I – SPINO
Spino era inquieto. Tutta la sera, da quando aveva aperto la baracca, strani pensieri lo assillavano.
Devo farlo! Ho bisogno di tirare su! Sì, perché lei oggi non ha capito un cazzo... un emerito cazzo! E quegli atri due, che dicono una cosa e poi ne fanno un'altra? Per non parlare di quella stronza che batte la carne con le mani sporche insieme a quell'indiano, che Dio solo lo sa... eccome se lo sa!
Dei cinque personaggi citati, nell'economia della nostra storia, potrà servire sapere che la "stronza" altri non è che Donna, sua madre, cuoca provetta e addolorata, e l'"indiano" Don Sami, aiutante cuoco, faccendiere e tenero amante di lei, almeno nell'immaginario di tutti i camerieri. Più difficile trovare della logica in tali pensieri, sia a parole che per iscritto. Per farlo, bisognerebbe distinguere l'istinto, che freddo e costante chiede soddisfazione, come l'arsura l'acqua, da un bisogno di potere continuamente ostacolato da presenze fisiche e non. Più semplice, pertanto, seguire l'immagine che lui disegnava nello spazio.
Spino questo era. Una figura bofonchiante e dondolante sulle gambe secche, ossessionata dal pensiero fisso del "sacro tiro", necessario sollievo per tutto! Un'immagine corporea claudicante, fatta di occhi fuori dalle orbite e di capelli radi sulla fronte, odorante di borotalco misto a naftalina. Odore, vera "essenza di humour", così recitava l'etichetta sulla boccetta di profumo, di cui andava fiero e che di norma diffondeva per tutta la piccola trattoria di cucina tipica romana, di cui era proprietario: un ambiente caloroso e all'apparenza cheto e confortevole, con tavoli ben apparecchiati in un beige elegante, mura bianche, travi di legno, mattonati e bottiglie di Syrah e d'Amarone a completare l'arredamento.
Qui, nel suo regno, lanciava sguardi a destra e a sinistra come uno squalo in caccia: una bottiglia d'olio asimmetrica rispetto a quella d'aceto veniva rapidamente riallineata, così come una tovaglietta sporca e penzoloni inghiottita per timore dal mobile estraibile. Sembrava come se al suo passaggio le bottiglie di vino sull'attenti lo salutassero, esibendo i loro vessilli e scrollandosi la polvere di dosso, e un tintinnar di vetri, cristalli e posate annunciasse il silenzio dell'ispezione... Signorsì signore! Almeno questo era ciò che lui desiderava e forse, in preda alla sacra ossessione, vedeva. Riportare tutto in un ordine preciso era un gusto unico. L'elettrica necessità di controllare si univa alla soddisfazione del potere espletato e riconosciuto, ma l'inquietudine raramente si placava e il suo corpo sentiva sempre in fondo al midollo il malessere di chi vede e non tollera asimmetrie intorno a sé.
Il suo girar frenetico continuava passando da un telefono squillante ai tasti del computer per controllare recensioni positive e il numero di prenotazioni per la serata. Dopodiché prontamente interrogati i suoi camerieri, sempre di spalle e senza mai guardarli negli occhi, con le mani sempre in movimento e lo sguardo fisso sullo schermo, passava agli ordini:
"12 pax alle 21 e 30! Facciamo spazio... Questo è Gallinari uno importante, costruisce le poltrone per i piani alti".
Se un cameriere attento e rigoroso faceva notare come fosse impossibile trovar spazio in quel momento senza sacrificare un altro tavolo, un fulmine di irritazione sottolineava l'inappropriata osservazione:
"Eh!!! Ma come! Proprio tu mi vieni a di sta cosa? Che nun ce lo sapete? Trova lo spazio e non rompe er cazzo!"
Sguardo e parole inacidite trasferivano nell'atmosfera un'onda d'obbligo carica di tensione e inadeguatezza che spronava lo staff a mettere le cose a posto per evitare che Spino si alterasse. Così con un rapido calcolo si provvedeva a stringere quattro persone in un tavolo da due e sei in uno da quattro. Tutto era lecito pur di metter fine alle ansie del capo ma non immediato. Prima di giungere a una soluzione pratica, l'ordine di Spino veniva recepito in modo confuso ed era inevitabile per i suoi più fidati chiedere lumi, con l'inevitabile conseguenza di aprire un dialogo dal basso verso l'alto. Condizione ad alto tasso di difficoltà!
"Verba volant ipse dixit!" Quanta fatica faceva Spino a rimettere insieme l'ordine dato, per recuperarlo nella forma verbale precedente e rielaborarlo in una nuova più comprensibile tenendo a mente l'obiezione sollevata!
Perché la bottiglia statica e fedele eseguiva le operazioni d'ispezione senza fiatare, con discrezione ed orgoglio obbedendo fiera? Mentre il personale ogni qual volta riceveva un ordine aveva sempre bisogno di ulteriori spiegazioni?" – pensava rammaricato.
Nel momento in cui un cameriere proferiva parola, recepiva il "non ho capito" come un "non voglio" o nei casi peggiori come un "che cazzo dici, ti stai sbagliando!"
Il fatto è che Spino era difficile da capire. Occorreva un traduttore simultaneo dal suo mondo al mondo terrestre. Certi giorni era calmo e a modo, ma in quelli di astinenza o di compresenza con la madre perlopiù tutto girava male e risultava davvero complicato comprendere ciò che voleva.
Il ristorante era aperto a pranzo e a cena salvo la domenica, giorno consacrato a Dio dalla famiglia Segesta.
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ISTOCA
Short StoryVivere al di sopra delle proprie possibilità e risorse è possibile. Istoca è la storia di un uomo sopra le righe ; il risultato di un insieme di incontri e di aspettative che la vita ha fatto maturare tenendo amaramente conto dei limiti delle su...