L'amico silenzioso

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Cos'è ciò che ci rende veramente unici? Il taglio di capelli? Il colore degli occhi? O forse il nostro carattere?! Ognuno di noi può essere ciò che vuole. A volte però, abbiamo bisogno di qualcuno che ci mostri una prospettiva diversa da cui osservare il mondo, per riuscire davvero a cambiare noi stessi.
Quando aprii per la prima volta gli occhi, innanzitutto mi guardai intorno: una sedia in pelle nera era posta dinnanzi a me, mentre io ero poggiato su un tavolo di legno che, a sentir dall'odore, sembrava molto antico. La stanza era buia e grazie alla fotocamera esterna riuscii a vedere tre grandi finestre, ma mi era impossibile capire il motivo per cui, in una bella giornata di sole come quella, le serrande erano abbassate e solo dei sottili fasci di luce riuscivano a penetrare in quella che era diventata la mia nuova casa.
<<Wow papà! È fantastico! Un nuovo computer tutto per me!>>
<<Dato che l'altro che avevi si è rotto e che durante l'anno sei stato ubbidiente e giudizioso, io e la mamma abbiamo pensato bene che per Natale forse un computer nuovo te lo meritavi; allora, ti piace? Perché non provi ad accenderlo? Non credo che avrai problemi a capire come funziona questo affare!>>
Affare? Dice a me? Questo signore forse non sa che sta parlando con un iMac di ultima generazione! In meno di cinque secondi, un ragazzo volò dalla porta di ingresso della stanza per atterrare in picchiata sulla sedia in pelle nera; così mi trovai di fronte un testone con i capelli ricci e castani, ma mi mancava ancora qualcosa. Poi il ragazzo alzò la sedia e finalmente vidi anche i suoi occhi. Wow! Non avevo mai visto degli occhi così grandi e vispi, forse perché non ho mai visto degli occhi, comunque quel ragazzo mi piacque fin da subito! Il mio schermo da ventisette pollici si accese e, naturalmente, la prima cosa che chiese fu il nome del proprietario. Il ragazzo guardò i suoi genitori e loro, comprendendo il suo sguardo, gli dissero:
<<Il computer è tuo, quindi lì ci va sicuramente il tuo nome!>>
Il ragazzo saltò sulla sedia dalla felicità e scrisse il suo nome: Claudio. Il nome del mio primo proprietario sarebbe stato Claudio, mi piaceva e se avessi potuto avrei saltato anche io su quella sedia! I genitori, vedendo il proprio figlio concentrato sul mio schermo illuminato, decisero di lasciarlo da solo, ma prima di andarsene gli diedero un bacio sulla fronte e la mamma, con una voce dolce e pacata gli disse:
<<Buon Natale figliolo>>
Avrei voluto scattare uno screen per immortalare quel momento!
Dopo aver esplorato tutto e scoperto tante nuove applicazioni utili per lo studio, ma anche per divertirsi un po', Claudio era davvero stanco, glielo leggevo nei suoi grandi occhi castani, così decise di riposarsi prima di essere chiamato per la cena.
<<Claudio è...>> La mamma si bloccò appena vide il suo ragazzo appisolato su quel letto che era troppo grande per lui. Si avvicinò piano piano al letto, si sedette sul bordo e con la voce più dolce del mondo lo chiamò di nuovo:
<<Claudio...>>
Nel frattempo con la mano gli fece una carezza sulla spalla
<<Mh... Mamma che succede?>> Aveva ancora la voce assonnata
<<Claudio, è pronto da mangiare, dai, vieni di là>>
Claudio era un ragazzo di 14 anni, frequentava il primo anno di superiori. Lo so perché prima gli ho fatto tutta una serie di domande! Il primo anno di superiori, deve essere un'esperienza bellissima: nuova scuola, nuovi compagni, nuovi professori, nuovi banchi. Al primo anno ci si sente un po' degli extraterrestri scesi sulla terra, ma basta un pizzico di coraggio e un po' di fortuna nell'incontrare le persone giuste, che tutto sembra già più semplice. Guardai la porta mentre si chiudeva e il buio che scendeva come una pioggia che ti bagna a poco a poco, fino a quando non rimani tutto zuppo di acqua e aspetti di nuovo il sole che ti asciughi; e il mio sole, per fortuna, non impiegò molto a tornare. La prima cosa che fece, quando Claudio tornò nella sua cameretta, fu quella di accendermi! Mi piaceva quando passava il tempo ad osservarmi, come se fossi il baule del tesoro che tutti i pirati cercano disperatamente, solo che il mio baule non finiva mai di sorprenderlo: avevo sempre una sorpresa pronta ogni volta che si sedeva davanti a me e mi piacevano tantissimo i suoi occhi così grandi e curiosi che non smettevano mai di cercare qualcosa di nuovo.
