Strane Sensazioni

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Tutto cominciò una notte del 1990. La ragazza si trovava nello scantinato, non sapeva perché, ma sentiva di dover stare lì, qualcosa di inconscio la chiamava. Sentiva tutto ciò sin dall'inizio di quel giorno di scuola. Sin dal primo momento in cui lo vide.

Nessuno lo conosceva.

Erano già iniziate a girare le prime voci sul nuovo, strano, arrivato. Si diceva fosse orfano da entrambi i genitori. A causa di un incidente stradale molto grave, successo mentre lui dormiva tranquillamente sul seggiolino e che fosse stato l'unico sopravvissuto.

La classica storiella drammatica usata per far commuovere i pochi e fingere i tanti.

C'era qualcosa di strano e misterioso in quel ragazzo. Nulla si conosceva di lui, se non le classiche voci di corridoio, ma lei sentiva di esserne in qualche modo legata. Non era come le altre, era timida, vestiva con colori spenti e scuri. Le piacevano.
È strana anche lei, penserete.
Veniva presa di mira con il soprannome "Fantasma", il quale, dopotutto, non le dispiaceva. Credeva nei fantasmi, e ne era affascinata. Quel nome le era stato affibbiato da Lucas, il ragazzo più popolare della scuola. Andavano alle elementari insieme, erano amici, finché lui non cominciò ad averne paura.

Lo scantinato era buio, c'erano addobbi di Natale sparsi nei vari scatoloni, insieme a varie cianfrusaglie, ma, c'era una cosa insolita: una porta.
In quel momento le parve di non esserne a conoscenza.
Non sapeva dove portasse, cosa nascondesse...
Voleva esplorarla.
Sperava in qualche forza oscura, lo sperava con tutta se stessa.
Ci si avvicinò lentamente, portandosi una mano davanti per toccare la particolare maniglia, provò a girarla, non successe nulla, la porta rimase chiusa.

<<Ehi, Lily, sono tornato. Sono stanco morto, oggi c'era molto lavoro. Tu come hai passato la giornata?>>
<<Tutto okay, papà.>>
Vivevano da soli. La madre morì di parto e, dopotutto, anche se ancora abbastanza giovane per avere una figlia adolescente, Frank era un buon padre.
Il giorno successivo, Lily si aspettava di passare un altro normale e ripetitivo giorno di settembre. Era appena suonata la campanella, ma rimase ancora un po' seduta a massaggiarsi le tempie, perciò fu l'ultima ad uscire dalla classe. Si avviò verso gli armadietti, per prendere il libro per l'ora che seguiva, ma sentì qualcuno, o qualcosa, che le toccava la spalla, fece per girarsi ma non c'era nessuno, erano già entrati tutti nelle varie classi, si convinse così che fosse stata solo la sua immaginazione e si mise a correre verso l'aula di biologia. <<Ah, buongiorno signorina Loomay, stavamo giusto facendo la conoscenza del signor Lubert.>>
La signora Meredith Stanley, una delle professoresse più crudeli e severe che Lily conoscesse, sapeva benissimo la vergogna che l'alunna provava al parlare in pubblico, allo stare al centro dell'attenzione.
<<Scusi il ritardo professoressa, vado immediatamente al mio posto.>> Disse con sguardo basso lei.
<<Aspetti Loomay! Non sia così scortese, si presenti al nuovo arrivato, potreste diventare amici.>>
Alcune bionde ossigenate, sedute agli ultimi posti, già facevano battutine sui due strambi della scuola, e ridevano nel farlo.
<<Oh...sì, piacere, io sono Lily Loomay, benvenuto.>> Disse rivolgendogli un piccolo finto sorriso, e così a sua volta il ragazzo rivelò il proprio nome <<Piacere mio, Lily, io sono Drake Lubert, ma tu puoi chiamarmi solo Drake, se vuoi.>> Disse lui facendole l'occhiolino e porgendole la mano. Lei la strinse fievolmente, era colpita dal suo gesto, non le era mai successo. La mano di Drake era così fredda che fece fatica a staccarsene, amava il freddo, e pensava non ci fosse persona più fredda di lei.
Ormai tutti ridevano, chissà quante battute avevano già fatto in quel poco tempo che a Lily era sembrato infinito.
Aveva trascorso con ansia quell'ora di biologia, con il suo nuovo compagno di banco, non riusciva a capire se fosse stata felice o no che l'unico posto libero fosse quello accanto a lei.
Era stata costretta a dividere il libro e gli appunti con il ragazzo.
Non aveva mai alzato lo sguardo verso di esso, ma si sentiva stranamente osservata.
Quella giornata era stata più strana del solito ma, fortunatamente, era finita prima per via dell'assenza di alcuni professori.
Appena terminati i compiti, tornò in cantina e si mise seduta davanti a quella misteriosa porta, pensava a come aprirla.
Dopo circa quaranta minuti passati a pensare a tutti gli avvenimenti, grandi o piccoli che siano, successi in quel periodo, salì in camera sua.

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