Capitolo 3

25 3 0
                                    

Aprii la porta di casa, ed Henry era lì ad aspettarmi, come da copione, e sbiancò vedendo entrare Josh con me. «E lui chi è?» chiese, visibilmente furioso. «La soluzione ai miei problemi» mormorai. Presi Josh per un braccio e lo trascinai in camera mia, chiusi la porta e mi sedetti sul letto. «Ok adesso raccontami tutto» dissi. «Da dove comincio...» mormorò. «Dal principio» dissi, tenendo lo sguardo sul pavimento, per poi alzarlo al suo volto. «Il principio. Te l'ho detto, la capacità del 100%, gli esperimenti, non c'è altro da dire» disse. «E i nostri genitori? Come hanno fatto a morire? Avevano anche loro la possibilità di utilizzare tutte le loro capacità? Loro... loro perché non si sono salvati? Se erano così bravi, come mai sono morti?» avevo iniziato a gridare, e mi scese una lacrima. «Beth» mi chiamò Josh dolcemente. «Ciò che hanno fatto per noi è incredibile. Hanno fatto degli esperimenti su di noi, siamo dei prototipi, per così dire. E molte volte, durante questi esperimenti, qualcosa va storto» sussurrò l'ultima parte. Chinò la testa, e fece un paio di respiri profondi. «Josh» lo chiamai. «Josh» ripetei, ma lui non reagiva. Mi avvicinai a lui, inginocchiandomi accanto alla mia sedia. «Cosa succede?» domandai. Lui non rispose. Iniziavo a preoccuparmi. «Josh, davvero» dissi, alzando la voce. «Josh Moore, adesso mi dici cosa ti succede» ordinai alzandomi in piedi. Anche lui si alzò. «Vuoi sapere cosa succede?» chiese. «Anche i miei genitori hanno fatto esperimenti su di noi, e la sai una cosa? Non sono stati gli unici ad abbandonarmi! Erano tutti in quel laboratorio, quel giorno, ma un incidente fece esplodere tutto, ecco cosa succede!» gridò. Ero terrorizzata. Josh era furioso. Ricacciai indietro le lacrime e mi avvicinai a lui. Cercai di abbracciarlo, ma lui uscì dalla mia stanza. Non tentai neanche di seguirlo, ma lo vidi andarsene, allontanandosi nella sera. Riflettei un po' sulle sue parole, poi mi sdraiai sul letto.

La notte sembrava non passare mai, tra incubi e grida. Ma nessuno si svegliò, sentendomi strillare. Josh era sempre presente, in quel buio. E un paio di volte, David era con lui. Mi svegliai di soprassalto, dopo l'immagine fugace di Josh che mi sorrideva, con le mani insanguinate. Avevo i capelli attaccati al viso, probabilmente per colpa delle lacrime, dal momento che anche il cuscino era bagnato. Andai in bagno, e mi sciacquai il volto con l'acqua, decisa a non far notare ciò che era successo quella notte, anche se dubitavo di poterci riuscire, con tutte le grida. Come tutti i giorni, uscii prima che i miei fratelli si svegliassero. Ero vicina a scuola, quando vidi una ragazzina venire verso di me. Riconobbi Daisy. «Che ci fai qui?» la rimproverai. Mi si avvicinò, senza dire niente, e mi abbracciò. «Va meglio?» chiese. «Cosa...? Oh, stanotte» intuii. «Tranquilla, solo un brutto sogno» le dissi, cercando di sembrare convincente. «Beth, hai gridato molto» abbassò la voce. «Sei sicura di star bene? Se vuoi parlare...» la interruppi. «Stai tranquilla, sto bene, davvero» le dissi, poi mi allontanai. Mentre mi allontanavo, avevo l'immagine di Daisy impressa nella mente. Aveva il vento contro, e i capelli che le andavo andavano di fronte al viso. Gli occhi velati di lacrime di mia sorella mi fecero rabbrividire. Detestavo quando piangeva. Mi convinsi che non era a causa mia ed entrai a scuola. «Cosa le hai detto?» mi chiese Josh in un sussurro. Era apparso così all'improvviso che mi spaventai. «Non le ho detto