A Giovanna d'Arco

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Blois. Le vedute delle vallate ricoperte di boschi azzurri ai limiti dei campi, oltre le vetrate protette da robuste grate di ferro.
Il Bastardo d’Orléans ha tutto il tempo per riflettere. Il suo regale cugino, Carlo di Valois, lo ha allontanato dall’esercito con un secco, perentorio ordine. Sa bene quel che significa. Così come lo sa – o lo immagina – Raoul de Gaucourt, che è rimasto al fianco della Pulzella e del duca D’Alençon dinanzi alle porte di Parigi; ai suoi bastioni fortificati e alle sue mura grigie, alte, imprendibili. Una coppa di vino scivola lungo la gola del Bastardo; il paesaggio tremola assumendo una tinta vagamente cinerea. Parigi e le sue impressionanti fortificazioni. Com’è lontano il tempo di Orléans; del suo primo incontro con quella ragazzina, come la chiamava con una certa alterigia in cuor suo, che l’aveva rimproverato come un subordinato negligente!

Chécy, gli stendardi sventolavano al sole. Ma dalla parte sbagliata. Il vento impediva la navigazione sulla Loira; i battelli di rifornimento avrebbero dovuto aspettare chissà quanto. E poi Giovanna, le sue parole, il suo sguardo che gelava il cuore ed euforizzava la mente... ed il vento era cambiato, repentino. Lo stendardo della pulzella disseminato di gigli sventolava candido in quel giorno pieno di sole... 

Ed ora lo stesso stendardo, che era stato  dinanzi a quello di tutti gli altri capitani durante la Consacrazione di Reims – anche dinanzi al suo, se è per questo – era gettato nel fango dai viscidi intrighi di corte di La Tremoïlle!
Un’altra coppa di vino rosso era scomparsa; la spada attaccata alla cintura militare era sul tavolo dinanzi a lui; che cosa gli ricordava? I pensieri cominciavano a farsi confusi. Sì, era la casa di Jacques Boucher, il tesoriere di Orléans assediata... tanto tempo prima. Si versò un’altra coppa e aguzzò i sui occhi taglienti oltre le imponenti grate della finestra. 

Parigi. L’unico spiraglio per un’azione militare era la Porta detta Saint–Honoré; un'opera sorvegliata da una moltitudine di armati tale che il Bastardo non avrebbe osato neppure avvicinarvisi, a non più di un tiro di balestra, almeno. Ma adesso che lui non c’era più, e che l’esercito reale era affidato a D’Alençon, il massimo che Giovanna potesse permettersi in fatto di strategia militare era il buonsenso un po' guascone e un po' incosciente di “La Hire”, soprannome che nemici ed amici avevano attribuito ad Étienne de Vignolles, quarant’anni, irrimediabilmente zoppo, senza un titolo di nobiltà che non fosse una lontana e insignificante baronia, ma di una ferocia combattiva impressionante. Dov’erano ora i bei giorni di Montargis? La Hire, praticamente solo sul campo di battaglia, seguito da  un pugno di combattenti, una sessantina dei suoi uomini migliori, era stato la punta di lancia che aveva scalzato il campo inglese: un soldato della sua compagnia era stato centrato in viso da una freccia che gli aveva trapassato il volto; si era strappato il dardo dalla guancia ed aveva continuato a combattere come se niente fosse.

Un’altra coppa di vino era stata svuotata. Non se n’era neanche accorto. Stava bevendo troppo, ma sentiva il buonumore rinascergli nelle vene insieme al vino che gli scorreva in corpo e che gli rinvigoriva le membra spazzando via dalla sua mente le nubi di tempesta che vedeva addensarsi sul futuro della Francia.
Si alzò di scatto; prese la spada e si assicurò la cintura militare alla vita, quindi chiamò un domestico che gli portò altro vino. Quando lo vide si ricordò che tra i suoi compiti c’era anche quello di pagare i servitori e i lavoranti, e che le casse erano vuote.
Ci avrebbe pensato più tardi.

Uscì al sole, il sole benedetto che inondava i campi sventagliando l’erba alta in lame di luce. Il cavallo prese un’andatura veloce. Le nuvole correvano alte, in cielo, bianchi brandelli. Aveva sempre amato il cielo.
Così allegro, così triste, in un’epoca in cui le foglie cadevano e rinascevano a testimoniare l’essenza della vita; aveva amato la vita e la gioia, quella profonda, che nasce dalla solitudine, aveva percorso le strade della sua patria, insanguinate e stanche, e si era domandato come potessero i fiori avere ancora il coraggio di nascere. Eppure, ogni primavera lo aveva sorpreso con i suoi colori sgargianti, trovandolo più adulto, forse più saggio.

Talvolta, le nuvole sembravano riunirsi in fiori e gigli, come nello stemma di Francia. 

Mentre il Bastardo cavalcava, Giovanna sanguinava copiosamente, trafitta da un verrettone di balestra ad una coscia, la sua forza sovrumana dinanzi alle mura inespugnabili di Parigi, ancora una volta risollevatasi, ancora una volta lo sguardo levato al Cielo. Eppure, ricordando il canto delle campane dentro di sé, le sembrava di udire una nota amica che aveva sempre stentato a comprendere appieno, che poco per volta assumeva le fattezze altere di un giovane a cavallo, dal blasone azzurro, ormai perduto, ormai un ricordo, ormai lontano. 

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