8th

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Caro Ian,
sai, ora sono io. Ogni singola traccia della Veronica Leto che c'era al mio posto appena mi avevi lasciata è sparita, uscita dalla bocca quando io e Connor abbiamo urlato, dal punto più alto di Machu Picchu. Tutte le parole che non abbiamo detto, tutte le cose che non abbiamo avuto il coraggio di fare, tutta l'energia che abbiamo risparmiato in un passato, recente o no.
Con mi teneva la mano, mentre respirava profondamente, eccitato.
"Quindi, ci siamo?" ha domandato, felice. Ho annuito, per poi prendere un ultimo grande respiro.
"Al 3, okay? 1...2...3". Ha stretto la dita alle mie, e abbiamo gridato, con un sorriso sulle labbra che nessuno dei due riusciva a mascherare. Tutti gli altri ci hanno guardato malissimo, ma alcune ragazze ci hanno riconosciuti, e quando ci siamo ritrovati nuovi, sono venute a parlare con noi, hanno fatto una foto, e se ne sono andate felici.
Dopo, io e Con ci siamo seduti, e abbiamo cominciato a parlare, senza mai fermarci.

Io mi ricordo, Ian, come mi guardavi mentre studiavo. Io con quella coda legata male, mille ciuffi davanti agli occhi e qualche ciocca lasciata sciolta. Io con gli occhiali, una matita dietro l'orecchio e delle fotocopie in mano.
Ogni tanto mi prendevi una penna dall'astuccio, e mi scrivevi una frase di una canzone sul polso, oppure mi toglievi gli occhiali dagli occhi, e facevi finta di essere me.
Mi ricordo come mi guardavi quando ripetevo tutto il libro prima di un esame, nell'ansia più completa. Ogni tanto alzavi gli occhi annoiato, poi riprendevi a scarabocchiare qualche disegno su un foglio con i miei appunti.
Varie volte, mentre mi sfogavo per tutta l'ansia che accumulavo prima e dopo l'esame, tu mi baciavi, perché per sfogarmi io parlo, forse troppo, e tu non ce la facevi a seguire tutto.

Mi ricordo, come mi sentivo sia offesa dal tuo comportamento, ma sia fortunata, perché tu stavi là, e non te ne andavi finché non avevo finito, e non perché io ti costringevo a restare.
Pensavo che quella fosse una rappresentazione del tuo amore.

Pensavo.

Non sei l'unico che mi ha vista studiare. E Connor, una delle tante persone, mi ha sempre aiutata, più di quanto tu non lo abbia mai fatto. Lui prendeva il libro in mano, e mi faceva delle domande. Alle mie risposte dirette, lui chiedeva delle spiegazioni più dettagliate, così che facessi capire anche a lui —che di filosofia antica non sapeva niente— di cosa stessi parlando.

È questo che tentavo di dirti ogni volta, Ian.
La differenza tra un uomo e un semplice essere vivere è la sua capacità di andare a fondo nelle cose, di capire quello che gli sta attorno, e trovare un qualsiasi legame, anche fragile o insignificante che lo aiuti a vivere bene, oppure vivere meglio.
È questa, a mio parere, la differenza abissale tra te e Connor, o tra te e me.
Tu sembri solo un passeggero passivo della vita, che guarda le cose belle da dentro un finestrino e non fa domande. Dall'altra parte, ci sono io, che spiaccico il naso sul vetro, e prego la guida di parlarmi di più di quello che vedo, che sia bello o brutto. Io sono quel tipo di turista rompi coglioni che fa domande su tutto, precise e scrupolose, che a volte mandano in confusione una guida.

Tu, invece, sei il turista menefreghista che se ne sta in disparte a masticare rumorosamente una chewing-gum, annoiato da quello che vede, e che vorrebbe tirare un colpo in testa al turista curioso.

Tra noi due, ora me ne sono resa conto, c'è quell'abisso che divide i due opposti.
Io non riesco a non godermi la vita. Tu, al contrario, pensi che sia solo uno spreco di tempo.
All'inizio sembravi come me: pieno di curiosità, deciso a trovare una via diretta alla felicità, anche se questa comprendeva il percorso più difficile.
Lo sembravi, è vero, da come mi stringevi la mano mentre camminavamo in giro per Chicago, cercando varie risposte alla domanda :"cos'è la felicità?".
Un cliché assurdo, ma questo è quello che io penso sia lo scopo della vita.

È questo quello che io penso sia lo scopo di questo viaggio, per la sua maggior parte solitario.

La vecchia me ti avrebbe già ricoperto di insulti, a questo punto, oppure ti avrebbe già stilato una lunga lista di difetti, evidenziati anche dal confronto con Connor.
Ma mi limito a dirti una sola cosa, perché non sto scrivendo questo per dirti tutte le parole che non ti ho detto.

Un uomo, a differenza tua, parla con gli altri.
E quello che tu, un giorno, hai definito "frocio di merda", è più uomo di quanto tu non lo sarai mai.

Svegliati, Ian, che questa vita ti è stata data per qualcosa.
dal Perù con furore,
ROnnie.

___[N/A]___
potrei, come non potrei,
aver perso il filo del discorso,
mentre scrivevo.
quindi BOH, VAI DOVE TI PORTA LA VODKA.
commentate?
(e non questa nota del cavolo?)
ro.

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