La Macchina Del Tempo

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C'è un limite a tutto.
Ed il mio era stato già da lungo tempo valicato , nonostante fosse stato tarato ad altissimi livelli di sopportazione. Credevo che l'albero del tempo avesse dato i suoi frutti, sistemando naturalmente la situazione. Ma ciò non era avvenuto. Se la speranza è ultima a morire , la mia era sotterrata da lungo tempo. Forse non me ne ero reso ancora conto, ma bisognava a tutti i costi disotterrare l' ascia di guerra.
Aveva avuto la sua grande occasione per dimostrare il valore umano e sociale.
Aveva avuto l'appoggio di tutti. Giornali, social network , tv e radio. E poi anche segreti poteri forti e massoneria. Tutti dalla sua parte. Tutti pronti a cavalcare il nuovo che giungeva. Tutti in fila per saltare sul carro del vincitore.
Peccato che avesse fallito.
Ora toccava a me. E fu per questo motivo che aprii la porta della macchina del tempo parcheggiata nel mio box privato.
Bella e luccicante. Sembrava una Lamborghini appena sfornata.
Mi sedetti sul sedile del guidatore. Era foderato di pelle chiara e morbida al tatto. Allacciai le cinture color rosso porpora. Di fronte a me, sul pianale dell'auto ,era appoggiato il display di un mini computer.
Digitati un luogo ed una data
Firenze. 10 aprile1974.
Il viaggio cominciò

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L'arrivo fu devastante.
Venni catapultato in un tunnel temporale da mille colori. Sembrava che stessi viaggiando all'interno di un enorme arcobaleno all' incredibile velocità di mach 6. Una successiva forte centrifuga mi fece salire lo stomaco in bocca.
Alla fine sentii l'auto che planava su strada. Quando toccai il manto stradale con le ruote anteriori , iniziarono a stridere così forte da spaccare i miei timpani, già messi a dura prova dal folle viaggio. Dopo un paio di brusche sterzate e un secco testacoda, l'auto si bloccò. Aprii la portiera del conducente con il braccio sinistro ancora tremolante e scosso. Uscii lentamente dall' abitacolo, cercando di dare una sistemata ai miei pensieri, stravolti da quel viaggio centrifugato. Anche le articolazioni rispondevano ancora fortunatamente ai messaggi del cervello. Mi guardai intorno. Una nube di fumo avvolgeva l'auto, come se fosse appena uscita da un terribile rogo . Attesi qualche minuto e poco dopo la parcheggiai dietro un alta siepe posta in fondo alla strada.
Voltai il viso in direzione Nord, da dove ero giunto. Era notte fonda e nonostante l'aria non fosse così secca, in lontananza scorsi la sagoma dell' alta facciata di una chiesa.
Santa Maria Novella.

Era davvero a Firenze.

