Capitolo 20

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Me l'avevano detto.
Vi giuro che mi avevano avvisato.
Ma quando una ha la testaccia dura come la mia non capisce un cazzo fino a quando non va a sbatterci da sola. Ma che bello essere me stessa. Che bello combattere contro la propria stessa mente cercando di uscirci sana, senza perdersi nei meandri turbinosi di un cervello spaccato in due. Quando vorresti solo scappare dalla realtà, dai suoi problemi, e dai TUOI problemi soprattutto... In un circolo inconcludente che ti trascina sempre più a fondo, obbligandoti a rinchiuderti, a perderti in te stessa, in un mondo tutto tuo, dove sei libera di rinchiuderti. Un po' come una Stanza delle Necessità, con la sola differenza che si trova nella tua mente. Nel mio caso si chiama fantasia. E nel mio caso la fantasia è piena di occhi rossi, macabra perversione languida e dolorosa, sangue, lussuria, rabbia... E magia. Non ho paura di ammetterlo, e vi giuro che non vivo nei sogni, ho semplicemente dato un ordine alla stessa pazzia che mi ha permesso di creare questa mia "Stanza delle Necessità", ma io credo nella magia, e credo in quella forza intrinseca che brucia, chi più chi meno, in ognuno di noi.
Aggiungeteci anche un po di ansia da prestazione! E no, che cazzo nemmeno adesso riesco a stare seria, per una volta non sto parlando di doppi sensi ma di sessione estiva di esami in arrivo e apriti Inferno che vado a fare le coccole a Cerbero.
Ma mi avevano avvisato, perciò è anche colpa mia.
È successa una cosa che un anno fa non avevo messo in conto, imbattendomi per caso in wattpad mentre ero alla ricerca di un libro che, guarda caso, parlava di sesso e fantasia. E non avevo nemmeno messo in conto che si sarebbe rafforzata in questo fottuto febbraio, quando pubblicai il primo capitolo di questa storia.
Mi sono persa in me stessa.
Mi sono lasciata andare nascondendomi volutamente negli stralci di fantasia, di vite vissute, non vissute, immaginate, che solo una mente malata come la mia poteva creare.
Ho perso il contatto con la realtà, perdendomi in storie che sentivo appartenermi, le sentivo accanto come una confortante coperta di lana, ma ho perso di vista la mia. Ho accantonato Sheila perché mi sono spaventata, in lei rivedevo quella parte di me che poche persone conoscono davvero, e sono rimaste tutte sconvolte a dir la verità. In poche parole sono scappata da me stessa. E solo adesso ho capito che in lei ho messo un pezzo della mia anima, al punto che persino alcune di voi si sono accorte che c'era qualcosa che non andava in questo mio silenzio.
E perciò vi devo ringraziare, perché solo grazie a voi ho capito che il mio terrore di non essere accettata mi stava facendo fare una grandissima cazzata. Ma fottutamente grande. Perché se continuate a seguire questa storia, questo pezzo della mia anima, un motivo c'è... Ho capito che non avete paura di me, e che posso sentirvi vicine/i anche non avendovi mai guardate in faccia; e se non riesco più a scrivere per me stessa scriverò per voi, e solo di conseguenza per me.
Ecco quindi il capitolo dedicato a tutte/i voi, con la speranza di sentirvi sempre più vicini.
Stay High