I giorni passavano e Claudio ormai aveva imparato ad usarmi anche ad occhi chiusi. A scuola aveva trovato dei nuovi amici e quando tornava a casa passava le sue ore libere a chattare con loro: scherzavano, giocavano online, si mandavano foto e spesso litigavano anche, ma poi facevano sempre pace. Era incredibile osservare la semplicità con cui si chiedevano scusa e tornavano ad essere gli amici di sempre, come se non fosse successo niente! Era la bellezza di chi chiedeva scusa per ricominciare e la magia di chi perdonava per tornare ad abbracciare. La vita di Claudio sembrava che scorresse normalmente come la vita di ogni adolescente: A scuola aveva dei buoni voti, aveva dei solidi amici su cui poter contare per qualsiasi cosa e aveva due genitori che gli volevano bene. Aveva tutto, ma anche nelle belle giornate di primavera ci sono sempre quelle nuvole che oscurano la luce del Sole. Un giorno Claudio tornò da scuola, ma non mi accese come faceva sempre. Si sdraiò sul suo letto e rimase lì, fino a quando non sentì che era pronto da mangiare. C'era qualcosa che non andava. I suoi occhi non erano vispi come sempre, era silenzioso e il silenzio è l'arma peggiore che l'uomo abbia imparato ad usare, poiché in quel silenzio si celano le mille parole che non si riescono a dire. Quando tornò, si coricò di nuovo. L'avevo sentito parlare con i suoi genitori: chiedeva di poter rimanere a casa per qualche giorno, perché non si sentiva molto bene. I suoi genitori gli avevano creduto, ma io no. C'era qualcosa che stava nascondendo e dovevo scoprire di cosa si trattava, ma come? Un computer come poteva far tornare il sole nella vita di un quattordicenne? Nel pomeriggio gli erano arrivati moltissimi messaggi da parte dei suoi amici che gli chiedevano di uscire, ma Claudio non li aveva nemmeno visualizzati e questo mi fece preoccupare ancora di più. Osservai il mio giovane proprietario mentre scrutava il vuoto, alla ricerca delle risposte alle sue domande a cui nessuno riusciva a rispondere, fino a quando il sonno lo coprì con la sua coperta infinita di sogni. Nel frattempo continuavano ad arrivare dei messaggi. Erano ancora i suoi amici che scherzavano e giocavano, ma come facevano a non capire che il loro amico stava male? Perché Claudio non parlava più? Passai tutta la notte a cercare un modo per fargli tornare quegli occhi che tanto adoravo, ma tutti quei messaggi che arrivavano a qualsiasi ora della notte mi confondevano terribilmente! Messaggi... Claudio comunicava con il mondo tramite messaggi e quei semplici messaggi erano in grado di farlo sorridere, proprio come un fiore che sorride sentendo l'ebbrezza del vento sui suoi petali, ma il vento, per Claudio era cessato. Nessuno sapeva che, giorno dopo giorno, quel fiore stava appassendo sempre di più... Nessuno eccetto me.
"Ciao!" Un nuovo messaggio era appena spuntato nella bacheca delle notifiche. Claudio si era accorto che non erano più i suoi amici ad inviargli messaggi, così si avvicinò a me e mi rispose:
"Ciao, chi sei?"
Mi aveva risposto! E ora? Decisi di dirgli una bugia, anche se mi costava parecchio mentire al mio giovane proprietario, ma dopo tutto era una bugia a fin di bene:
"Grazie per avermi risposto! Mi chiamo Marco e vengo nella tua stessa scuola, solo che tra un po' mi trasferisco in un nuovo istituto..."
"Perché mi stai contattando?" Claudio non aveva voglia di chattare, dopo quello che gli era successo, non aveva nessuna voglia di crearsi delle nuove amicizie.
"Scusami, tu non mi conosci nemmeno, ma io si, è da un po' che ti osservo e volevo stringere amicizia con te"
Claudio rispose:
"Scusami, ma non ho voglia di fare nuove amicizie"
Non mi arresi:
"Peccato, mi sarebbe piaciuto stringere amicizia con una persona come te..."