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Poche ore e giunse il giorno. Non Ricordavo molto di quel epoca. A quei tempi avevo solo dieci anni ed miei sogni parlavano di calcio e della fortuna che portava con sé. Il traffico era scorrevole. La città, come forse tutta l'Italia, era invasa dalla nuova industria automobilistica italiana. La Fiat.
Cinquecento, seicento , otto e cinquanta, 124, 127 e per finire lo strabiliante Dino Ferrari. Ce n'erano per tutti i gusti e per tutte le tasche. Finalmente l'Italia aveva lasciato l'agricoltura per alimentare l'industria meccanica. Una nuovo paese si affacciava al mondo .
Il tempo però stringeva il suo cappio intorno al mio collo. Dovevo sbrigarmi. La fretta non è mai di buon auspicio, ma in questo caso dovevo rischiare.
La data che avevo impostato era anteriore all'evento che intendevo sabotare. Mi misi quindi subito alla ricerca di quell'indirizzo . Entrai con l'occasione in una classica cabina telefonica della Sip. Il telefono a gettoni posto di fronte a me mi fece sorridere. Che stravolgente trasformazione stava per avvenire nelle comunicazioni da qui a 20 anni. Una metamorfosi digitale che avrebbe cambiato il mondo per sempre.
Lascia stare i miei pensieri ed andai oltre. Sotto il telefono erano posti su un pianale di legno due enormi tomi .
Gli elenchi telefonici. Uno dalla A alla M e l'altro dalla N alla Z. Sotto di essi tirai fuori un ulteriore libricino sgualcito .
Il Tuttocitta di Firenze.
Lo aprii e cercai la mia destinazione.
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Camminare in questa città è come viaggiare ad occhi aperti nel cuore della storia e della cultura italiana. Che siano gli anni settanta, ottanta o novanta non fa differenza. È la culla della nostra identità nazionale. E tale rimarrà ancora per molto tempo. Passata la facciata di Santa Maria Novelli percorsi un paio di vicoli stretti e poco luminosi. . Era una rigida mattina primaverile. L'inverno ancora non aveva intenzione di passare il testimone alla nuova stagione in arrivo. Che buffo l'abbigliamento in quegli anni. Capelloni di tutte le lunghezza possibili, con jeans attillati a zampa di elefante. L'era dei sessantottini ancora permaneva nella società civile. Per le vie del centro incrociavo gli sguardi di questi uomini che fissavano il mio abbigliamento per loro del tutto anticonformista.
Una 124-Sport a tutto gas mi sfiorò di un pelo mentre all'interno dell'auto quattro bischeri fiorentini cantavano a squarciagola Born to be alive di Patrick Hernandez. Che musica ragazzi. Che ritmo sobrio ed incantevole. Mi piaceva quel tempo , ma del mio a disposizione ne era rimasto davvero poco.
Completamente invaso dalla bellezza di quel periodo non mi accorsi di aver transitato Ponte Vecchio, i rigogliosi giardini di Boboli , essendo infine giunto distrattamente davanti a una delle entrate più importanti della città.
Porta Romana.
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Via Ugo Foscolo non è mai stata considerata una strada di gran classe e di lusso nel 2016, figuriamoci nel 1975. Ma a me poco importava. La giornata si era un po' riscaldata. Il raggi solari di aprile cominciavano a dare i loro effetti benefici . A differenza di oggi notai una cosa abbastanza singolare. Alzando gli occhi al cielo non di sentiva e non si intravedeva quasi mai la sagoma di un aeroplano. Come se nel 75 Firenze non fosse su nessuna rotta dei voli di quell' epoca. La verità era che si volava poco e quei pochi che se lo potevano permettere erano davvero ricchi. Abbassai lo sguardo e continuai il mio cammino. Ero quasi arrivato ed un leggero stato di agitazione e di ansia si stava impadronendo di me. La famiglia che cercavo era naturalmente all'oscuro del mio progetto. Come avrebbero potuto prevenire un atto del genere. Io ero pienamente consapevole solo di una cosa. Qualcuno doveva fare qualcosa. Qualcuno doveva prendersi la responsabilità di eseguirlo al più presto. La nazione intera lo avrebbe ringraziato ed osannato. Il 32 di via Foscolo era una struttura alta 5 piani, con una facciata di marmo bianco e piccoli balconcini panoramici che affacciavano sulla campagna toscana. Il portone, in vetro e ferro battuto dava un senso di protezione e sicurezza. Un vecchio citofono in alluminio segnalava le circa 30 famiglie che ci dimoravano. Con l'indice della mano destra scorsi la lista. Quando incontrai il cognome che cercavo il mio corpo ebbe un sussulto.
Dovevo entrare in quell' appartamento.
La avrei fatto la notte successiva.
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Entrare in un palazzo senza chiavi e senza l' ausilio di un portiere non è stato mai facile. A volte però la gente si comporta in modo del tutto incomprensibile ed inusuale . Come quando, per esempio, pigiando due o tre tasti a caso del citofono, dopo aver ricevuto un paio di chi è, un terzo ti apre il portone senza alcuna motivazione. Ed è ciò che accadde a me. Si chiama fiducia nel prossimo. Era circa la mezzanotte e l'atrio dello stabile era del tutto privo di qualsiasi essere umano. Sulla sinistra , un esiguo locale rappresentava, con una targa in ottone, la portineria. Un certo signor Fernando era disponibile dalle 8 alle 17 di tutti i giorni ad eccezione della domenica. La oltrepassai e puntai dritto verso le cassette postali dei condomini. Attraverso il cognome ed il rispettivo numero interno assegnato, avrei facilmente raggiunto l'appartamento che intendevo scassinare. Nell'aria aleggiava un odore stantio di chiuso e di umido. Le poche luci accese creavano varchi di ombre perfetti per i miei loschi movimenti .
Con una occhiata fugace alla casetta delle poste, capii immediatamente a che piano dovevo dirigermi. Presi le scale e cominciai a salire. I passi sui gradini echeggiavano nella tromba delle scale come se stessi salendo l' interno di una grotta inesplorata. Dietro di me sentii un click del portone che si apriva. Qualcuno era entrato e si dirigeva verso le scale. Dovevo affrettarmi. Sentivo i passi avvicinarsi man mano. Cominciai a salire i gradini a due alla volta. Il ticchettio delle scarpe dello sconosciuto continuava ad avvicinarsi. È inutile descrivere l'ansia ed il panico di quell' istante. Raggiunto il piano che desideravo, intravidi la porta dell'appartamento. Misi le mani in tasca e tirai fuori il mio passe-partout con il quale cominciai a forzare la serratura. Provai e riprovai. Niente. Non ne voleva sapere di aprirsi. Lo sconosciuto intanto si avvicinava sempre di più. Proprio mentre raggiungeva il pianerottolo, con il cuore che mi pulsava in gola, la porta si aprì ed io mi scaraventai al suo interno veloce come un fulmine. La chiusi dietro di me e mi bloccai , immobile come una statua di cera. Ero all'interno del mio obiettivo, nella data del mio obiettivo, ad un passo dal mio obiettivo. Non potevo fallire. Presi un lungo respiro e cominciai ad intraprendere i primi passi nell'oscurità.
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Dai mei calcoli sapevo con certezza matematica che sarebbe successo quella notte. Esattamente nove mesi dopo sarebbe nato il contestatissimo premier italiano del 2016. Matteo Renzi. Dovevo fermare quell'assurdo atto sessuale che avrebbe generato quel mostro politico , metà Andreotti e metà Craxi. La casa era priva di qualsiasi suono. Dovevo trovare la camera da letto dei giovani coniugi Renzi. Con passo felpato e felino passai il salone. Ormai era oltrepassata la mezzanotte e nello stabile tutti dormivano sereni tra le braccia di Morfeo, inconsapevoli del mostro che stavano per generare in uno di quei appartamenti. Avevo portato una mini torcia che direzionavo avanti a me per farmi strada in quel buio labirinto. Trovai un paio di porte chiuse ed origliando eventuali suoni, non sentii nulla. Ero un po' scoraggiato e stanco. Forse avevo sbagliato dimora. Forse avevano cambiato residenza negli ultimi giorni a mia insaputa. Sta di fatto che stavo per abbandonare il progetto quando vidi in fondo al corridoio una ultima porta. Dal sottile spazio che la separava dal pavimento si intravedeva uno spiraglio di luce. Mi accostati ad essa. Al suo interno di sentivano ora forti gemiti . La coppia stava compiendo il proprio futuro disegno familiare.
Aprii leggermente la porta e misi metà testa all'interno dello stipite. La coppia era aggrovigliata tra candide lenzuola bianche. Sembrava un morbido incontro di lotta greco-romana. Pochi secondi prima che raggiungessero la fine dell' amplesso dissi a volte alta.
Questo non deve avvenire!!!!!!
I coniugi di fermarono all'istante, mentre lui mi fissava sbalordito , lei cominciò ad urlare con tutto il fiato a disposizione. Sembrava la sirena di un allarme anti intrusione.
Non c'era altro da fare.
Mi voltai e me la diedi a gambe lunghe.
Il seme della procreazione di quello obbrobrio che sarebbe giunto era stato fermato.
La storia era stata cambiata.
La macchina del tempo mi attendeva dietro a quella siepe pronta per riportarmi avanti nel mio tempo.
Il 2016 mi attendeva ora con qualche novità.
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Missione compiuta
Questo era il termine esatto.
Il 2016 mi accolse con una giornata radiosa. Faceva abbastanza caldo, soprattutto dopo aver riattraversato il tunnel spazio-temporale il mio corpo emanava un calore disumano.
Quando scesi dell'automobile ero un bagno di sudore. Attraversare il tempo , andata e ritorno, in poche ore , svilupppa un jet-lag difficile da dimenticare.
Ero scosso come un bimbo appena nato ed ora il mio unico desiderio era quello di poggiare il capo su un morbido cuscino di piume di oca ed addormentarmi.
Ed è ciò che cercai di fare Non appena misi il piede per terra.
Ero di nuovo nel box. L'auto ancora traballava tutta dall'impegnativo viaggio.
Salii le scale interne che mi portarono al piano notte dove, dopo un rilassante bagno caldo con profumatissimi infusi orientali, mi coricai sul letto, completamente sfinito.
Era stato fatto un gran lavoro.
Adesso pretendevo la mia ricompensa.
Presi lo smartphone tra le mani, aprii la pagina di Google e digitai Matteo Renzi Premier.
Dopo un milionesimo di secondo il motore di ricerca mi diede una numerosa lista di Matteo Renzi, nessuno dei quali era il Presidente del Consiglio .
Emisi un forte urlo di gioia.
Tutto era andato alla perfezione.
Cercando nella lista , avevo però anche notato , che la parola premier aveva evidenziato una pagina dove si poteva leggere un ampia intervista all'attuale premier italiano.
Cliccai subito sopra per la curiosità.
Quando la pagina si aprì a momenti svenni sul colpo.
Era la prima intervista ufficiale del nuovo Presidente del Consiglio italiano del sole 24 ore.

Nichi Vendola.

I pistoni della macchina del tempo cominciarono a scaldarsi.

By roccovidetta@live.com

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