Fottiti

2K 9 1
                                    


Sbatté il piatto di spaghetti con forza, rischiando di spaccarlo. Il grosso coltello scivolò dal tagliere poggiato sulla tavola tremante. «Come! Ti hanno di nuovo licenziato? Come cazzo mangiamo ora? Ma cazzo, possibile che sempre la stessa storia. Ma perché cazzo ti hanno licenziato? Dimmelo fallito di merda?»
«Mi passi la birra nel freezer?» Rispose lui calmo e impassibile.
La ragazza fece come gli aveva ordinato. Gli arrivò da dietro e martellò la birra sulla tovaglia, quasi a volerla inchiodare. «Eccoti la tua fottuta Birra! Bastardo fallito di merda. Figlio di un aborto mancato. Sei senza palle, questo è il tuo problema.» Si avvicinò lenta all'orecchio e a denti stretti gli ripeté : «Sei un cazzone senza palle.»
"Senza palle" lo chiamava lo zio, quando da bambino assieme alla sorella e la madre andò a vivere con lui. Un essere squallido che, non contento della madre, iniziò a scoparsi anche sua sorella.
Sei senza palle, gli disse guardandolo negli occhi, proprio, mentre come un animale, in quel fottuto garage, prendeva sua sorella da dietro. Il senza palle aveva appena quattordici anni, prese il martello sul banco degli attrezzi e lo colpì. Quante volte? Dove? Non lo ricordava più, ricordava solo il sangue che zampillava ovunque. Quanti altri c'erano stati dopo di lui? Quanto sangue? Cosa era stato di lui? Riformatorio, strada, galera e ancora strada, e per strada aveva incontrato lei.
La prese per i capelli mentre continuava a ripetergli all'orecchio: «Sei senza palle.» La guardò negli occhi ,e vide le pupille diradarsi, e vide il viso diventare pallido, e sentì il tono di voce cambiare.
«Scusa... Amore. » Balbettò impaurita
«Amore?» Ringhiò lui.
Lei deglutì.
Lui la scagliò sul tavolo, strappandogli una ciocca di capelli biondi e sporchi.
Lei rotolo tra spaghetti, pezzi di pancetta e fette di pane, cadde, tirandosi dietro la tovaglia e tutto ciò che stava sopra.
Lui la calciò, nei fianchi, sulla schiena, si abbassò e le riprese i capelli, la tirò in piedi.
Lei si alzò, con la furia negli occhi, la rabbia dell'animale ferito: «Brutto stronzo, io ti ammazzo.» Il lampo di luce della lampadina appesa rifletté sulla lama del coltello.
Lui bloccò il polso del braccio armato, Il coltello trafisse la manica della camicia, rivoli di sangue scorsero sul tessuto. «Brutta stronza!» Urlò, torcendogli il braccio girandola di spalle, le sbatté il volto bloccandolo al tavolo con i capelli, raccolse il coltello che le era scivolato sulla schiena orizzontale, lo impugno sollevandolo in alto con la punta verso il basso, e infine lo calò.
Lei: chiuse gli occhi.
La punta della lama si infilò tra la mano dell'uomo e la nuca della donna. Le inchiodò la ciocca di capelli al legno del Tavolo. Le mani di lui tremavano di paura, per quello che stava per fare, di nuovo. Era stato un attimo. La ragazza affannava, il corpo si muoveva ogni volta che l'ossigeno le riempiva i polmoni. La paura continuava a pompargli il cuore, e aveva quell'espressione: eccitata.
"Eccitata?" La rabbia ritornò, «Brutta puttana.» Le alzò la gonna, le strappo le mutande, le sue dita scivolarono senza resistenza, risucchiate in lei, il suo mugugno soffuso era inequivocabile. Lo guardò, col volto schiacciato sul tavolo, piegata in due, squarciata nei vestiti e nel corpo,e indifesa lo sfidò: «Fammi vedere quanto sei uomo.»
L'uomo si sfilo la cinta, si calò le brache, bastò una sola frustata del pesante cuoio sui glutei scoperti, per rendere il suo membro duro come il ferro. Un altro colpo della cinghia, violento con forza, e via dentro di lei improvviso, spinse con forza per farle male. Eppure le grida di dolore sfumavano in quelle di piacere. «Mio padre picchiava più forte, e aveva il cazzo più duro.»
Lasciò perdere la cinghia, le strappo la camicetta e infilò le unghie nelle scapole, entrarono nella carne e con queste la tirò a se, mentre spingeva con tutto il corpo. «E pensi anche di essere un uomo?» Gli grido tra dolore e piacere. «Sentivo più il pollice di Luigi che il tuo cazzo. Affogati nella tua birra, sembrerai più uomo.»
Uscì da lei, prese da terra la birra ancora gelida, la stappo con i denti, la sbatté usando il dito per coprirla.
«Che cazzo vuoi fare?»
«Ecco, che fine faccio fare alla birra di merda, brutta troia.» Lasciò il pollice nell'istante in cui infilò il collo della bottiglia dentro di lei.
«Cazzo!» Esclamò la donna con gli occhi fuori dalle orbite. «Cazzo! Cazzo!» Ripeté.
Lui mantenne la bottiglia con le cosce, puntò col glande rosso fuoco l'ingresso libero, e spinse con tutta la forza. Poteva sentirlo farsi strada dentro di lei, duro e spietato. «Lo senti ora brutta stronza?»
«Cazzo! Cazzo!» Continuava a ripetere mentre i muscoli si irrigidivano, le mani si strinsero sui bordi della tavola.
«Ti piace ora puttana di merda.» Si muoveva asincrono e sempre più veloce. Quando indietreggiava col cazzo, spingeva la bottiglia con le cosce. Quando invece spingeva,lasciava che la fica vomitasse birra e schiuma.
«Cazzo! Cazzo! Non ti fermare Cazzo!»
E lui continuò, col sudore che le scorreva dalla fronte, col fiato ansimante, con la rabbia accumulata nella sua vita di merda. La rabbia, la sentiva nel ventre, la senti stringergli i testicoli, la senti finalmente esplodere. «Cazzo! » Gridò stavolta lui, crollando col volto sulla sua schiena. «Cazzo! » Ripeté senza più energia.
Uscì da lei e vide il braccio che le correva sotto il ventre, la mano che accompagnava la bottiglia.
«Puttana insaziabile.» Gli strappo dalle mani e la fica la bottiglia. «Fottiti da sola! La birra e mia.»
Se la portò alle labbra e iniziò a berla, si scolò tutto il liquido che era rimasto, qualunque esso fosse, infine la lanciò con rabbia, colpendo il muro fuori la porta della cucina. «Stronza di merda, me l'hai sfiatata tutta.»
Raccolse le sigarette sul piano della cucina e ne accese una.
«Mi aiuti a levarmi 'sto cazzo di coltello tra i capelli.» Gli chiese lei mentre, senza successo tentava di farlo da sola.
Lui si avvicinò, staccò il coltello dalla legna, aspettò che si rialzasse e le offrì una sigaretta.
Lei la infilò tra le labbra e l'accese.
Lui le carezzo il viso. «Domani cercherò un nuovo lavoro.»
Lei annui e gli poggiò la testa al petto. «Ce la faremo?»
Lui la strinse forte. «Ce la faremo.»
«Ti amo.»
«Anch'io.»

FottitiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora