parte I
Nel tardo pomeriggio del giorno dopo, quando il crepuscolo si addensava attorno alla fortezza e la rigida aria invernale cominciava a farsi pungente, un esausto Hyper trascinò i suoi piedi nella caserma. La camerata era silenziosa ma, chiudendo la porta, Hyper si accorse di non essere solo. Provò una fitta di irritazione per l'intrusione in quel momento di solitudine che aveva tanto desiderato. Piras era seduto sulla sua cuccetta, intento a rammendare una tunica di ricambio alla luce fioca che entrava da uno scuro aperto. Alzò lo sguardo quando Hyper arrivò alla sua cuccetta e vi si arrampicò con i vestiti ancora indosso. «Giornata pesante, ragazzo nuovo?» «Sì», brontolò Hyper. Non aveva voglia di iniziare alcuna conversazione. «Andrà sempre peggio». «Oh». «Pensi di riuscire a farcela?» «Sì», disse risolutamente Hyper. «Ce la farò». «Nah!». Piras scosse la testa. «Sei troppo delicato. Ti dò un mese». «Un mese?», rispose rabbiosamente Hyper. «Già. Un mese se sei saggio... di più se sei uno sciocco». «Di cosa stai parlando?» «Non ha senso che tu stia qui. Non ci sei tagliato, sei solo un moccioso». «Ho quasi diciassette anni. Posso essere un soldato». «Ancora troppo giovane per essere un soldato. E non sei in forma. Bestia ti spezzerà in pochissimo tempo». «Non lo farà! Te lo giuro». Hyper, poco saggiamente, si concesse uno sfoggio di baldanza adolescenziale. «Piuttosto muoio». «Si potrebbe anche arrivare a questo». Piras scrollò le spalle. «Non si può dire che dispiacerebbe a tanti». «Cosa vuoi dire?» «Niente...». Scrollò di nuovo le spalle e continuò a cucire sotto lo sguardo di Hyper, noncurante della bruciante umiliazione che aveva inferto al ragazzo.
Piras era intento a far sì che i punti del rammendo seguissero una lnea dritta. Hyper lo guardava senza interesse: aveva visto gli schiavi del pal azzo rammendare indumenti per tutta la sua vita. Tuttavia, filare, tessere e cucire era sempre stato un lavoro da donne ed era piuttosto singolare vedere un uomo così abile a maneggiare un ago. Hyper era perfettamente consapevole che la sua nomina a optio gli stava causando parecchie inamicizie. Gli sembrava di essere già ai ferri corti con Bestia, il centurione incaricato dell'addestramento. E peggio ancora, alcune reclute gli erano apertamente ostili, in modo particolare un gruppo di uomini inviati presso la legione da una prigione in Perusia, che erano stati incatenati per tutta la durata del viaggio. Quello che se ne era autoproclamato capo era un uomo tarchiato, talmente brutto da essere inevitabilmente soprannominato Pulcro, il bello. Un giorno, durante la marcia, Hyper si era ritrovato proprio dietro a Pulcro, quando questi gli aveva chiesto di bere dalla sua fiaschetta di vino. Era una fesseria, ma il tono della richiesta era così carico di minaccia che Hyper gli aveva porto la fiaschetta all'istante. Pulcro aveva bevuto a lungo, poi, quando Hyper gli aveva chiesto di restituirgli la fiaschetta, l'aveva passata ai suoi amici. «La vuoi, ragazzo?». Pulcro aveva increspato le labbra in un ghigno. «Allora prenditela». «Ridammela». «Costringimi». A quel ricordo Hyper fremette e la sua coscienza ancora una volta gli chiese se fosse quello il comportamento di un vero soldato. Un vero soldato avrebbe colpito quell'uomo all'istante e si sarebbe ripreso la fiaschetta. Ma, ribatté il lato razionale della sua mente, un uomo avrebbe dovuto essere fatto di dannati mattoni per avere la meglio su Pulcro, con quelle membra solide e le mani grosse come badili. Leggendo la sua espressione, Pulcro aveva sogghignato e Hyper era istintivamente indietreggiato, suscitando l'ilarità di tutti. Era avvampato per la verggna, e ne soffriva ancora, nonostante si dicesse che la ritirata di fronte a forze superiori fosse perfettamente sensata, anzi intellettualmente virtuosa. Un benevolo soldato della scorta aveva recuperato la fiaschetta e l'aveva restituita a Hyper ridendo. Pulcro aveva sputato nella sua direzione prima che il soldato lo spingesse in riga con il manico della lancia. «Ci vedremo sul campo, ragazzo», aveva ringhiato Pulcro, sollevando le sue catene. «Non appena mi sbarazzerò di queste».
parte II
Sin dal loro arrivo alla fortezza, l'esercito aveva tenuto impegnate le reclute e Hyper sperava che Pulcro si fosse dimenticato di lui. Aveva cercato di tenersi alla larga da quell'uomo il più possibile, evitando persino di incontrare il suo sguardo, nel tentativo di rendersi invisibile. Ora era tornato in caserma piuttosto che restare con le altre reclute dopo che esse erano state congedate al termine della giornata. Era di vitale importanza, rifletté, che si facesse amici al più presto. Ma come? E chi? Gli altri avevano formato dei gruppetti durante il viaggio da Aventicum, mentre lui aveva letto quel dannato Virgilio, ricordò rabbiosamente a se stesso. Cosa avrebbe dato per ricominciare daccapo il viaggio, ora che sapeva cosa fare... Da solo, e lontanissimo dai suoi amici di Roma. Per un momento l'infelicità lo sopraffece e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Si voltò verso il muro e seppellì il viso nel ruvido tessuto del guanciale imbottito di paglia. Sentì il petto fremere e d'un tratto provò rabbia, rabbia nei propri confronti, rabbia per non essere abbastanza uomo da ricacciare le lacrime e rabbia perché niente nella sua vita lo aveva preparato a tutto ciò. Tutti quei compiaciuti tutori greci e la loro stupida ammirazione solo per la retorica e la poesia più raffinate: a cosa diavolo gli servivano adesso? Come poteva la poesia proteggerlo da quell'animale, il centurione Bestia? In quel preciso momento avrebbe scambiato tutta la sua conoscenza per un solo amico. Piras fece una pausa e alzò la testa, con l'ago sospeso sulla tunica. Aveva sentito il ragazzo nuovo che si girava e aveva riconosciuto il singhiozzo soffocato per quello che era. Scosse la testa tristemente. Molte reclute erano abbastanza grandi e forti per cavarsela. Poi c'erano i ragazzi come questo, che non avrebbero dovuto trovarsi nell'esercito. Poteva rappresentare la loro formazione, come affermavano alcuni soldati, ma allo stesso modo anche la loro distruzione. Il ragazzo singhiozzò di nuovo, soffocando il pianto quanto più poteva nel guanciale. «Ehi!», disse aspramente Piras. «Ti dispiace? Sto cercando di concentrarmi, qua sotto». Hyper si riscosse. «Scusa. Penso di avere il raffreddore». «Certo», annuì Piras. «Sicuro. È un destino, con questo tempo». Hyper si strofinò la faccia con un angolo della ruvida coperta militare, asciugandosi le lacrime e fingendo di soffiarsi il naso. «Fatto». «Meglio?»
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Nel Cuore Della Germania.
Historical FictionÈ il 42 d.c., e il centurione Twisted, eroe di mille battaglie, è distaccato con la seconda legione nel cuore della Germania. Il suo vice, Hyper, è una giovane recluta, e dovrà dimostrare tutto il proprio valore per non perdere la stima dei soldati...