nervoso ai più calmi.
Sembrava una gallina spennacchiata che urlava sbattendo le ali cercando di sembrare severa, ma non le riusciva molto bene.
Dopo la morte di mia sorella non si riprese più. Ameliè era una ragazza fantastica, solare e piena di vita.
Mia madre andò in depressione e volle che io iniziassi a fare tutto quello che faceva lei; concorsi, gare, ore e ore dal parrucchiere, estetista e dietologo.
Quella mattina dovetti andare all'ennesima prova per l'ennesimo concorso di bellezza.
Avevo vinto svariati concorsi di bellezza, anche se non era la stessa cosa senza il mio migliore amico, proprio per questo i miei genitori e gli altri erano fieri di me.
Ma io no, non lo ero.
Io amavo la semplicità, lo stile acqua e sapone, lo stare con le amiche, fare shopping, andare alle feste senza essere contornata da persone che non volevano affatto il mio bene, ma bensì la mia popolarità.
Le uniche due persone che consideravo importanti nella mia vita erano il mio fidanzato Dalton e la mia migliore amica Alissa, loro si che mi amavano davvero per la testarda e impulsiva che sono.
Un bussare pesante mi riportò alla realtà e scossi il capo sbattendo le palpebre, era mia madre.
«Trisha !» Urlò mia madre sicuramente con le mani sui fianchi e rossa come un peperone dal nervosismo, tutti quegli impegni stressavano anche lei e non poco.

«Hai ragione mamma, sto arrivando. Dammi solo un attimo.» Dissi con voce gentile e ferma per rassicurarla e mi legai i miei lunghi capelli biondi scuri in una coda bella alta e mi sistemai la magliettina aderente che mi fasciava i fianchi, magri al punto giusto, in una maniera che mi piaceva da matti.
Mi misi un po' di acqua per il corpo, ai frutti di bosco, sul collo e mi girai verso la porta e girai la chiave nella toppa liberando la porta dalla chiusura e aprii. Trovai mia madre che mi guardò con occhi quasi di tenerezza e amore, quello sguardo mi mise a disagio, così sorrisi lievemente superandola per andare giù al piano di sotto.
«Allora? Andiamo?» Dissi a mia madre mentre mi infilai il giacchetto di pelle e presi tutti i miei oggetti personali.

«Mi ha chiamato Dalton e gentilmente ha espresso il desiderio di stare con te dopo la preparazione al grande ballo di quest'anno.»
Cosa?! Ma perché Dalton non la finiva di chiamare mia madre? Sembrava essere lei la sua ragazza, non che mi desse fastidio, ma non mi andava che mia madre sapesse tutto ciò che facevamo.
«Non capisco proprio perché chiami te per stare con me, mamma.»
Affermai con voce leggermente lamentata e aprii la porta di casa seguita da lei che stava sicuramente scuotendo il capo.
«Se solo tu rispondessi al telefono.» Rimproverandomi mi sfiorò la spalla e mi sorrise, così io la guardai leggermente contrariata.
«Non sapevo di aver assunto una segretaria, ti licenzio prima che tu mi chieda lo stipendio.»
Dissi convinta entrando in macchina e mia madre si era alleggerita ed era visibilmente divertita dalla mia battuta.
Mi allacciai la cintura di sicurezza e accesi lo stereo ad un volume abbastanza alto con i Green Day, insomma ero sempre una studentessa dell'ultimo anno che pativa per quel figo di Billie.
La macchina partì subito a velocità controllata e io ammirai le strade e le macchine fuori dal finestrino che venivano come inghiottiti dalla macchina, le note di "When September Ends" mi accompagnarono per tutto il tragitto e mi distraerono un po' da tutto quello che avrei dovuto sopportare nelle prossime due ore. L'unica cosa che volevo era stare tra le braccia di Dalton il più presto possibile.

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