Ti sei mai sentito inutile?
Ti sei mai chiesto che motivo ha continuare a vivere?
Questo è ciò che provava la mosca.
Lui non aveva un nome. Aveva deciso di non averne uno, non ne aveva bisogno. Perché avere un nome, se tanto nessuno ti deve chiamare?
Lui si era stufato di vivere: ogni volta era la stessa routine: mangia, svolazza in giro, atterra su qualche merdina.
Si chiedeva sempre più spesso perché continuava a vivere, non aveva nulla da fare. Era inutile. Aveva provato a fare qualcosa, a cambiare. Aveva iniziato a osservare gli umani: osservava i loro movimenti, le loro abitudini, li studiava. Molti di essi erano stupidi, altri erano divertenti. Di alcuni si era appassionato particolarmente, gli interessava sapere cosa gli sarebbe accaduto quel giorno, come sarebbero andate a finire certe questioni.
Ma questo hobby lo faceva sentire ancora peggio: lui li osservava si, si illudeva di farne parte. Pensava di far parte di quel bellissimo mondo che girava intorno a lui. Ma prima o poi le illusioni svaniscono. Sapeva di non farne parte, sapeva che non sarebbe importato a nessuno della sua morte e sapeva che era solo uno spettatore che si era illuso di avere degli amici.
Così un giorno trovò il coraggio di fare quello che non aveva mai avuto il coraggio di fare: suicidarsi.
Visitata l'ennesima casa per l'ennesima volta, trovò una lanterna per zanzare nella stanza di una ragazza. Stava per gettarsi quando sentì una voce:
"Ciao piccola mosca!Anche tu sei sola come me, vero?Forse no.Anzi, chissà se con quel tuo piccolo cervellino tu riesca solamente a pensare... Ma in ogni caso, ti farò compagnia io!Ti chiamerò.... Zeke!" Lui rimase sorpreso.
Non solo per il fatto che lei lo abbia anche solo notato.Ne solo per il fatto che lo abbia insultato per la storia del cervellino. Ma più di tutto, lo sorprese il fatto che gli piacque avere un nome.
Zeke. Zeke la mosca. Suonava bene.
"Tu non sai quanto mi senta triste al momento..." Proseguì lei. Lui avrebbe voluto risponderle, ma non poteva. Era solo una mosca. Lei iniziò, nei giorni successivi, a raccontargli le sue storie. Ciò che gli accadeva, ciò che la turbava.
Lui era felice di ascoltarla, perché lei era felice di parlare con lui.
Zeke si sentiva comunque ancora un po' triste. Avrebbe voluto poter comunicare con lei, dirgli che la capiva, che comprendeva il suo dolore. Ma sapeva anche di non avere nulla da dirle, la sua vita era noiosa e inutile.
Come lui del resto.
Un giorno, lei tornò nella sua camera piangendo. Aveva litigato un'altra volta con i suoi genitori. Zeke si poggiò sulla sua mano. Era calda, e gli faceva provare una sensazione bellissima.
Ma poi pensò che magari a lei gli avrebbe fatto schifo toccarlo. "Le faccio schifo. Io faccio schifo. Non posso nemmeno confortarla come si deve, sono inutile." Pensò. E invece lei sorrise.
Lo aveva capito. Aveva capito cosa intendesse dire.
Non ci fu momento più felice di quello, non ci fu mai nulla di più bello di quel sorriso.
È così, ogni giorno continuarono a incontrarsi, lei le raccontava le sue storie e lui le ascoltava felice.
Ma un giorno, mentre Zeke era sulla scrivania a ascoltare l'ennesima storia di lei, una palettata gli arrivò in testa.
Sentì la fredda morte arrivare.
L'unica cosa che vide fu lei.
Lei in lacrime, che sbraitava l'ennesima volta contro la madre:
"Perché lo hai fatto?Perché hai ucciso Zeke?"
"Una mosca come amica?Sei proprio patetica e infantile.Vedi di crescere.È solo una mosca."
Già, pensò Zeke.Solo una mosca.
Ma poi pensò a quel sorriso.Lo aveva creato lui, quel sorriso.
E pensò anche, che adesso a lei dispiaceva della sua morte.
A qualcuno era importato.
E proprio in quel momento, quando la sua vita stava per finire, la mosca capì che vivere aveva un senso.
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I pensieri della mosca
Short StoryTi sei mai sentito inutile?Questo è il sentimento della mosca.