La stazione centrale di Milano è un fantastico viavai di persone:
l'estate sta finendo e il mese di settembre è quello del mio
compleanno, il mio preferito da sempre, e il ventidue è il mio
numero fortunato.
Chissà perché?
Dovrei studiare per l'esame che devo sostenere tra un paio di
settimane e invece eccomi qui per incontrare Madame, la mia
sexy vicina di casa e amica del cuore. Ieri sera mi ha mandato
un sms avvisandomi che avrebbe fatto un salto in città per
pulire l'appartamento prima di tornare a viverci stabilmente
dalla prossima settimana. Non ci ho messo molto a decidere di
precipitarmi a salutarla, rimandando a domani la preparazione
del mio esame di Filosofia del Diritto. In fondo questo sarà il
mio quarto esame, non posso certo lamentarmi, considerando
le mie statistiche: ho disertato le lezioni quasi tutto l'anno.
La mia ex professoressa di italiano, Michela Boschi, me lo
diceva sempre: «Tu sei una bestia da esame!».
Bonariamente cercava di farmi capire che, nonostante
cazzeggiassi tutto l'anno, nel momento dell'interrogazione,
come l'araba fenice, risorgevo dalle mie ceneri...
Inspiegabilmente!
Non sono mai stato uno studente modello, diciamolo. Forse, se
mi fossi applicato un po' di più e avessi dato retta alla Boschi, la
mia carriera scolastica sarebbe stata più gratificante. Invece
sono sempre stato un testone, poco propenso ad ascoltare i
consigli dei professori. Passavo sui libri giusto il tempo
necessario a imparare la "lezioncina" e, ogni volta che mia
madre andava agli incontri coi docenti, tutti le dicevano sempre
la stessa cosa: «Il ragazzo è intelligente ma non si applica
abbastanza, potrebbe dare molto di più».
Il top lo raggiunsi però durante la maturità magistrale, quando mandai a cagare il Presidente di Commissione, a causa di una
sua domanda trabocchetto che mi mandò su tutte le furie:
«Qual è la relazione esistente tra l'età di Pericle e l'Italia
dell'anno 1348?».
Un dilemma!
Anzi un enigma!
Mi ha fregato!
Quando, sorridente, mi diede lui la giusta risposta: «Ma la peste,
no?» con quell'aria altezzosa e di sufficienza, non ci vidi più
dalla rabbia e lo mandai affanculo davanti a tutti i miei
professori, facendoli rimanere letteralmente a bocca aperta.
Calò il silenzio.
Non ero riuscito a trattenere quella risposta impulsiva e