«È la mia panchina quella.» è da circa un ora che me ne sto li sdraiata su quella fottuta panchina con gli occhi chiusi a cercare di rilassarmi quando una voce roca e profonda mi disturba «C'è percaso scritto il tuo nome sopra? Non credo proprio, quindi ciao.» dico indifferente. Sento soffocare una risata e a quel punto apro gli occhi abbastanza frustata pronta ad urlare contro a chiunque mi abbia parlato. Per poco non cado a terra per la vista che mi si presenta davanti. Capelli neri corvino, occhi castani dorati, lineamenti definiti e perfetti. Non ho mai visto un ragazzo tanto bello in vita mia. «Ti sbagli mia cara, il mio nome è inciso prorio dietro di te.» Scuoto la testa «Oh ma andiamo.» dico cercando di non guardarlo troppo negli occhi. Mi fa cenno con la mano di controllare dietro la panchina. Mi giro lentamente e dopo aver esaminato con cura tutto il retro, vi trovo una piccola incisione sopra. La percorro con le dita sentendo perfettamente le lettere intagliate nel legno. «Zayn.» «In persona.» dice il ragazzo. «Com'è possibile che il tuo nome sia scritto sullo schienale della panchina? Io abito qui da quando sono nata e non ti ho mai visto, come hai fatto a scrivercelo?» chiedo ovvia «Io abito qui da molto più tempo di te credimi, sono solo andato via per un pò, quel nome c'è sempre stato.» si passa una mano tra i capelli. Non è possibile. Avrà solo qualche anno più di me non può abitare qui da così tanto. E se anche fosse lo saprei, in questo quartiere tutti conoscono tutti, anche gli ex abitanti. «Non sforzarti di capire, è complicato.» dice tra i denti guardando altrove. Ha interpretato i miei pensieri, come se mi avesse letto nel pensiero. Questo non mi piace anzi mi fa innervosire. Una folata di vento mi fa rabbrividire così mi stringo ancora di più nel mio maglione gigante bordeaux. A dicembre è normale un freddo pungente a Bradford. La reazione del presunto Zayn invece è alquanto strana. Lo vedo irrigidirsi e i suoi occhi si fanno più intensi. Stringe le mani a pugno e noto la mascella fin troppo tesa «Ti senti bene?» domando con meno tensione nella voce. Si limita ad annuire «È tardi. Dovresti rientrare, tuo fratello sarà in pensiero.» mi dice tutt'un tratto «Come fai a sapere che ho un..» vengo interotta dalla suoneria del mio telefono. Guardo il nome illuminato sullo schermo: Harry. Trascino la cornetta verde e rispondo "Pronto." "Alice dove sei? Sono le 10:30 passate, dovresti essere a casa." "Sono al parco, non ho visto l'ora adesso arrivo." Dopo un suo Okay sbrigati metto giù la telefonata e torno a guardare il moro. Sto per parlare quando mi blocca «Ci vediamo Alice.» e mi da un frettoloso bacio sulla guancia che quasi non lo sento. Come se non avesse voluto toccare la mia pelle per paura di farmi male. Abbasso lo sguardo per mettere via il telefono e quando la rialzo per chiedergli come faccia a sapere che ho un fratello e il mio nome, lui non c'è più. La cosa è piuttosto strana. Mi guardo intorno, magari si è nascosto o si è allontanato di poco. Nulla. Mi alzo sbuffando e percorro la breve strada che conduce dal parco a casa mia quasi di corsa. Entro in casa buttando le chiavi sulla mensola accanto alla porta. Noto subito la figura alta e riccioluta di mio fratello sullo stipite della porta del salotto con le braccia conserte. «Ciao Harry.» lo saluto sapendo la ramanzina che mi avrebbe fatto per il mio solito ritardo «Ciao un cazzo! Lo sai che ore sono? Le 10:45, mi hai fatto stare in pensiero!» dice con il tono di voce poco più alto rispetto al solito «Oh andiamo Harry ero al parco dietro casa! La prossima volta sarò puntuale promesso.» cerco di convincerlo «Dici sempre così. Vai a dormire adesso che è tardi e domani hai scuola.» sbuffo «Notte riccio.» lo saluto prima di salire al piano di sopra ed entrare in camera mia. Butto da qualche parte la borsa e dopo essermi lavata, mi infilo il mio pigiama pesante. Mi lascio cdere a peso morto sul letto, stanca per la intesa giorata. Mi addormento con un pensiero fisso nella testa: Il ragazzo del parco.
