Capitolo diciottesimo. La nuova me

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Quella sensazione che mai e poi mai avrei voluto che si trasformasse in ricordo.

Fui dimessa solo tre settimane dopo quell'incidente. Mi sentivo idiota a non aver riconosciuto le persone più care a me, mi sentivo altrettanto stupida quando cercavo mio padre, visto che non c'era.
La nuova me si fece riconoscere poco a poco, ma decisamente.
Erano cambiate molte situazioni: con il mio lavoro avevo fatto un grande passo avanti, Billy aveva mi aveva promossa come capo camerieri. Adelaide e Luke erano tornati insieme dopo un lungo - quasi infinito - periodo di pausa. Mia madre e il mio professore continuavano ad uscire insieme e poi... Douglas.
Douglas era rimasto accanto a me in ogni momento, si preoccupava di portarmi dal neurologo e in cura dallo psicologo. A quanto pare i media avevano preso con leggerezza il matrimonio mancato e non si erano nemmeno concentrati sulla nostra relazione, per fortuna. La fortuna non fu dalla nostra parte però per conto di Valerie.
Valerie tempestava di chiamate e messaggi Douglas, nonostante lui cambiasse numero ogni mese. Era riuscita a scoprire addirittura gli orari e i luoghi delle mie visite per poterlo vedere. Perché lo sapeva, Douglas era con me. Con una ragazzina, sì, ma era con me.
Non saprei spiegare la nostra relazione. Avevo messo tutto l'impegno possibile, tutta me stessa. E anche lui, a quanto sembrava.

Douglas cambiò atteggiamento nei miei confronti nel giro di pochi giorni. Era diventato scostante e se, per assurdo, chiedessi spiegazioni diventava veramente irrequieto e magari se ne andava.

In quel periodo i miei amici mi furono molto vicini: Luke aveva una nuova comitiva e, ovviamente, aveva trascinato me e Adelaide con sé. Per molto tempo, la mia amica aveva cercato di recuperare un po' la storia sua con Luke, con iniziali successi. Ma Luke è sempre stato un tipo ingenuo, con la testa fra le nuvole e credeva di non essere pronto per una storia così seria.

Come al solito, Douglas era via. Stavolta non si era nemmeno fatto sentire, il suo cellulare squillava a vuoto. Le mie iniziali preoccupazioni si erano trasformate in una sorta di menefreghismo non giustificato, ma comunque era ciò che provavo.
Dunque, proprio quella sera dopo lavoro io e i miei amici avevamo deciso di uscire con la nuova compagnia di Luke.
"Vi piaceranno, sono molto amichevoli", aveva detto lui.
Io e Adelaide ci eravamo preparate insieme e non avevamo messo nulla di vistoso od elegante, Luke invece era con una camicia bianca ed un paio di jeans davvero carini.
"Stai...stai molto bene, Luke." Adelaide era sbiancata alla vista del suo amico. Dandole un piccolo colpetto suo gomito, lei si ricompose all'istante.
Luke arrossì e la ringraziò timidamente. Adoravo follemente quei ragazzi.

Arrivammo in un locale davvero carino, poco distante da casa nostra. Era anche abbastanza affollato, il che mi metteva un po' a disagio ma cercai di non farci troppo caso. Quella sera volevo divertirmi, nonostante Douglas non rispondesse ancora ai miei messaggi e alle mie chiamate.
Luke ci superò per andare a salutare i suoi nuovi amici. Era così emozionato, ma non ci aveva detto nulla sul loro conto.
Ci trovammo davanti a due ragazzi e una ragazza: lei era davvero molto carina, un po' impacciata e a tratti fuori luogo. Indossava una lunga gonna bordeaux e un top beige. I suoi capelli neri e corti le incorniciavano il viso piccolo e paffuto.
I due ragazzi erano più disinvolti, e non avevano esitato un momento a presentarsi a noi.
"Sono Adam," annunciò il ragazzo biondo stringendoci la mano.
"William, piacere," disse poi l'altro imitando l'amico.
"E io sono Leah, ciao," e dopo essersi presentata aveva anche detto di essere la sorella di Adam.

Al bancone del locale, i tre ragazzi erano impegnati in una conversazione sul calcio, mentre noi ragazze, visibilmente contrariate, accennavamo a qualche domanda reciproca di conoscenza. Le solite domande che si pongono all'inizio.

Quando i quattro uscirono per andare a fumare una sigaretta, io rimasi a bere con William.
Non era a disagio, ma anzi molto disinvolto e curioso.
"Luke parla molto spesso di voi, vi vuole tanto bene," mi diceva.
"Ci conosciamo da anni ormai, abbiamo condiviso tutto."
"Non siete mai stati insieme, tu e lui, intendo?" chiese bevendo un sorso del suo drink.
"No," risposi io, "ma Adelaide sì."
"Avrei detto il contrario, dai vostri sguardi, sai?"
"No, ti sbagli. Non starei mai con l'ex ragazzo di una mia amica"
Annuii ma per qualche strana ragione volevo sentirlo parlare.
"E tu sei fidanzato?"
Rise. "No, non ci penso minimamente!"
Quella risposta mi fece assumere un'espressione disgustata e doveva essersene accorto perché poi mi sorrise e si giustificò.
"È che sto molto bene da solo, sono stato con una ragazza che mi limitava delle mie passioni."
Il suo volto non assunse alcuna espressione triste o nostalgica, ma anzi si illuminò quando gli risposi che al mondo esistono molte persone cattive che invece di desiderare la nostra felicità, ci pongono dei limiti.
Mi disse che le sue passioni principali erano il calcio e le moto, mi fece vedere alcune foto della sua e poi tolse il telefono, soddisfatto.

Non avevamo fatto caso al loro rientro, tanto eravamo impegnati a scherzare su sciocchezze.
Quando stavamo per andarcene, William tentò in tutti i modi di rimanere solo con me, e quando Adelaide se ne accorse prese le distanze.
"Ehi, mi chiedevo se una volta ti andasse di fare un giro in moto con me," mi propose indicando la sua moto alle spalle.
Rimasi a bocca aperta, era davvero grande e bella.
Accettai con piacere ignara del fatto che probabilmente il mio ragazzo non sarebbe stato d'accordo.

Il rombo della moto di William mi riportò alla realtà, quella triste realtà che avrei affrontato l'indomani.

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