Quel benedetto vischio.

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Poi... arrivò il Natale, che chiarì molte cose, ma ne complicò altrettante.

Arthur, in quel periodo, ormai da sette mesi aveva compiuto diciassette anni, mentre Merlin invece li avrebbe compiuti tra qualche giorno, e sua madre, Hunit, gli aveva dato il permesso di andare a festeggiare la vigilia di Natale dai Pendragon.

Ad Arthur, per le feste, era stata affidata la decorazione e l'abbellimento della casa, e il ragazzo, come al suo solito, aveva rimandato tutto fino all'ultimo, almeno fino a quando non c'era più rimasta che una misera giornata per fare le cose. Così aveva naturalmente deciso che Merlin sarebbe stato felice e anche lusingato se gli avesse dato la possibilità di condividere – ovvero caricarsi sulle spalle quasi completamente – tutte le faccende.
Perciò, di prima mattina, il giorno della festa, aveva buttato il compagno di tante avventure giù dal letto trascinandolo fino a casa sua, descrivendogli sommariamente strada facendo con entusiasmo il lavoro.

I due alla fine erano riusciti a portare a termine i preparativi e le decorazioni abbastanza presto, molto prima dell'arrivo degli ospiti, tanto che Arthur aveva deciso di scaricare un po' di energia in eccesso.

Così strappò dal collo di Merlin il suo fazzoletto azzurro preferito e diede inizio ad una gara a ostacoli per tutta la casa.
Improvvisamente però, fece una brusca frenata e si fermò, guardando con sfida Emrys, che rosso in faccia e con fiato corto per la corsa, a sua volta si bloccò a pochi passi da lui.

– Beh... perché ti sei fermato Merlin? Eccolo il tuo fazzoletto... vieni a prendertelo! – ghignò Arthur.

Merlin, provocato, con diffidenza spostò gli occhi sul suo adorato accessorio, diventato ormai una cosa più simile ad uno straccio che pendeva dalla sua mano, che ad un fazzoletto, ma non si mosse, giustamente sospettoso di ricevere qualche fregatura.

– Perché mai?.. Vieni tu qui piuttosto e ridammelo! Anzi, sarà ancora meglio se prima gli dai una stirata! Guarda come l'hai ridotto! – alzò la testa Merlin, incrociando le braccia sul petto tanto che Arthur per poco non soffocò per la sorpresa di vedere una tale arroganza.

– Ma come ti per... Io sono il tuo re, Merlin, e tu sei il mio servitore, l'hai dimenticato? Io comando e tu ubbidisci... senza discutere! Vieni qui! – sbottò Arthur, ma a quelle parole Merlin non resistette e scoppiò in una sonora e fragorosa risata, piegandosi a metà, le mani piantate sulle ginocchia.

– Oh, si, si... vai così! Manca solo che sbatti il piedino per terra! Quanti anni hai, Arthur? Sette?

Il giovane Pendragon, che davvero faceva fatica in quel momento a sopprimere il desiderio di sbattere i piedi per terra dalla rabbia, proprio come aveva detto l'amico, rendendosene conto si infuriò ancora di più.
Tuttavia conosceva bene Merlin e sapeva che, continuando con quei battibecchi, non avrebbe ottenuto nulla, così si diede una regolata e cambiò tattica drasticamente.

– Va bene, va bene, – alzò le mani in segno di resa. – Hai ragione... ma poi perché devi sempre discutere? Non potresti semplicemente avvicinarti, se te lo chiedo?

– Chiedi? Quel tono non suonava affatto come una richiesta, – gli fece notare Merlin, tanto che Arthur fece una piccola risata e lo guardò con un buffo broncio.

– Per favore... dai, vieni qui, – continuò con la sua recita e Merlin aprì la bocca per la sorpresa, così che per qualche secondo riuscì solo a sbattere le palpebre in silenzio.

– Dio... mio! Arthur Pendragon ha davvero detto la parola magica!? – e poi, come se davvero fosse sotto incanto, Merlin lentamente si avvicinò e gli si fermò di fronte.

– Catturato! – urlò trionfante Arthur, afferrandolo saldamente per i gomiti.

– Eh?.. Cosa?.. Perché... Cosa hai int... – Arthur a quel punto alzò la testa, Merlin seguì il suo sguardo e vide... il vischio!

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