Capitolo 2

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«Bene, mettiti in posizione» mi ordinò. Io divaricai le gambe e mi misi perpendicolare al bersaglio, tenendo l'arma con la mano destra. «NO!» gridò. Io sussultai e abbassai la pistola. Lo guardai e lui si avvicinò. «Devi stare parallela al bersaglio, per imparare, okay?» mi disse. E nella sua voce non c'era rabbia, come mi ero immaginata, e questo mi soprese. Vedendo che non mi stavo muovendo di un millimetro, Josh sbuffò e mi si avvicinò di nuovo. Con un piede, mi spinse in avanti quello sinistro, rischiando di farmi cadere. Persi l'equilibrio, ma lui mi mise una mano sulla schiena, per sostenermi. Io lo guardai stupita, ma nel suo sguardo c'era solo una strana impazienza. «Ora, con entrambe le mani afferra la pistola» si mise accanto a me per mostrarmi come fare e sparò, colpendo il centro del bersaglio. «Non sapevo che fossi capace di sparare» gli dissi. Josh non mi degnò di uno sguardo e mi ordinò di sparare, mentre lui continuava ad allenarsi. Scossi la testa, presi la mira e premetti sul grilletto. La vernice colpì l'anello adiacente al centro, mancandolo di pochi centimetri. «Impressionante» ripeté Josh, e questa volta sembrava realmente impressionato. «Posso riprovare» affermai. Presi nuovamente la mira e sparai un nuovo colpo, che colpì il centro del bersaglio. Guardai Josh raggiante, ma lui stava sparando molti colpi uno di seguito all'altro. Lo imitai, e cominciai a sparare cinque colpi, ma solo tre colpirono il centro. Continuai così finché tutti e cinque non furono al centro. Josh ora mi stava guardando. «Meglio» affermò. «Posso provare a modo mio?» chiesi. Lui fece un passio indietro, ma continuò a fissarmi. Mi misi perpendicolare al bersaglio, presi la mira e premetti il grilletto. Il proiettile colorò il centro esatto del bersaglio. Sorrisi, fiera di me, e vidi Josh annuire ai margini del mio campo visivo. Mi voltai, ma lui si stava allontanando. Lo guardai uscire, e mi resi conto di essere rimasta sola, nella palestra. Uscii nel giardino, e vidi una sagoma scura, che riconobbi come Josh. Gli corsi dietro, gridando il suo nome, ma lui non si voltava. Aveva cominciato a scendere una pioggia leggera. Corsi dietro al ragazzo per qualche minuto, finché non lo raggiunsi. Lo presi per una spalla e lo costrinsi a voltarsi. «Cosa vuoi?» mi ringhiò contro. Io lo guardai con disapprovazione e gli tirai un pugno, poi mi allontanai, lasciandolo dolorante sotto la pioggia. Mi strinsi il giubbotto sul golfino, per non farlo bagnare, anche se ormai ero fradicia da capo a piedi. Corsi verso casa, ma scivolai più volte in alcune pozzanghere, bagnandomi più di quanto già fossi. Entrata in casa mi appoggiai alla porta con la schiena e mi lasciai scivolare giù, finché non mi sedetti sul pavimento. «Elisabeth» mi richiamò mio fratello con disapprovazione. Solo allora mi resi conto di aver lasciato una bella pozza d'acqua sul pavimento. «Pulisci tutto. Subito» mi ordinò. Io mi alzai sbuffando e presi un asciugamano. Non mi accorsi neanche delle lacrime che iniziarono a rigarmi le guance. Stavo piangendo per Josh, lo sapevo. Per come mi aveva trattata. Feci cadere l'asciugamano e lasciai che le lacrime scorressero. «Beth» Daisy era in piedi accanto alla porta della cucina, e mi osservava. Si avvicinò e si inginocchiò accanto a me. «Va tutto bene?» mi domandò. Io annuii e sorrisi, prendendole le mani. «Daisy, ti prego, resta per sempre così» le chiesi. Lei sorrise e io la strinsi in un abbraccio. Daisy si scostò un poco e la lasciai andare. Raccolsi l'asciugamano e lo lasciai accanto alla lavatrice, nella lavanderia. Salii in camera, ma Henry mi raggiunse sulle scale. «Possiamo parlare?» c'era una certa urgenza nella sua voce, che mi turbò. «D'accordo» gli feci strada verso camera mia e mi feci cadere sul letto. Lui si sedette accanto a me e iniziò a fissarmi. «Sei nel corso militare» mi disse senza alcuna esitazione. Io annuii e lui si voltò. «Solo questo? Non vuoi sapere altro?» domandai sorpresa. Lui non mi rispose ma si alzò e iniziò a girare per la stanza, stressato. Mi alzai anch'io e mi avvicinai a lui. «Che succede?» chiesi preoccupata. Henry si voltò verso di me, mi guardò per un secondo e mi strinse in un abbraccio. «Henry!» cercai di chiamarlo. Lui mi lasciò andare e sorrise. Sapeva che odiavo le dimostrazioni di affetto, e faceva di tutto per farmi i dispetti. Questa volta mi misi a ridere, e il sorriso di Henry si allargò. Io lanciai un rapido sguardo al mio quaderno, che a Henry non sfuggì. «Ti lascio sola» sussurrò. Mi strinse un attimo una mano, poi uscì e io restai sola, al centro della mia stanza. Mi lasciai cadere sul tappeto e restai seduta a fissare le assi del pavimento. Mi alzai poco dopo. Non