Claudio si incuriosì:
"Come me? Perché come sono? Cosa ho di strano? Perché non mi lasci in pace?! Perché non mi lasciate tutti in pace?!"
Non era il mio giovane proprietario che stava parlando... Stava succedendo qualcosa che lo faceva star male, ma perché non si sfogava? Magari, se mi avesse detto cos'era realmente successo, io, pur essendo un computer, forse avrei potuto aiutarlo, ma se non mi parlava... Come potevo aiutarlo?
"Claudio, che succede? Non sei la persona che ho visto a scuola"
Claudio aspettò un po' prima di rispondere così continuai:
"Ti conosco Claudio, tu sei quel genere di persona allegra, quella su cui tutti possono contare, perché sei responsabile e affidabile. Devi essere un bravo ragazzo, perché se adesso sei diventato così silenzioso, se ti tieni tutto dentro è perché non vuoi far soffrire i tuoi amici né tantomeno i tuoi genitori. A scuola deve essere successo qualcosa per cui i tuoi occhi hanno perso la loro vivacità e probabilmente è qualcosa che dura già da un po', poiché non sei una persona che si lascia abbattere così facilmente. È così?"
Claudio era ancora seduto davanti a me, ma il suo sguardo si era perso in quel messaggio di quella persona che non aveva mai visto, che però sapeva tutto di lui.
Finalmente rispose:
"È vero. È successo qualcosa a scuola, ma non mi va di parlarne, non ho l'abitudine di attaccare i miei dolori nel muro degli altri. Tu sai molte cose e probabilmente potresti anche aiutarmi, ma non è parlandone che risolverò i miei problemi..."
Stava cedendo, ma c'era ancora un piccolo muro che dovevo abbattere:
"Claudio, cosa è successo? Forse parlandone non risolverai il problema, ma peggiorerai la situazione, standone rinchiuso nella tua stanza. Se tu invece ne parlassi con qualcuno, forse quel qualcuno potrebbe darti una mano a risolvere il tuo problema"
Non sapevo cos'altro dire per convincerlo. Adesso toccava a lui, io dovevo solo aspettare. Claudio andò a coricarsi, senza salutarmi. Passarono alcuni giorni è il mio giovane proprietario era ancora a casa, rinchiuso nella sua stanza, diventata ormai una bolla da cui non riusciva più a scappare. Non parlava con nessuno. All'improvviso si alzò e si sedette davanti a me. Riprese la nostra conversazione:
"Hey, ciao..."
Risposi immediatamente, forse questa poteva essere la volta buona!:
"Ciao!" Non volevo forzarlo. Doveva essere lui a parlare e io per adesso dovevo solo ascoltare:
"Ho pensato molto a quello che ci siamo detti l'altro giorno... E forse hai ragione, due menti sono meglio di una."
Claudio era ancora indeciso se parlare o meno:
"Sai? A volte vorrei essere una persona diversa e magari vivere anche in un'altra città: una città in cui la mentalità sia differente da quella diffusa qui. Le persone sono arroganti e la loro arma peggiore sai qual è? è la parola: alle persone piace parlare, ma molto spesso, non ci si accorge del dolore provocato dalle loro parole. Vorrei vivere in una città in cui le persone, prima di parlare, si preoccupassero di ciò che stanno per dire. Se così facessero magari quelli deboli, come me, la sera, avrebbero meno lividi da contare, prima di addormentarsi... "
Questa volta toccò a me perdermi in quel messaggio. Aveva ragione. Le persone oggi sono abituate a parlare, a chiedere "come stai?", ma nessuno si sofferma ad ascoltare la risposta, perché altrimenti si accorgerebbero che certe volte, dietro al "sto bene", si nasconde un mondo, che solo pochi riescono a vedere. Cosa potevo dire ad un ragazzo che aveva già imparato che il mondo non sempre è come nelle favole?
"Hai ragione.." Fu l'unica cosa che riuscii a dirgli. Non mi importava più sapere cosa gli fosse realmente successo, perché con quelle semplici parole, quel ragazzo, era riuscito a mostrarmi cose che nessun altro sarebbe in grado di mostrarmi. Le conversazioni tra me e il mio piccolo grande proprietario continuarono, anche quando Claudio divenne un adulto, perché gli amici, anche se immaginari, continuano ad esserci. Per sempre...

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 31, 2016 ⏰

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