Prologo

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Chi ha provato il volo camminerà

guardando il cielo,

perché là è stato

e là vuole tornare

(cit. L. Da Vinci)



Diverso tempo prima...

Nel ghetto sotterraneo della capitale non era mai completamente giorno, ma neppure mai completamente notte. C'era una sorta di crepuscolo perpetuo che toglieva la gioia di alzarsi al mattino, e che non ti faceva mai venire voglia di andare a letto. L'aria era umida e pensante, si faceva fatica a respirare. Le strade erano polverose e piene di pozze. C'era una gran puzza di piscio e di spazzatura, che impregnava i muri delle case costruite sotto quella specie di crosta terreste, con qualche sporadica feritoia, che consentiva all'aria di ossigenare quella immensa caverna. Non era certo facile abitare lì, ma era l'unico posto sicuro per la povera gente, che non poteva permettersi di abitare alla luce del sole, nella capitale. Così tutti i poveracci, i morti di fame e gli orfani, finivano lì, nel sottosuolo, stipati come topi, ad arrabattarsi tutti i giorni per mettere insieme il pranzo con la cena. Cibandosi per lo più degli scarti che arrivavano dalla superficie, perché davvero in pochi potevano permettersi la merce venduta al mercato nero, che in quel buco infernale faceva affari d'oro. Nella parte sud, quella più povera era ancora peggio. Per strada potevi anche trovare moribondi, talvolta qualche cadavere. La mancanza di luce debilitava i fisici più deboli e dava grossi problemi agli arti.

Nonostante ciò la speranza non abbondava, chi, come Levi, Farlan ed Isabel, si dava un gran da fare per racimolare la somma esatta per comprarsi il suo posto in superficie. Anche se quelli che intascavano i ragazzi non erano certo soldi puliti.

I tre erano una sorta di mini gang del ghetto. Abitavano insieme in una più che dignitosa casetta, che tenevano pulita e linda, tirata a lucido come uno specchio. Era la loro oasi. Almeno lì dentro si sentiva il profumo del detersivo, piuttosto che l'olezzo di muffa e spazzatura che asfissiava l'intera città.

Levi poi era veramente fissato con la pulizia, tanto da rasentare il patologico. Nessuno capiva bene da cosa gli derivasse questa mania. Non era uno che parlava del suo passato. Sembra un tipo tranquillo, innocuo, uno che se ne stava spesso per i fatti suoi, invece era bene e salutare girargli a largo. Sapeva maneggiare il coltello in modo efferato e veloce, quasi fulmineo. Nonostante la statura piuttosto bassa, era un picchiatore ed era capace di atterrare anche più di un avversario, sempre grazie alla sua velocità, ma anche alla sua intelligenza tattica. Analizzava e capiva quasi subito il punto debole di chi aveva davanti, e lo colpiva duro, per primo, ripetutamente, finché non finiva a terra alla portata dei suoi calci. Nonostante ciò non era rissoso, né prepotente, di solito reagiva solo per difesa. Questo aveva permesso che si facesse un nome e nel getto godeva di una certa fama. Era rispettato e temuto da quasi tutte le altre bande. Tuttavia a lui non importava niente. Aveva un obiettivo e lo perseguiva. Non cercava mai rogna, ma se qualcuno gli metteva i bastoni tra le ruote sapeva come farsi rispettare.

«Così abbiamo un problema alla sezione dodici?» stava chiedendo Levi, seduto al tavolo, mentre lucidava la lama del suo coltello.

«Sì. Pietro è morto e il suo posto l'ha preso un certo Sasha» rispose Farlan.

«Chi è Sasha fratellone?» s'intromise Isabel curiosa come sempre. Era seduta davanti a lui e lo osservava pulire quel coltello con il viso tra le mani.

Levi, s'interruppe e la guardò un attimo, poi riprese a lucidare la lama «Il nuovo capo della gang del dodici».

Isabel fece una smorfia fin lì ci arrivava anche lei, mica era scema! Ad ogni modo non replicò.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 06, 2016 ⏰

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