niente» mi voltai e sostenni il suo sguardo, ma lo abbassai subito dopo, per paura di sorridere alla vista dei suoi occhi. «D'accordo» mi superò in un attimo e se ne andò. Lo seguii. Probabilmente se ne accorse, perché accelerò il passo, ma lo feci anch'io. Entrò a scuola, poi nella nostra classe. Esitai un attimo prima di entrare, poi aprii la porta, e vidi Josh seduto sul primo banco, ad aspettarmi. «Beh? Perché mi segui?» chiese, visibilmente scocciato. «Perché non ti comprendo. Come mai prima sei amichevole, mi aiuti e fai tutto ciò che voglio, e ora mi parli due secondi e poi te ne vai?» gli dissi tutto. O quasi. Non gli dissi che lo avevo già visto, da qualche parte, perché probabilmente mi avrebbe preso per una pazza. «Io aiuto solamente le persone che ne hanno bisogno» si alzò, e mi si avvicinò. Dovetti alzare un pochino lo sguardo per poterlo guardare negli occhi. Non era molto più alto di me, ma uno di fronte all'altra, mi sentivo minuscola. «E tu non hai bisogno del mio aiuto» concluse. Fece per andarsene di nuovo, ma lo fermai, mettendomi di fronte alla porta. «E se lo volessi, il tuo aiuto? Troverò qualcosa su cui farmi aiutare. Ecco, mi devi spiegare meglio le cose su di noi, e...» mi pentii subito di ciò che avevo detto. Ricordavo fin troppo bene l'ultima volta in cui aveva provato a spiegarmi quelle cose, sembrava come impazzito. «E?» sembrava impossibile che volesse sapere ciò a cui stavo pensando. «E volevo sapere alcune cose su di te» ammisi. «Su di me?» rise. «Non c'è niente da sapere, su di me» abbassò la voce, per non farsi sentire, nemmeno da me. «Ehi, devi dirmelo!» richiamai la sua attenzione. Lui alzò solamente gli occhi. «Elisabeth, non è facile da spiegare, okay? Se solo potessi capire» si voltò, e si mise accanto alla finestra. «Posso provarci» sussurrai, poi mi avvicinai di nuovo a lui. «Non ci riusciresti» ero molto sorpresa. «Come hai fatto a...?» iniziai. «Sentirti?» mi precedette. Annuii. «È di questo che ti parlavo, sai, di noi e tutto il resto» spiegò. «Oh» mi limitai a dire. «Dove ti ho già conosciuto?» chiesi finalmente, lasciando libero sfogo alla mia curiosità. Vidi Josh indurirsi per un attimo, per poi tornare a sorridere. «In un'altra vita, forse» sussurrò misterioso. Mi prese una mano e mi fece fare una giravolta nel mezzo dell'aula. «O forse» sussurrò accanto al mio orecchio «sono il protagonista dei tuoi sogni» arrossii. «Giusto?» si allontanò, ma si mise di fronte a me, ad osservarmi. «Ora sei tu a voler sapere qualcosa di me?» indovinai, e lui confermò con un sorriso. «Cosa ti posso dire...?». «Prova con il principio» disse, citando le mie parole. «Beh, non c'è niente, al principio, o almeno credo» alzai lo sguardo. «Tutto qui? Non ci credo neanche per un momento» si mise a ridere, e in quel momento suonò la campanella, mentre tutti gli altri studenti entravano in classe. Mi sedetti al mio posto, ma non smisi di guardare Josh neanche per un secondo. Al suono della campanella che segnava la fine della lezione, non avevo idea nemmeno di quale fosse la lezione appena terminata. «Ehi, pianeta Terra chiama Elisabeth!» mi richiamò Alex. «Cosa?» chiesi. «È un'ora che continui a fissare un misterioso qualcuno nelle prime file» disse. «Io? No, non è niente» conclusi il discorso. Alex alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla. Attesi. E attesi. Finalmente suonò la campanella dell'intervallo, e corsi al banco di Josh, lo presi per un braccio e lo trascinai fuori dall'aula. «Cosa stavi dicendo?» gli chiesi. Lui sbuffò, ma sorrise. «Stavo