Capitolo 13

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 13.


L'orgoglio, a volte, è proprio un gran brutto difetto.

Non appena Alec venne a sapere che avremmo proseguito il viaggio in auto, andò su tutte le furie.

Brontolò per più di un'ora, asserendo che era tutta una scusa per non ammettere che la sua ferita li avrebbe rallentati, e che lo facevamo solo per non fargli pesare la sua attuale condizione di degente.

Duncan, deputato a fargli passare quell'attacco di rabbia, rimase con lui tutto il tempo, sicuramente il più adatto tra noi a sopportarne i rimbrotti.

Tra uomini, ci si capiva.

Inoltre, lui aveva già provato quella sensazione quando, l'anno precedente, ci eravamo ritrovati a fuggire per i boschi, impossibilitati a muoverci agevolmente per via della sua ferita.

Se avessimo avuto la possibilità di contare su un'auto, l'avremmo sicuramente usata.

O almeno, era questo che speravo Duncan stesse dicendo in quel momento ad Alec.

Per evitare problemi, comunque, io ed Erin ci eravamo rifugiate su una delle balconate della villa e, in quel momento, ci stavamo godendo il panorama da favola che offriva il fiordo.

Era quasi impensabile credere che stessimo rischiando di iniziare una guerra, ma tant'era.

Sdraiata su uno dei comodi lettini prendisole che la villa offriva ai suoi abitanti, Erin se ne stava a braccia conserte sotto i seni, l'aria abbastanza tranquilla e rilassata.

Aveva appena finito di parlare al telefono con Penny, ricevendo conferme sulla sua buona salute, ma si era ben guardata dal dirle che Alec era rimasto ferito per proteggere lei.

Questo avrebbe mandato in frantumi le certezze della figlia, ed Erin non voleva che lei si preoccupasse per Alec.

Seduta al suo fianco con un buon cocktail alla frutta tra le mani – eh, sì, in cucina preparavano anche i cocktail – la scrutai in silenzio per diversi minuti quando Erin, di colpo, mi disse: "Alec mi ha detto che gli hai raccontato di Sam."

"Scusa... ma mi sembrava l'unico modo per farlo calmare un po'. Era incavolato con te per motivi assurdi" ammisi senza problemi, sorseggiando la mia bevanda ghiacciata.

Il sole stava iniziando a reclinare sul nostro terzo giorno di soggiorno a Skjolden e, alle prime luci dell'alba del giorno seguente, saremmo ripartiti.

"Nah, figurati. Nel mio branco, lo sanno tutti. Solo Penny non conosce la verità, ma questa è una cosa che, al momento, non la deve toccare. E anche se fosse, Marcus rimane il suo papà, pur se non ha il suo sangue nelle vene" scrollò le spalle Erin, sorridendomi.

"Come va, comunque? Tra te e Alec, intendo. Va un po' meglio?" mi informai, giocherellando con la fetta d'arancia appesa al pesante bicchiere di vetro colorato che tenevo in mano.

"Non ci uccideremo a vicenda, se è questo che temi" ridacchiò lei, scostando dietro un orecchio una ciocca dei fulvi capelli. "Mi ha detto che, se voglio fare fuori Samuel, ci può pensare lui. Per Penny."

Risi sommessamente, trovando quella frase molto da Alec. Lui era solito risolvere le cose in modo definitivo.

Più seriamente, aggiunse: "Mi ha detto di suo padre... di quel che ha fatto a lui e Pat."

Questo mi sconvolse.

Non avevo idea che Alec avesse trovato la forza per mettere a parole quell'incubo tremendo e, soprattutto, che avesse deciso di confidarsi proprio con Erin.

All'ombra dell'eclissi - Trilogia Werewolves Volume 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora