As It Began -ovvero- Come per buona parte (non) andarono le cose

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C'erano una volta, nella lontana Inghilterra, nella grande metropoli londinese, in un quartiere dall'impronunciabile nome di Twickenham (che d'ora in poi, se mai ci capiterà disgraziatamente di doverlo rinominare, chiameremo semplicemente T)... Accidenti alle subordinate: ho perso il filo del discorso. Dunque, ricapitoliamo: c'erano una volta, nella lontana Inghilterra, bla bla bla, sì, sì, ecco: c'erano una volta una mamma e un papà. Beh? Che c'è? Sconvolti dalla banalità dell'argomento? Ebbene, voi criticoni da dove pensate di essere nati? Dalle stelle per caso? Beh, allora sarete felici di sapere che proprio a T, esattamente la bellezza di sessantotto anni fa (eh, corre il tempo) nacque un bambino, da quella mamma e da quel papà suddetti, che le stelle le amava così tanto che... beh, divenne una stella anche lui, in modo metaforico ovviamente. Questa è la storia di quel bambino.

Il 19 luglio del lontano (neanche troppo) 1947 i due suddetti genitori furono felici di annunciare la nascita del loro magnifico bambino, che al secolo fu registrato sotto il nome di Brian, Brian May. Ben presto, tuttavia, i genitori di Brian dovettero accorgersi che qualcosa non andava in quel loro splendido figlio: cioè, anzi. Andava troppo. Fin da quando lo posero nella culla, il piccolo Brian vagiva chiaramente secondo modulazioni ascendenti e discendenti, fenomeno alquanto strano, e decisamente senza precedenti, eccetto per quanto si dice su Maria Callas (solo voci di corridoio, non fidatevi!) Insomma, era un chiaro segno della predisposizione naturale del piccolo Brian per la musica.

Ma fu ben altro comportamento che destò una qualche inquietudine nei suoi genitori: ora, tutti sappiamo che non appena si mette in mano qualsiasi oggetto a un bambino seduto sul seggiolone, la sua prima mossa fulminea sarà quella di liberarsene immediatamente facendolo precipitare a terra. Brian non fece eccezione: dopo essersi impadronito di una invidiabile pallina rossa, la fece cadere a terra seguendone la traiettoria con sguardo interessato. Fin qui, tutto normale. (a meno che voi non mettiate in mano in vostro figlio la vostra tazza preferita o un vetro di murano a cui tenete particolarmente, o un vaso attico figurato del V secolo a.C.). Ma ciò che destabilizzò profondamente gli ignari genitori fu la strana parola che il piccolo pronunciò (o meglio, balbettò in bambinese) subito dopo che la palla era caduta: GRAVITA'. I sorrisi che si erano dipinti sui volti dei genitori, per l'emozione di osservare il loro bambino che imparava, si spensero gradualmente fino a trasformarsi in una velata inquietudine. Il loro adorato, meraviglioso tesoruccio aveva appena pronunciato la parola "gravità"? Era ciò stato possibile? Nessuno dei due ricordava di avergliela mai insegnata.

Stupiti, ammirati, e anche un po' timorosi delle sbalorditive dimostrazioni di apprendimento del bambino, decisero di fingere di non dare molto peso all'accaduto, dissimulando la loro tensione verso le probabili parole che sarebbero seguite a quella scoperta. Ma il peggio (o il meglio) doveva ancora venire: quando il piccolo Brian imparò a tenere saldamente una penna in mano (potete immaginare che ciò avvenne con una spaventosa precocità) non solo riempiva fogli di figure di stelle e pianeti, ma a roteare attorno ad essi vi era una terrificante quantità di numeri, con una particolare predilezione per quelli famosi come 3,14 e soprattutto 9,81. A questo punto il terrore si dipinse sulle sgomente facce dei genitori, che cominciarono a temere di aver subito uno scambio di neonati prima di giungere a casa: la prospettiva di allevare con amore e tenerezza un venusiano, o un abitante di Alpha Centauri non era dopotutto così allettante, ma se così fosse stato, ormai era loro figlio, e dopotutto non era neanche verde.

Quando Brian andò all'asilo sapeva già leggere e scrivere correntemente in inglese, latino, greco e sanscrito. Non lo dis-iscrissero dall'asilo solo perché potesse fare conoscenza con altri bambini, tanto per fare i conti con la triste normalità.

A dieci anni, in risposta alla domanda della maestra sulle sue letture estive, aveva risposto semplicemente "Guerra e Pace". La maestra aveva rischiato lo svenimento. Lui l'espulsione. Tipico caso di bambino incompreso dal grigio mondo degli adulti che, troppo abituato alla normalità, ritiene sporca menzogna malefica tutto ciò che ne possa fuoriuscire anche solo un pochino. Brian aveva dimostrato la propria immacolata innocenza raccontando in terzine dantesche i fatti salienti della storia.

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