per dire che sei molto asfissiante, Elisabeth» disse. «Fermo. Tre cose non devi fare: non chiamarmi Elisabeth, non chiamarmi Bettie, e soprattutto, non chiamarmi principessa» gli ordinai. «D'accordo» sorrise. «Principessa» aggiunse. Alzai gli occhi al cielo e sorrisi. Nonostante tutto mi piaceva il modo in cui lo diceva. «Tu cosa stavi dicendo?» domandò lui. Stavo per rispondere, quando David comparve all'improvviso. «Ragazzi... oh, vi ho interrotti?» chiese. «No, tranquillo, cosa c'è?» rispose Josh, senza darmi la possibilità di ribattere. «Le lezioni sono sospese, dobbiamo andare subito in palestra» disse, poi si allontanò. Volevo chiedere a Josh di cosa avesse parlato David, ma non lo feci. Il suo volto era una maschera di terrore. Terrore puro. «Josh...?» anch'io ero spaventata. Lui era sempre impassibile, se una cosa lo turbava, allora c'era da preoccuparsi. Mi guardò per un secondo, poi mi prese per mano e iniziò a correre. Cercavo di fermarlo, ma era tutto inutile. Si fermò soltanto dopo essere uscito dall'edificio, ed essersi avvicinato a una finestra, per poter ascoltare ciò che veniva detto in palestra. «Vieni» mi sussurrò, e mi avvicinai anch'io alla finestra, leggermente socchiusa. «Benvenuti a tutti» disse una voce che non riuscivo a riconoscere. «Vi abbiamo convocati per parlarvi di un gruppo di vostri coetanei, vostri compagni di classe. Potete benissimo riconoscerli, perché sono coloro che dopo la scuola frequentano il corso militare» udii un mormorio generale, e sentii Josh irrigidirsi accanto a me. Un attimo dopo, sentii la porta aprirsi, mentre le parole del misterioso visitatore riecheggiavano in ogni corridoio. «Sono pericolosi, stanno cercando di controllarvi! Quel corso li ha resi più forti di voi, vogliono sopraffarvi!» gridava. Tutti gli studenti furono fuori in un attimo. «Ci stanno cercando» sussurrai, e Josh annuì. «Dobbiamo andarcene» annunciai. «Non ancora, seguimi» lui si rimise a correre, e stavolta lo seguii. Andava dritto nel deposito armi. «Cosa ci facciamo qui?» chiesi. «Non vorrai andartene senza un paio di queste, vero?» mi lanciò un paio di pistole, e le infilai nella cintura. «Sono cariche?» gli chiesi, prendendo una borsa e iniziando a raccogliere tutte le armi possibili. «Sì» rispose, facendo anche lui la stessa cosa. «Hai preso il più possibile?» mi chiese. Annuii. «Allora dobbiamo andare a casa tua, veloce!» ordinò, e iniziammo a correre, verso casa mia. Non appena entrata, sapevo già cosa fare. Lasciai cadere la borsa con le armi e corsi in camera mia, dove preparai meglio che potevo il maggior numero di vestiti che riuscivo a trovare. Li misi in un'altra borsa, e scesi di nuovo. «Tocca a te» dissi. «Ho già tutto pronto, da tempo, andiamo» aprì la porta, ma quello che ci aspettava, non poteva immaginarlo nessuno di noi due. Una folla di ragazzi ci aspettava appena fuori da casa mia, intenta a trovarci. Vidi Josh mettere una mano sull'arma, ma lo fermai. Tornai dentro casa, e lui mi seguì. Andammo verso la porta sul retro, e uscimmo da lì. Fortunatamente non c'era nessuno ad aspettarci, ma non ci avrebbero messo molto a trovarci. «Dove stiamo andando?» chiesi mentre correvamo. «Te lo spiegherò, ora seguimi e basta» rispose lui. Non so per quanto corremmo. L'unica cosa che ricordo, prima di perdere completamente le forze, è che vidi un capannone nero, poco più grande del normale, e Josh che mi diceva che eravamo arrivati, e al sicuro. Poi, allo stremo delle forze, crollai.

WarriorsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora