Face Down

72 8 1
                                    

Every action in this world will bear a consequence
If you wade around forever, you will surely drown
I see what's going down.

Face Down – The Red Jumpsuit Apparatus

Osservo distrattamente fuori della grande finestra che si affaccia sulla strada, aspettando che la bevanda fumante all'interno della mia tazza si raffreddi un poco.

Sono passati cinque minuti da quando il cameriere di mezza età l'ha posata difronte ai miei occhi, sul piccolo tavolo nell'angusto angolo destro del 'BlackMoon'; sono passati cinque minuti da quando le mie mani sono ben salde alla ceramica, non bollente come l'inizio, e sono passati sempre cinque minuti da quando sei uscita dalla porta del negozio in cui lavori per entrare in quella dell'edificio accanto, ignara dei miei occhi fissi sulle tue spalle.

Anche oggi sorseggio piano questo caffè amaro. Con fatica scende giù per la gola, perché troppo amaro, per me. Ma è così che tu lo preferisci, perciò il suo sapore è ormai il problema minore delle 18.35.

Solo altri venti minuti e poi sarai di nuovo in piedi di fronte al piccolo portoncino verde, scolorito dal tempo e dalle intemperie, entrata del tuo luogo felice. E continuo a pensarci, quando nella mia visuale c'è solo quel colore, a come può ancora essere invidiabile senza una seconda presenza al tuo fianco, quell'appartamento non molto grande, ma abbastanza spazioso a contenere tutta la tua vita.

Hai lo sguardo basso, sulle tue scarpe da corsa nere, mentre chiudi dietro di te l'uscio del condominio. Armeggi con il mazzo di chiavi per poi posarlo nella tasca della spessa giacca; volgi i tuoi occhi verso la mia direzione, ma non mi vedi grazie alla mia posizione nascosta. So quanto ti crea disagio sentirti osservata e so pure che il tuo passo si fa più spedito per questo.

Così, mentre pago la bevanda dall'ormai gusto fastidiosamente familiare, tu svolti l'angolo della piccola via, dirigendoti al parco a due isolati da qui. Mi incammino sul marciapiedi della corsia opposta alla quale è situato il bar, illuminato da tutte quelle piccole luci che creano l'atmosfera natalizia perfetta.

Amo questo periodo, quello nel quale tu usi diventare più bambina, rimanendo però sempre te stessa; quello in cui potresti passare ore la domenica, seduta sulla panca, ad osservare i fiocchi di neve cadere lenti fuori dalla finestra. Una coperta sulle gambe, una cioccolata calda tra le mani e una chiacchierata erano abituali, quando io ero presente.

Adesso invece sei qui, che ti leghi i lunghi capelli chiari in una crocchia, per iniziare a correre e scaldare il tuo corpo stanco, dopo un'impegnativa giornata di lavoro straordinario. È la domenica prima di Natale e so come, a dispetto di tutto, tu sia felice di averla trascorsa dentro al grande magazzino, aiutando uomini e donne a scegliere il regalo perfetto per figli, nipoti o amici. Non era tua abitudine raccogliere i capelli in questo modo, lasciando coperta la parte posteriore del tuo collo e libero il volto al vento. Non che su di te sfiguri, anzi. Se possibile ti rende ancora più bella. E cambiata.

Perché l'ho notato dal primo istante, mesi fa, quanto tu sia cambiata. Sia esteriormente sia internamente. Quando prima regalavi sorrisi sinceri a qualunque persona si trovasse sulla tua strada, ora abbassi gli occhi a terra, evitando un contatto visivo. Non riesci più ad aprirti con chi ti conosce da sempre, lo so perché me ne ha parlato tuo fratello. Non hai più fiducia nemmeno in te stessa e so che tutto questo, tutto quello che hai affrontato e stai affrontando è colpa mia. Esclusivamente colpa mia.

