Alla Fine

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E con la morte negli occhi avanzi, disarmato, la vita che già sfugge dalle tue membra e le raggela.

Avanzi, ormai morto, tra di loro.

Ormai li senti, senti loro e il tuo corpo tremante cedere pian piano.

La carne si secca sulle ossa che si sbriciano e i granelli di cenere già cadono sul fondo della clessidra, segnando la fine.

Resisti, ancora un po', in piedi.

Le tue labbra cerulee sussurrano un qualcosa e allunghi verso di noi la tua mano scheletrica.

E nessuno, neanche tu, capisce il significato del tuo ultimo tormentato e stremato delirio.

*

Allunghi verso di noi la tua mano scheletrica, ragazzo, e noi guardiamo le tue falangi pallide fremere, verso di noi, in cerca di conforto, di conforto che ti viene negato.

Poi, privo di fiato, è la tua anima a parlare, a rivolgersi a noi, che non la capiamo.

E resisti, resisti, resti ancora ritto sulle tue gambe tremanti.

Ma prima di ciò tu sei caduto, ragazzo. Prima di rialzarti, sollevarti, pronto a resistere e a resistere, a rimanere, tu sei crollato.

E loro lo sanno, ragazzo.

*

Eccoti.

Neonato strangolato nella culla, bambino con i capelli in fiamme. Giovane cui petto smise di anellare all'ossigeno, quando l'acqua riempì i polmoni, cui cuore smise di pompare sangue appena fu trafitto. Ragazzo che dorme sotto una coltre di neve, nel fondo dell'oceano, nel suo sangue, sommerso da afflizioni, cullato da tristi litanie e parole maledette.

Eccoti, ecco te e le tue disgrazie. Povera, povera anima.

Piangiamo così tanto, nel guardare adesso gli occhi tuoi sperduti e sempre più spenti.

Ma loro no, loro non piangono.

Loro aspettano.

A loro non basta. Non basta mai, povera anima.

*

In un'altra vita, eccoti ancora.

Quel maledetto osso così fragile che si spezza, diventa cenere, e la febbre che sale, che ti soffoca, che ferma parole e cuore.

O quella maledetta tosse, che ti ha lasciato vuoto, senza fiato, in quel letto, dove giacevi cereo come sei ora, povero spettro.

Abbiamo versato così tante lacrime per te, sventurato spettro. I nostri volti hai afflitto per secoli, i nostri respiri spezzato con singhiozzi, la nostra voglia di vivere cancellato a ogni tua sconfitta.

Ma adesso un dubbio maledetto ci tormenta, mentre il pianto dilania le nostre guance, vedendoti in procinto di crollare un'altra volta.

Perché ti ostini a cadere, a cadere, a cadere e ancora cadere,

e a rialzarti, rialzarti, rialzarti e ancora rialzarti,

resistere, resistere e ancora resistere,

se poi non sei abbastanza svelto a sfuggire e loro ti prendono ancora e ancora e ancora?

*

Stai per crollare di nuovo.

Noi lo vediamo, attraverso il vetro che ci impedisce di aiutarti, e loro lo sentono mentre già godono del dolore che ti strema, che ti sfinisce, che, ancora una volta, in un ciclo ormai infinito, ti annienterà.

Ma a loro non basterà mai, nostro caro ragazzo sconfitto.

E lo sai.

Anche loro, come noi, stanno aspettando.

Aspettando da così tanto tempo che hanno dimenticato di stare aspettando, ma aspettano.

Aspettano che ti ribelli, anima sventurata!

Che per una volta tu riesca a non cadere o almeno a sfuggire via, spettro morente!

*

La tua cenere cade sul fondo della clessidra, ragazzo.

L'ultimo granello si concede d'incastrarsi nello spazio di un secondo. Poi, il tempo finisce.

Sentendoci sconfitti e morti come te, ti guardiamo, gli occhi illacrimati, le mani premute con forza contro il gelido e infrangibile vetro.

Immobile, sei in mezzo al niente, ragazzo morto. Privo di ossa e ancora per poco in piedi. Il tuo sguardo, su cui la morte ha steso un velo, è fisso sul nulla, incapace di vedere il nostro dolore, le tue labbra cerulee sono socchiuse ancora nel tuo ultimo delirio.

Da traditori, ormai incapaci di sopportare tutto questo dolore, aspettiamo impazientemente che tu cada, che ciclo infinito riprenda.

Ma aspettiamo invano.

Perché tu non cadi, non stavolta, piccola e sofferente anima.

*

Noi non eravamo più abituati ad avere paura. Solo attraverso te, qualche volta, quando la tua paura era troppo forte davanti alla sofferenza che dovevi affrontare, abbiamo avuto la reminiscenza di cosa fosse il terrore. Ma non era difficile sopravvivervi, servendoci di te come scudo per viverla.

Ma adesso che tutto trema, che tutto crolla, sì che abbiamo paura.

E anche loro rabbrividiscono avvertendo il cambiamento.

Tu sei ancora lì, cereo, la cenere che a stento ti sorregge, ma sei ancora lì, e nei tuoi occhi qualcosa è cambiato, il velo è scomparso ed essi si muovono fugaci verso di noi, inquadrano loro e per la prima volta la decisione segna il tuo sguardo in punto di non ritorno.

Noi ci inchiniamo al cambiamento, loro si coprono gli occhi ciechi, e il vetro crolla, le sue schegge ci tagliano e ci feriscono, ed è solo estasi mentre ci amalgamiamo finalmente insieme e ridiventiamo un'unica essenza.

E tu ridi. Le tue labbra cerulee sussurrano ancora, gridano in un'ultima forza quella parola all'apparenza così delirante e quando cadi, perché era tuo destino cadere, possiamo infine prenderti tra le braccia.

Sei libera, anima non più sventurata, nostra sorella.

E vibra ancora, tra di noi, ci riempie di allegria, ciò che, soffocato dal vetro, ci era apparso un inquieto delirio.

È il tuo nome che hai sussurrato, che hai urlato quando l'ultimo granello di cenere è caduto, giovane spettro!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 07, 2016 ⏰

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