"I'm burning up a sun just to say goodbye."

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"Clarke"

La prima volta che Clarke aveva sentito chiamare il suo nome in quel modo, da quella voce, stava dormendo.

Non stava sognando. Ormai il suo era un sonno senza sogni la maggior parte delle volte, e quando c'erano non erano sogni, ma incubi veri e propri.

Non era raro che si svegliasse urlando e stringendo le lenzuola così forte da far sbiancare le nocche.

A volte il dolore era intenso, era vero, era fisico.

Altre volte era mentale... e quelle erano le peggiori. Erano sempre le peggiori. I suoi incubi la costringevano ad assistere a tutte le morti che aveva causato, a rivedere negli occhi ogni persona a cui aveva impedito di vivere.

Credeva che dopo Mount Weather nulla avrebbe potuto essre peggio.

Ma il peggio era arrivato qualche mese dopo... aveva gli occhi verdi di Lexa, le sue stesse fattezze, la sua stessa voce, lo stesso suono del suo respiro.

Solo che non era Lexa. Perché Lexa era morta.

Quello era il suo incubo peggiore. Svegliarsi nel pieno della notte grondante di sudore per aver rivissuto la morte della ragazza che amava.

Che ama ancora.

Abby si mostra estremamente preoccupata, sa che non c'è qualcosa che possa fare per aiutare davvero Clarke, ma ci prova, nel suo picolo ci prova. E Clarke è grata che lei lo faccia, è grata che Raven e Octavia provino ancora a farle spuntare il sorriso sulle labbra. Ci riescono, la maggior parte delle volte vincono le sue resistenze.

Ma la notte non c'è nessuno ad accoglierla, ad aiutarla... solo il denso spazio nero dei suoi pensieri che la risucchia come un vortice senza fine.

Un buco nero dove la luce riesce ad entrare ma non può mai più uscire.

Da quando ha distrutto la città della luce, ha perso il resto dei suoi ricordi. Un prezzo piccolo da pagare per la salavezza definitiva della sua gente.

Un prezzo enorme per lei che era formata dai suoi ricordi.

Donare agli altri la libertà di poter ricostruire da capo al prezzo della sua stessa libertà. In parte, della sua stessa vita.

"Clarke" quando lo sente di nuovo, è convinta di star avendo qualche tipo di allucinazione, perché lei non si ricorda di Lexa.

Raven e Octavia le hanno parlato di lei, ma nulla più si era acceso nella sua mente se non una minuscola fiamma di un ricordo estremamente lontano e sfuocato.

Degli occhi verdi, dei lineamenti delicati ma decisi, un'espressione fiera e morbida al tempo stesso. Ma era tutto troppo lontano per poterlo afferrare. Lexa era persa da qualche parte nelle profondità di quel buco nero per poterla afferrare e riportarla alla luce.

"Clarke"

Clarke inspira profondamente, cosciente di quanto tutto questo sia assurdo e si costringe ad aprire gli occhi. Non che voglia mandare via l'immagine di Lexa dalla sua mente, non vuole dimenticarla di nuovo ma... non riesce a ricordarla nemmeno.

I suoi sogni sono l'unico posto dove i sentimenti per Lexa e la sua immagine hanno un senso; nella realtà tangibile, Clarke non riesce più a ritrovarli.

"Clarke"

Scatta a sedere e preme le mani sulle palpebre con forza. Il suo nome pronunciato da quella voce è quasi insostenibile. Non c'è nulla intorno a lei. Nessuna voce, nessuna Lexa, nessun ricordo.

Eppure non appena li richiude, lei è lì. Da qualche parte, Clarke non sa bene dove. Sa solo che c'è.

E' solo una notte, tempo dopo, quando Clarke si addormenta ai piedi di un enorme albero che risente la sua voce. Non è usuale ormai per lei andare in giro nei boschi quando il sonno non arriva. Arkadia non è casa, ma non può tornare a Polis, e anche se tornasse... cosa potrebbe mai fare?

"I'm burning up a sun just to say goodbye." [Clexa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora