All was well

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A svegliarlo da uno dei suoi sogni più intraprendenti, - qualcosa comprendente Ian Harding ed un'uniforme da pompiere sexy -, ci pensò il trillare del suo cellulare. Harry Styles non trovava pesante l'alzarsi presto la mattina, ma dopo aver fatto le quattro ad una delle solite feste Made in Horan, quel giorno fu più faticoso del normale. Un secondo squillo lo fece quasi saltare giù dal materasso e decise di porre fine a quella tortura cercando di prendere l'oggetto in questione, muovendo le mani alla cieca sul comodino. La luce sullo schermo quasi lo accecò, come ogni volta d'altronde. Avrebbe mai imparato ad abbassare la luminosità prima di addormentarsi? Se ci tengo alla mia vista, dovrò farlo, pensò.
Dopo aver sbattuto le palpebre due o tre volte, riuscì a mettere a fuoco la schermata iniziale del suo IPhone e scorrendo le notifiche arrivate durante la notte trovò quelle che lo avevano svegliato.

"Hai ricevuto un messaggio da Louise Tomlinson."
Senza pensarci aprì l'app di Messenger, ormai da qualche mese era diventata un'abitudine rispondere a quella ragazza che lo aveva contattato "per conoscere gente nuova", così gli aveva detto.

"Buongiorno miei dolcissimi occhi verdi, già sveglio? Io lo sono già da un po'.
Ti ho sognato sai? Sono ripetitivo se ti dico che eri bellissimo?"
"Ripetitiva*"


Harry sorrise nella penombra della sua stanza. Quella ragazza era fatta di zucchero. La sua dolcezza era forse la qualità che lo aveva colpito maggiormente. Da quando avevano iniziato a scriversi, ogni mattino si svegliava con un messaggio del buongiorno e si addormentava con uno della buonanotte alla sera.
Era anche la qualità che lo aveva convinto a crederle, a non dubitare di lei quando gli diceva di non poter parlare al telefono, a non chiederle più di quanto era disposta a dirgli, a non forzarla quando non aveva voglia di parlare di sé stessa.
Prima o poi ci incontreremo, si diceva, ma niente stava andando secondo i piani.
Non conosceva neanche la città in cui abitasse, solo lo stato. Fortunatamente lo stesso in cui si trovava lui, Pennsylvania, ma si era ostinata a non rivelargli il punto preciso.
Si sentì in colpa quel mattino: perché nonostante ci avesse provato a reprimere tutti i suoi dubbi, quel "ripetitivo" non faceva altro che farsi spazio nella sua testa, facendogli tornare alla mente tutte le precedenti volte in cui aveva fatto lo stesso errore. Non riusciva a capire perché, quando provava ad estrapolarle qualche informazione in più, Louise si chiudeva a riccio, rispondendogli a monosillabi (se era fortunato) e non rispondendogli del tutto se invece beccava la giornata sbagliata. In ogni caso, a lui piaceva, riusciva a farlo sorridere, ed aveva deciso che sarebbe riuscito a scoprire qualcosa in più su di lei, in un modo o nell'altro. D'altronde le sfide gli erano sempre sembrate interessanti.
Perciò digitò:
"Sono sveglio, tesoro. Che ne dici di una chiacchierata al telefono? Almeno puoi raccontarmi per bene il tuo sogno...Mi piacerebbe sentire la tua voce."
Ci aveva provato, di nuovo.

"Mi piacerebbe sentire la tua voce." Ecco, sapeva sarebbe successo. Maledizione. Andava a finire sempre così. Non poteva evitare di dirglielo? Cosa gli passava per la testa? Louis guardò lo schermo del suo Samsung ed iniziò a digitare con mani tremanti una misera risposta, accampando l'ennesima scusa. Aggiustò nervosamente i suoi occhiali dalla montatura nera sulla punta del naso.
"Babe purtroppo non sono da sola a casa, mia sorella ha orecchie ovunque. Non mi piace che sappia i fatti miei. Era un sogno molto bello, sappi solo questo. Tu. Io. Il mare e un bacio."
Beh, la parte del bacio era vera. Almeno.

Louis Tomlinson, diciott'anni compiuti da poco, aveva sempre avuto paura di mostrarsi agli altri. In tutto e per tutto. Sin dai tempi dell'asilo, quando a malapena riusciva ad articolare qualche parola. Si sentiva inferiore rispetto ai suoi compagni. Era troppo timido ed i complessi sul suo fisico crescevano ogni giorno di più in maniera molto negativa. Si vedeva enorme: la pancetta, i fianchi troppo rotondi, il sedere formoso. Era imbarazzante. Per non parlare del fatto che non sapesse come approcciarsi alle altre persone, soprattutto ai ragazzi. Sì, Louis era gay. Aveva sofferto tantissimo a causa della sua omosessualità, suo padre era andato via di casa tre anni prima, lasciando la sua famiglia in balia del caos più totale, aveva solo sedici anni.
Era tutta colpa sua. Solo colpa sua. Mark non avrebbe mai e poi mai voluto un figlio frocio ed effemminato, non lo avrebbe mai accettato. Mai. A scuola lo chiamavano con soprannomi peggiori, ma lui andava avanti. Cercava. Se la cavava egregiamente in tutte le materie e non vedeva l'ora di andare al college. Mancava pochissimo e non si sarebbe lasciato andare proprio all'ultimo anno. La facoltà di Ingegneria attendeva solo lui.
Osservò la chat azzurrina di Messenger, sospirando.
Se Harry avesse scoperto davvero la sua identità, sarebbe morto di vergogna. Provava un intenso senso di disgusto verso le sue azioni, ma ormai c'era lei. L'aver creato Louise, gli aveva permesso di poter parlare liberamente con quello splendido ragazzo dagli occhi verdissimi e profondi. Il loro primo incontro era stato inaspettato, travolgente. Louis aveva semplicemente perso la testa e ora si ritrovava in un bel casino.

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