Occhi d'Artista

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You may say I'm a dreamer

But I'm not the only one

I hope someday you'll join us

And the world will live as one...


Aveva un filo di barba chiara a incorniciargli la mascella ben delineata.
Si intravedeva appena sulla sua pelle dorata dal sole, ma che ai miei occhi non poteva non essere vista.
Labbra carnose, rosee, con gli angoli sempre piegati leggermente in un'espressione di sfida, sotto quel naso dritto che pareva essergli stato disegnato da un grande pittore, come i suoi occhi.

Dio.

Non avevo mai visto occhi così belli, dalle ciglia folte che terminavano verso l'alto con sfumature dorate, e che rendevano ancora più intenso il suo sguardo, uno sguardo forte che sapeva dominare ogni genere di sentimento, che poteva toglierti il fiato o farti gelare il sangue nelle vene. Un colore così intenso, che pareva aver catturato l'orizzonte, esattamente un miscuglio tra erba e Oceano, una meraviglia che pochi avevano potuto vedere sulla faccia della Terra. L'iride era di un verde pastello scuro sui bordi che mano a mano che si avvicinava alla pupilla diveniva di un blu cobalto con sfumature più scure e mi ricordavano le onde dell'Oceano. Non mentivo, erano esattamente così i suoi occhi.

Toglievano il fiato.

Le sopracciglia lievemente aggrottate, nello sforzo della concentrazione, mentre levava ancora lo sguardo sulla tela di fronte a lui, muovendo il pennello in gesti lenti e dolci, come le sue dita macchiate di colori, la sua maglia che pareva essere stata immersa in un arcobaleno e i suoi pantaloni larghi e consumati, che usava sempre mentre dipingeva.
La sua figura asciutta e muscolosa era incantevole ai miei occhi d'artista.
Mentre io ero invisibile al suo sguardo.
Assurdo quanto fossimo diversi, sebbene avessimo la pazzia degli artisti a scorrere nelle vene di entrambi.
Si passò una mano sulla fronte, macchiandosi di verde e di blu, per poi mordicchiare il pennello, insoddisfatto e pensieroso. Lasciò andare il pennello e si chinò a prendere un barattolo di colore, togliendone il tappo e intingendo un dito, per poi avvicinarlo alla tela. E in quel momento mi si fermò il cuore, persi un battito, poi un altro, mentre sentivo le guance infiammarsi.
I suoi occhi stavano fissando il mio volto, avevano bloccato i miei in una gabbia di terra e oceano.
Il suo dito tracciò una linea dritta e precisa sul suo dipinto, senza che lui guardasse dove l'avesse fatta.

Stava fissando me.

Strinsi la tracolla del mio basso e schiusi le labbra, sorpresa.
Era da tre settimane che tornando dalle prove della band mi fermavo a guardarlo lavorare, con le mani arrossate e segnate dalle corde del mio strumento... ma il desiderio ardente di spiare il dipinto che non ero ancora riuscita a scorgere mi faceva fermare ogni volta lì davanti... Tuttavia non avevo mai sospettato che un
giorno mi avrebbe scoperta.
Ero stata attirata lì qualche settimana prima dalle note di Imagine di John Lennon ed era stato come se il mio cuore avesse percepito un qualcosa di così affine con la mia anima, di così dannatamente perfetto per il mio spirito che ormai le gambe andavano da sole in quella direzione.
Continuò a guardarmi, anche mentre si avvicinava e spingeva con una mano il vetro della porta dalle tende rotte e sgualcite, da cui lo avevo osservato per lunghe ore, che ci divideva. La sua mano lasciò un impronta di vita su di esso, mentre me lo ritrovai di fronte, pronto a lasciarne anche su di me, ben più profonda.
Mi superava in altezza di parecchi centimetri, ma non era una novità; ero la più bassa del gruppo e i miei amici mi chiamavano "folletto", appellativo accresciuto ulteriormente da quando mi ero tinta i capelli di mogano.
Il suo dito dalla vernice cremise mi tracciò una forma stilizzata su una guancia senza che io riuscissi a muovermi. Il contatto della sua pelle con la mia mi fece sentire come una scarica elettrica lungo la schiena, una sensazione strana, mai provata con nessun altro, solo quando suonavo. Solo quando la musica invadeva
tutto il mio corpo, la mia mente, il mio cuore e poi fluiva nell'aria dalle mie dita, solo all'ora percepivo quella scossa di vita, come se fossi arrivata. Non l'avevo mai provata con qualcuno.
Neppure con Alex, che mi aveva cullata nel mio sogno fatto di note e di bassi, che aveva asciugato il mio viso con le sue mani quando avevo litigato con mia madre per la band e per difendere il mio sogno. Alex, che mi aveva insegnato a suonare la chitarra e poi mi aveva mostrato il sound di un assolo di basso, che aveva emesso lo stesso suono che sentivo dentro di me e che non ero mai riuscita ad esprimere.
Il primo ragazzo con cui avevo fatto l'amore...
Invece Lui con il semplice contatto di un dito era riuscito a farmi sentire tutto, in quel modo.

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