-No! No! No! Idiota! Non capisci un emerito c...-
-Eddai è un' ora che giochiamo, non possiamo andare a letto ora?-
-Cooooosaaaaa? È un gioco questo secondo te?? Ma ti faccio il culo a strisce!!- Esclamai saltando addosso a quell'obrobrio d'uomo e scaraventandolo dall'altra parte del campo. -Ouch! Questo ha fatto male!- lo sentii piagnucolare mentre si risollevava e tornava verso di me. -Ti sta bene! Non è un gioco questo, ho cercato di andarci piano ma se non mi prendi nemmeno sul serio allora aspetta da solo il prossimo sicario che si intrufola nella tua stanza! E già che ci sei preparagli pure latte e biscotti!- Si lo so che sembravo una zittella mestruata ma quel pirla se le cercava! -E va bene dai, scusa, ma è impossibile prenderti sul serio se insisti ad usare le spade di legno!- Uomini, te pareva... Sempre pronti a fare i gradassi spacconi quando in realtà basta levargli il giocattolo preferito per farlo andare a piangere sotto le gonne di mamma. -Scusami se non voglio farti del male!- alla mia risposta alzò un sopracciglio e represse una risata. -Allora è così??- esclamai sempre più furiosa. Con nonchalance afferrò la sua spada-giocattolo da terra e si mise in guardia sbadigliando. Assottigliando gli occhi iniziai a ringhiare, e mi lancia su di lui. In due secondi era a terra disarmato e con la punta della mia spada-giocattolo che gli graffiava la giugulare. Ovvio, una spada vera avrebbe fatto più effetto, ma anche una di legno se ben affilata era in grado di squarciare una gola. -Fai ancora lo sbruffone adesso?- gignai; lo aiutai a sollevarsi mentre gli porsi di nuovo la spada. -In guardia- ordinai. Non aveva fatto in tempo a sollevarsi che l'avevo già fatto saltare in aria. -Un avversario non aspetta i tuoi comodi- aggiunsi freddamente incrociando le braccia. -Ma che...?- il mio cambio di tono l'aveva scombussolato scombussolato evidentemente. -Volevi la stronza? Eccoti la stronza!-. Da stralunata la sua espressione divenne furente: si fiondò su di me brandendo la spada alla cieca, contando sulla sua forza bruta per riuscire a disarmarmi. Purtroppo per lui, finì di nuovo a terra, ma sta volta si rialzò subito cercando di mollarmi un fendente, che prontamente schivai. -Mai . Lasciarsi . Trasportare . Dalle . Emozioni- dissi alternando ad ogni parola una stoccata. -Non devi pensare a niente se non a capire il tuo avversario, devi vederlo, sondarlo, anticipare le sue mosse e colpire al momento giusto nel posto giusto. Il tuo cuore e il tuo respiro devono calmarsi, sei troppo furioso- conclusi.
-Ma come... Sono le stesse cose che mi diceva il mio mentore quando ero piccolo...- disse con espressione assente, perso tra i ricordi. -Avevi un buon maestro allora, che fine ha fatto?- la sua espressione si rabbuiò alle mie parole; -Avvelenato.- quasi sputò -Era il mentore anche del figlio del Sommo Sacerdote...- il suo battito stava accelerando e le sue nocche si strinsero crepando l'impugnatura della spada, mentre con lo sguardo pieno di rancore fissava il vuoto: -Ci allenavamo insieme, io ero più bravo di lui e lui era invidioso... Un giorno, non lo dimenticherò mai, partimmo tutti e tre per un'escursione, e dopo qualche ora di cammino il mio maestro si accorse di avere la borraccia dell'acqua vuota; così glie ne offrii un po della mia, non sapendo che quel verme l'aveva avvelenata di nascosto.- fece una breve pausa chiudendo gli occhi -morì nell'agonia più atroce, e io mi sentii morire per l'immenso senso di colpa che mi dilaniava; solo dopo qualche mese scoprii che quel figlio di puttana aveva architettato tutto, era stato lui a svuotare la sua borraccia e a mettere il veleno nella mia, almeno avrebbe avuto la garanzia che uno di noi due sarebbe morto.-
Che bastardo pensai, in effetti non mi pentivo nemmeno un po di averlo castrato, anzi, se l'avessi saputo gli avrei fatto ancora più male.
Riportando la mia attenzione sullo sguardo ruvido e glaciale di Nar mi accorsi che mi stava fissando, quasi aspettandosi un qualche stralcio di pietà che l'avrebbe fatto sprofondare ancora di più nel rimorso, ma da me ebbe solo una confortante comprensione e un debole sorriso triste. Non avevamo bisogno di parole per capirci, il nostro silenzio era un legame diretto di emozioni confuse e contrastanti che si completavano a vicenda.
Gli presi delicatamente la mano e lui si fece trascinare nelle sue stanze incurante di ciò che ci circondava.
Quella notte, quel fottuto principe staccò un briciolo della mia anima. Lo prese senza permesso, lo fece suo, e suo sarebbe stato per sempre. In cambio piantò un seme dentro il mio cuore di pietra senza nemmeno rendersene conto. Per la prima volta in vita mia sentii quel calore bruciante che fa sentire vivi, che ti distrugge e ti rimette tutti i pezzi a posto contemporaneamente.
Non era solo sesso quello.
Per la prima volta riuscii a dare un senso al caos che mi invadeva. La lussuria aveva trovato il suo pezzo mancante nel briciolo di amore che quel pazzo di un principe aveva depositato in me.
Il suo ritmo martellante mi faceva perdere il controllo, e lo stava facendo fottutamente bene. Quella notte era solo per noi, e nessuno avrebbe saputo spiegare come i battiti del mio cuore si fusero nei suoi, fino ad esplodere insieme in un orgasmo di emozioni che ci lasciò sfiancati e ansimanti, persi l'una negli occhi dell'altro, mentre la catena che ci univa diventava sempre più forte e indistruttibile. In quel momento lessi nelle sue iridi d'acqua marina che mi avevano sconvolto dal primo istante il terrore dato dalla consapevolezza di essere legati per l'eternità, qualcosa che né io né lui riuscivamo a spiegare.
Persino in quel momento però, quando era forte in entrambi la tentazione di scappare, riuscii solo a pensare che per una volta il mondo poteva beatamente andarsene affanculo e il controllo poteva andargli dietro, perché l'unica persona che mi interessava era esattamente sotto di me, con le pupille dilatate fisse nelle mie, le labbra arrossate dai miei morsi, le forti braccia che mi stringevano e le mani che graffiavano la mia schiena.
E ora che niente mi tratteneva più mi immersi ansimando di nuovo in quel mare ghiacciato che bruciava la mia anima, quel mare che mi faceva invocare un solo nome: Narmer.

La Figlia Di SethDove le storie prendono vita. Scoprilo ora