avevo mangiato, eppure non avevo fame. Mi diressi verso l'armadio. Sapevo che il giorno dopo sarei dovuta tornare ad allenarmi, quindi decisi di preparare una borsa con alcuni indumenti più comodi e pratici. Andai a prendere una borsa e misi all'interno un paio di leggins, una canottiera nera e una maglietta. Dopodiché scesi a preparare la cena, e trovai Daisy di fronte ai fornelli, con una grossa pentola in mano. «Dammi qua, faccio io» le dissi sorridendo. Le presi la pentola dalle mani e la misi sotto l'acqua. «Cosa volevi fare?» le chiesi. «Voglio imparare a cucinare Beth!» mi disse mia sorella. Io le sorrisi e chiusi l'acqua, spostando la pentola sul fornello. «Dai, vai a prendere le uova» le chiesi e il suo volto si illuminò. Corse verso il frigorifero e prese otto uova. «Non sono un po' troppe?» domandai ridendo. Lei guardò le uova che aveva in mano e sorrise imbarazzata. Io alzai gli occhi al cielo e presi una ciotola. «Rompine uno qui dentro» le dissi indicando la ciotola con lo sguardo. Lei si fece avanti timorosa e ruppe l'uovo sul bordo della ciotola. Poi mi guardò e io misi una spolverata di sale e di pepe. «Ma... cosa stiamo facendo, esattamente?» chiese. «Le uova in camicia» risposi. Presi un cucchiaio e lo immersi nell'acqua, ruotandolo. Presi la ciotola con le uova e le versai dentro l'acqua. «Ma non si fanno uno per volta?» domandò Daisy. «Così è più veloce e tu e Carl siete obbligati a mangiarle» presi una padella e la misi sul fornello. Andai verso il frigorifero e presi un sacchetto. «Adesso vai pure, faccio da sola» le dissi. Lei non fece storie e si allontanò dalla cucina. Aprii il pacchetto e ne estrassi quattro fette di pancetta. Le misi sulla padella e iniziarono a sfrigolare. «Cos'è questo rumore?» chiese Henry entrando in cucina. «Pan...» gridò, ma io gli tappai la bocca prima che potesse finire. Lui mi lanciò un'occhiata e tornò da dove era venuto. Tolsi le uova dalla pentola e le misi su quattro piatti. Presi un coltello e un tagliere e iniziai a triturare la pancetta, per poi metterla sulle uova. «È pronto!» gridai dopo aver messo i piatti in tavola. Sentii i passi di Carl e Daisy mentre di precipitavano in cucina. L'ultimo ad entrare fu Henry, che si sedette con calma al suo posto. «Cosa dovrebbe essere?» chiese Carl guardando con disgusto il suo piatto. «Sono uova, Carl. Con la pancetta» aggiunsi con un mezzo sorriso. Carl e Daisy si scambiarono un'occhiata e iniziarono a mangiare di gusto. Finimmo di mangiare e incaricai Henry di preparare la lavastoviglie. Io corsi di sopra, dove presi un flacone di shampoo e lo misi nella borsa per il giorno dopo. A un tratto sentii dei colpi alla porta della mia camera. Chiusi la borsa e andai ad aprire. «Alexandra» dissi sorpresa. «Posso entrare?» mi chiese guardando camera mia. Io la lasciai entrare e mi sedetti sul pavimento lasciandole libera la sedia. «Dimmi tutto» cercai di sembrare entusiasta della sua visita, mentre lei sembrava preoccupata. «Dov'eri oggi? Tue Josh non tornavate più!» sbottò. Era veramente preoccupata. «Eravamo al corso. Anzi, potresti dirmi cosa mi sono persa?» le chiesi. «Ah certo» si ricordò. Estrasse un quaderno dal suo zaino e me lo porse. «Questo è tutto quello che è successo, restituiscimelo pure con calma» sorrise. Almeno cercava di essere felice. «Che succede?» le domandai. Lei alzò gli occhi e notai che erano bagnati dalle lacrime. «Alex...» cominciai, ma lei iniziò a piangere, un pianto silenzioso. Io le misi una mano sulla spalla. «Scusa» mi disse. «Alexandra, che succede?» le domandai di nuovo. «Alex» mi corresse. Io la guardai aspettando una risposta. Lei si alzò dalla sedia e si sedette sul tappeto accanto a me. «Va tutto bene, davvero» mi rassicurò. «Alex, cos'hai?» le chiesi di nuovo. «Niente» rispose lei nuovamente. Si alzò, si asciugò gli occhi, e si sforzò di sorridere, senza successo. «Ci vediamo domani, a scuola» poi se ne andò. Io rimasi sola, nella mia stanza, a riflettere su quello che era appena successo. L'unico pensiero che mi consolava, anche se non ne conoscevo perfettamente il motivo, era che il giorno dopo sarei tornata agli allenamenti. Quella sera, andai a dormire senza cena, e mi addormentai subito. Sognai David. Era agitato, addirittura terrorizzato, da qualcosa che non riuscivo ad intuire. Mi chiamava, dicendomi di seguirlo. Poi sentii la voce di Josh. Non sapevo il motivo, ma ero attratta da quella voce, come se fosse l'unica cosa che volevo udire. La seguii, e vidi Josh in mezzo a molti soldati, che mi invitava ad unirmi a loro. Io non riuscivo a capire, ma la sua presenza mi attirava, e alla fine lo raggiunsi, e lui mi porse un'arma. Sentii un grido, e mi svegliai di soprassalto.

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