Capitolo 5

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[STILES'S POV]

Tutto era scuro. Confuso. Mi sembra di essere seduto su un marciapiede. Davanti a me c'è una ragazza. Non riesco a guardarla in faccia. Indossa una pesante felpa nera e il cappuccio le avvolge la testa. Si sta avvicinando. –Hai ucciso tua madre– sibila. Si sta per togliere il cappuccio quando sento una voce rimbombare nella mia testa. –Stiles! Stiles svegliati!– dice ma non riesco a identificare di chi sia. La voce continua a ripetere le stesse parole sempre più forte. Delle lacrime calde scorrono sul mio viso e non so nemmeno il perchè, ma non riesco a trattenerle. Mi prendo la testa tra le mani e urlo con tutta la voce che mi rimane in corpo –SVEGLIATI STILES!–

I miei occhi si aprono di scatto e mi metto subito a sedere con il fiatone come se qualcuno mi stesse inseguendo. Sono nella mia jeep sul sedile posteriore. Ho difianco Scott che ha una mano sulla mia spalla e il viso pallido. –Sto bene– dico con un filo di voce e mi passo velocemente la mano sotto gli occhi sperando che non abbia visto le lascrime –Cosa mi è successo?– chiedo ricordandomi della rissa con Jackson –Sono entrato troppo tardi. Ho solo visto Jackson chino su di te che ti riempiva di pugni senza che nessuno osasse intervenire nonostante tu fossi svenuto– mi dice lui –Poi sono intervenuto io e l'ho allontanato da te. Ho preso del ghiaccio dal cocktail di un ragazzo e te l'ho messo sulle ferite. Guardati la guancia. È ancora tutta rossa– mi guardo nello specchietto retrovisore davanti a me e solo ora noto come sono messo. Ho una ferita che scorre lungo tutto lo zigomo, un occhio nero e il labbro spaccato. Mi guardo le nocche e vedo che si stanno già formando le croste.
Bel modo di iniziare la scuola Stilinski.
–Poi ti ho portato subito qua in macchina per cercare di svegliarti. Avevo paura perchè non aprivi gli occhi e continuavi ad urlare frasi senza senso...stavo per chiamare l'ambulanza!– continua –Cosa dicevo?– chiedo incuriosito.
Scott sembra esitare un po' ma poi cede e con un fil di voce dice –Dicevi "È morta per colpa mia. Sono stato io. Mamma"– distolgo lo sguardo da lui.
Mi manca. A distanza di anni sento comunque il vuoto. E fa male. Dio se fa male. Pensavo che dopo qualche anno se ne sarebbe andato ma, a distanza di 17 anni, è ancora lì che mi opprime il cuore. Il dolore non se ne va, sparisce e poi ritorna. Quando meno te lo aspetti, giusto per distruggerti un po' dentro. Non voglio piangere davanti a Scott, è patetico, ma non riesco a farne a meno. Piango forte, mugolando. Come succede di notte e cerchi di soffocare i singhiozzi con il cuscino. Il mio migliore amico si avvicina a me e mi abbraccia, mi stringe forte, e io continuo a piangere sulla sua spalla bagnandogli la felpa finché, tra un singhiozzo e l'altro, riesco a smettere. –Ti accompagno a casa– si propone e io mi limito ad annuire. Scende dalla macchina e sale al posto del guidatore, mette in moto e parte lasciandosi quell'inferno alle spalle. –Sei ancora ubriaco?– gli chiedo –Mentre ero fuori ho vomitato quindi direi che l'alcol che era dentro di me se n'è andato– ridiamo fragorosame e mi fa bene al cuore.
Mi limito a guardare fuori dal finestrino. Tutte le case, i lampioni, i semafori.

Mi sento sbagliato.
L'unica cosa fuori posto in mezzo alla perfezione.
Dico tra me e me mentre imbocchiamo la strada di casa. La jeep si ferma davanti al vialetto di casa e Scott mi aiuta a scendere dalla macchina. Cazzo soltanto a stare in piedi mi fa male tutto. Le gambe mi sembrano cedere e il petto scoppiare. Come farò a giocare a Lacrosse?! –Ho paura della reazione di mio papà, Scott– gli confido –Non ti preoccupare. È lo sceriffo. Sarà abituato a vedere cose ben peggiori di questo– dice indicandomi la faccia –Zitto! Il rosso mi dona– dico scherzando e lui ride.
Le luci sono spente, ciò significa che mio padre sta dormendo, il che mi piace. Gli dirò tutto domani sera visto che la mattina io ho scuola e lui va a lavorare.
–Scott grazie di tutto– gli dico mettendogli una mano sulla spalla –Di niente. Questo fanno gli amici– minimizza lui –Ma tu non sei mio amico. Scott tu sei mio fratello– e mi serra in un abbraccio stritolandomi –AHI AHI LA SPALLA!!– urlo –Ops, scusami–dice ridendo –Ma tu come torni a casa?– gli chiedo ricordandomi che ha lasciato la moto da Derek –Mi farò una corsetta– dice con un sorrisetto –Se vuoi ti do un passaggio...– mi propongo –Sei troppo ubriaco e mi meraviglio del fatto che tu riesca soltanto a stare in piedi– ride. Scott si allontana ma poi si gira di scatto e mi chiede –Sei innamorato?–
–Eh?– faccio sbalordito.
–Non è difficile...sei innamorato? Di quella ragazza di cui mi parlavi...è così chiaro– si rigirò e se ne andò lasciandomi con mille dubbi per la testa.
Tiro fuori le chiavi e le giro nella serratura cercando di non far rumore.
Richiudo la porta e salgo le scale in punta di piedi nonostante mi faccia male tutto.
Finite le scale mi accorgo che c'è una luce accesa.
Merda è sveglio.
Però viene dalla mia camera.
Che ci fa nella mia stanza?
Mi avvicino piano. Glielo devo dire subito non c'è altro modo. La porta è aperta e mi sporgo un po' per vedere cosa sta facendo.
È di spalle e sta guardando la mia lavagna dove avevo appeso i miei appunti per il caso.
Dio mio sembra un film poliziesco.
Prendo un po' di coraggio e varco la porta.
–Papà...– dico con un filo di voce.

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