Il buio è padrone di me, non vedo altro che oscurità. Cerco di correre ma non mi muovo di un metro, rimango sempre lì ferma. Ad un tratto le gambe pesanti, troppo pesanti per muoverle
di un solo passo, cado sulle ginocchia. In lontananza una piccola luce. Tento di trascinarmi ma qualcosa mi blocca, mi giro e noto uno stivale nero che mi tiene schiacciata a terra. Non mi soffermo a guardare altro se non la piccola luce che pian piano scompare e ancora una volta il buio è intorno a me.Mi sveglio di sopprasalto, scattando seduta sul letto. Mi sento tremare e sto sudando. Cerco di fare dei respiri profondi per calmarmi. Mi sfugge l'occhio sulla sveglia posta sul mio comodino fin troppo disordinato, la prendo e controllo l'ora. Cazzo sono le sette e mezza. Butto da qualche parte la sveglia e mi catapulto fuori dal letto finendo col culo per terra. Corro in bagno e cerco di darmi almeno una sistemata ai miei capelli corvini. 'Corvini come i suoi' penso, oh andiamo adesso lo penso anche, 'basta Alice datti una svegliata!' Mi rimprovero mentalmente. Torno a fissare il groviglio nero in testa, li smuovo un pò con le mani e dopo essermi lavata la faccia e i denti prendo la trousse dei trucchi imparte al lavandino. Incornicio i miei occhi verdi con un pò di eyeliner e una notevole quantità di mascara. Corro davanti al mio armadio in legno bianco e comincio a tirare fuori i vestiti alla rinfusa. Alla fine trovo un paio di jeans neri rotti sulle ginocchia e un maglione bianco di mio fratello, è notevolmente largo calcolando la mia esile corporatura. Infilo la sciarpa grigia, le mie vans nere e sono pronta. Scendo di corsa le scale saltando gli ultimi tre gradini per la troppa velocità. Controllo nuovamente il mio telefono e vedo che sono le otto meno un quarto. «Harry!» lo chiamo a gran voce, nulla, ritento «Harry!!» questa volta mi risponde dal piano di sopra «Che c'è?» probabilmente l'ho svegliato dato la sua voce assonata «Siamo in ritardo!» lo informo. Strano che anche lui sia in ritardo, mio fratello è un tipo molto puntuale. «Tu sei in ritardo! Ho la prima ora buca io, lasciami dormire!» ah ecco. Alzo gli occhi al cielo disperata. Corro di sopra in camera sua e mi butto sopra il suo corpo ancora sotto il piumone. Lo sento lamentarsi per il colpo di sorpresa «Dai Harry ti prego ti prego ti prego!! Non posso arrivare ancora fuori orario, la Wilson mi ammazza!» Sbuffa e si passa una mano sul viso «D'accordo dammi un attimo che mi vesto.» dice spostandomi dal lui per poi alzarsi «Grazie fratellone.» dico veramente grata, se avessi fatto il settimo ritardo alle sue lezioni in solo quattro giorni, mi avrebbe mandato in presidenza, di nuovo. Dopo qualche minuto che lo aspetto sul divano lo sento scendere le scale. Mi volto: indossa un paio di skinny jeans, un maglione grigio e i suoi amati stivaletti camosciati. Mi sorride. Prende la giacca e le chiavi della macchina. Lo seguo fuori e il freddo pungente del mattino a contatto con il mio viso mi fa rabbrividire. Salgo veloce sull'auto nera di Harry che subito mette in moto partendo verso la nostra scuola. È sempre stata una cosa un pò strana frequentare la stessa scuola, soprattutto per via del fatto che io abito sola con lui. Dei miei genitori non so praticamente nulla, Harry non ha mai voluto parlarmene e quando si andava sull'argomento schivava sempre il discorso. Arriviamo davanti a quell'odioso edificio giusto in tempo per la campanella della prima ora. Saluto Harry con un bacio sulla guancia prima di precipitarmi fuori dalla vettura seguita stranamente da lui. Non aveva la prima ora buca? Seguo il suo sguardo e tutto si fa più chiaro. Louis. Louis Tomlinson è il fidanzato di Harry. Non ho mai visto due ragazzi tanto innamorati. È una cosa che ancora non mi è chiara, l'amore in generale, ma sono contenta che Harry l'abbia trovato. Certi coglioni li criticano, ma stanno ben attenti dal farlo davanti a me e se lo fanno, gli conviene avere un ospedale nelle vicinanze. Sorrido a me stessa quando li vedo baciarsi e mi volto. Con riluttanza mi unisco all'orda di ragazzi intenti a salire le scale quando un profumo familiare mi invade le narici.
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Secrets.
أدب المراهقين«E c'è solo una cosa che devi sapere; le storie che ti raccontavano da bambina, storie di mostri, incubi, leggende sussurrate intorno al fuoco; Sono tutte vere.» «Il terrore era alle stelle. Ma tutto questo era iniziato con il suo arrivo, lui, lui...