Mi siedo sulla prima panchina libera e continuo a guardarti. Non mi importa se la gente si accorge che lo sto facendo con tanta insistenza, non mi interessa di quello che penseranno, non mi tocca minimamente il loro pensiero, perché tutto quello che voglio fare è alzarmi e venire da te, correre al tuo fianco per poi vederti bloccare subito alla mia vista. Ma non lo faccio.
Non lo faccio perché ormai dalla tua vita me ne sono andato e non trovo più, in nessuna piccola parte di me, il coraggio per tornare come un fulmine al ciel sereno.
Sono passati mesi, eppure mi sembra di continuare a respirare a fatica, senza la tua presenza.
Sono passati mesi e lo so, continuo a ripetermelo, che non posso assolutamente lamentarmi, perché tutta questa sofferenza è stata una mia scelta.

Per ora però, posso solo guardarti da lontano.
Per ora e per sempre, perché nella tua vita io sono come veleno, come un antidoto mancato. E vorrei scusarmi per questo, ma non posso. Non posso farlo sapendo che ero anche la cura, che ero spazi riempiti, respiri pieni e sorrisi perfetti, battiti irregolari e occhi luminosi.

Hai quasi finito il tuo giro, un'altra mezz'ora è trascorsa senza che me ne accorgessi realmente. Mi stringo un po' più nel mio cappotto pesante, nascondendo i miei capelli all'interno del cappuccio in pelo. Volto il capo verso la direzione opposta alla tua, diventando una persona qualunque ai tuoi occhi che sono sicuro, trovino ancora della nuova magia nel guardarsi intorno. Nel profondo, però, spero vivamente tu ti accorga di me, qui, seduto su una vecchia panchina in un parco, a fingere di ignorarti. Che egoista.

Sono sicuro di saperti lontana quando i tuoi passi risuonano in lontananza, causa delle scarpe un poco trascinate sulla ghiaia ai cancelli del parco. Lontana forse troppo per i miei gusti, ma questa è un'altra conseguenza alle mie azioni. Avevo promesso di rimanere ed ero riuscito a convincerti che lo avrei fatto veramente. Ero riuscito a fare in modo che la tua fiducia in me fosse totale, che anche ad occhi chiusi sapessi dove mi trovavo. Al tuo fianco. Sempre lì, mai più lontano di un passo. Anche se non fisicamente, sapevamo entrambi di essere più vicini di quanto fossimo in realtà.

E sono stato io il mio sbaglio più grande in questa effimera esistenza.
Ma lo accetto, affinché tu sia al sicuro dal dolore che posso causarti, lo accetto.

Mi alzo e ordino alle mie gambe di dirigersi verso casa, sotto un cielo nero, oggi pieno di stelle. È da parecchio tempo che non ce ne sono in grande quantità, ma sembro quasi non accorgermene, troppo preso dal mantenerti fissa nella mia mente, pronta per essere impressa su carta una volta seduto alla mia scrivania. Non mi accorgo nemmeno della persona appoggiata ai cancelli del parco, in attesa di qualcosa o qualcuno.
Continuo a camminare, con le mani ben strette all'interno delle tasche del cappotto e gli occhi persi davanti al mio percorso. Eppure mi blocco quando un suono calmo e dolce arriva alle mie orecchie.

"Harry" mi volto e sei li, con le labbra schiuse e gli occhi fissi sulla mia figura, non del tutto sopresi di trovarmi qui. Mi guardi e sembri tranquilla. Sembri, perché ormai ho capito come hai imparato a nascondere le tue emozioni. Posso affermare però che stai morendo dentro, cercando di capire cosa sia reale e cosa sia solo uno scherzo del destino.

Sento i miei polmoni riempirsi del tutto, riprendo a respirare. Non tutti i pezzi sono andati persi, in fondo.
Non servono altre parole, sappiamo entrambi quanto sarebbero inutili. Forse avevo bisogno di più tempo e di più forza ma ora, qui, occhi negli occhi, mi sembra il momento perfetto perché questo davvero accada.

    Convinto di aver portato nuovo scompiglio, cerco di prepararmi a vederti spezzata, ancora, per colpa mia. Invece sorridi, con le labbra e con gli occhi. Sorridi come se avessi sempre saputo che non ce l'avrei fatta, troppo lontano da te. Sorridi, ora vicina anche fisicamente al mio corpo, e sono certo che, stasera, la mia presenza renda di nuovo invidiabile il tuo luogo felice.

Face DownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora