Piccolo avvertimento: ci sono delle note finali che servono per capire bene alcuni passaggi della OS, è possibile leggerle sia prima che dopo la storia ( la scelta è vostra anche perché potrebbero contenere dei piccoli spoiler qualora lo faceste prima), serviranno infatti a chiarire alcuni potenziali dubbi.
"Hai paura? Ma certo che si. Tua madre sta morendo mentre il mondo è avvilito dalle barbarie dei complotti e delle lotte. Se la storia fosse chiamata ad insegnarci una lezione, allora sarebbe la seguente: i re hanno visto cose terribili. E' stato Dio a designarti, tua invece la smania di scegliere il Sole come emblema della sacralità ed egemonia del tuo stesso titolo. Ma sei vacante di ciò che conta più di tutto il resto. Il potere. Senza di esso tu morirai. E la Francia perirà con te. Giacché un re senza castello, non è un vero re. Ed ora, tu sogni il Paradiso, ma devi costruirti il tuo Paradiso personale. Solo così il mondo intero potrà testimoniare l'ascesa di Luigi il Grande. "
Il cuore si contrae spasmodico e di pari passo con il mio respiro. Non v'è luce al di fuori di un barlume cieco proveniente dalla luna che possa farmi ridestare da tanto torpore. Desidero l'alba ogni qualvolta metto piede su questo letto insudiciato dal sudore scaturito da ogni mio incubo. Tali sogni costernano le mie notti e i miei sensi patiscono con essi. Sono privo della capacità di reagire e, sebbene sia io il Sole della Francia, non c'è notte in questa terra che sia clemente con me o che rimanga folgorato dalla mia luce a tal punto da concedermi un po' di tregua... Probabilmente il buio si diverte a spodestarmi giacché gli ho dichiarato guerra aperta definendomi Dio ed appropriandomi della sontuosa immagine di quella palla infuocata che, da sola, muove il mondo. Le ultime parole di mia madre, quelle frasi biascicate al rapido capitolare della sua intensa vita, sono il mio tormento. Cerco di ergermi vincitore e ostentare la superiorità del mio status per ingannare la pochezza della vita altrui, egoisticamente convinto che nessuno meriti nulla all'infuori di me, di me che sono il sole, di me che non tramonterò mai, le Roi che ha vissuto nella pienezza delle sue gesta maestose occupando il trono più glorioso presente sulla faccia della terra. Un seggio monarchico austero e ghiotto dell' infinitezza di un titolo non scelto, di un ruolo a cui si accede previo diritto di nascita. Eppure ho paura, sono divorato dalla perenne sensazione di inquietudine che offusca il mio giudizio ingannando le mie notti e disturbando il mio sonno. Questa in particolare è piovosa, un turbinio di tuoni e lampi che sfregiano il cielo nella morsa della tempesta. E' la notte in cui Henriette giace al mio fianco priva di qualsiasi desiderio con cui nutrire entrambe le nostre anime: la mia, perennemente affamata, e la sua allorché soddisfatta. Non è il calore di mia moglie ciò che bramo al calar di ogni sera, ma il tepore accogliente della principessa inglese che, sei anni fa, ho dato in sposa al duca d'Orleans, mio fratello. La sua latente ma mai completamente celata omosessualità, ha facilitato l'adempimento di un mio atto egoistico. Ma non v'è colpa nelle mie scelte, così come non esiste peccato conseguente alle mie azioni, poiché io sono il Re e i privilegi nascono e muoiono nella perfezione del mio nome. Irrequieto è l'animo di colui che vaga in attesa che sorga la candela del mattino, insoddisfatto è il mio che accompagna tale percorso verso la sala del trono del castello di Chenonceau, all'interno del quale alloggia la mia corte in attesa che la mia erranza cessi. Questo luogo, così intimidatorio se popolato ed accarezzato dall'altro sole dell'universo, non è altro che una stanza nascosta agli occhi del mondo nelle prodezze del buio crepuscolare. La vedo li, candida della pesantezza del marmo, rifinita da mani presumibilmente antiche e sconosciute, poiché il tempo uccide la carne tramutandola in cenere ma nulla sembra potere contro l'eternità dell'arte. Questa donna, recatami in dono dal marchese de Rivère ambasciatore di Costantinopoli, è un enigma scultoreo che mi ossessiona poco più rispetto agli altri aspetti della mia vita che trovo difficile risolvere. Vale tanto di più avere la costante attenzione degli uomini piuttosto che ricevere la loro occasionale ammirazione. Eppure, nell'antica arte in cui si dilettavano gli antichi, nel loro continuo desiderio di intagliare feticci prima ancora di accostarsi alla pittura, risiede il cuore del ragionamento più profondo che necessita un'iniziazione particolare all'armonia del suo stesso godimento. Ma io, delfino di questo grande Paese che nella bellezza delle sue opere ha opacizzato la storia più grandiosa, temo gli inganni della mente laddove questa si accosta al peccato di Prometeo compiuto da un artista che ha impresso l'anima rubata a chi per debolezza e passione, è rimasto folgorato da cotanta bellezza. C'è chi dice che ella abbia le sembianze di Afrodite, tali voci si contrappongono a coloro i quali sostengono che fosse una puttana greca alla mercé degli occhi instancabili e irrequieti di uno scultore povero se non del proprio talento e della propria arte. Manca degli arti superiori, è la rappresentanza innegabile dell'incompiutezza dell'essere, della natura frivola e peccaminosa dell'uomo. Ed io competo con l'immortalità della sua sontuosità e rifletto sulla consapevolezza che, mentre lei rimarrà per sempre una statua senza nome, io passerò alla storia come un nome senza volto. Il suo mistero affascinerà più del mio, ed io perirò della mia stessa audacia nel buio di una notte tempestosa quasi quanto questa. D'improvviso un'altra allucinazione, come un soffio cauto e allo stesso tempo intenso d'aria e di sofferenza, gli occhi della donna intrappolata nella sua statuaria maestosità si intingono d'un rosso purpureo. Il mio passo ha la cadenza canzonatoria di chi è stato ridestato da un sonno tutt'altro che lungo e appagante, ma fugace e insoddisfacente. Eppure, mentre mi avvicino solo ed inquieto, tutto si fa più chiaro. E' il sangue quello che cade suadente dai bulbi marmorei di cotanta bellezza, la deturpa, la rende dolorante e spaventosa. Terrorizza me che sono il Sole, me che mi illudo di essere il baluardo con cui tutto dovrà un giorno morire, me che detengo le ali del mondo mentre questo cade sconfitto dal gorgogliare delle correnti dell'odio. Per tre giorni ed altrettante notti solo i miei sensi sembrano abbagliati e portati a credere che ciò che succede alla statua possa essere reale. Nessuno ci fa caso, nessuno lo nota. Come se tale spettacolo raccapricciante fosse dedicato a me e a me soltanto. Temo di rivolgermi all'ausilio di un dottore, o alla ciarlataneria costosa d'un mago poiché entrambi potrebbero mettere in discussione il mio giudizio ed avanzare ipotesi sull'inadeguatezza della corona che porto adagiata sul capo sopportandone il peso. E quindi osservo quelle lacrime dolorose costernare la presunta Venere, quasi come se lei stessa fosse chiamata a sopportare il dolore che io, nell'autorevolezza del mio ruolo, non ho la facoltà di esprimere. Un re non è mai debole, il suo animo è forgiato col fuoco della forza del mondo intero, ed è sulle sue spalle che si ode il riverbero di tale peso senza che la naturalezza della sua fragilità possa soccombere la superficialità del suo spirito guerriero.
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Dans La Vie (One Shot)
Historical FictionUNICA ONE SHOT "Esiste qualcosa di più meraviglioso del profumo dei fiori nell'aria?" Mi chiede con espressione sognante riuscendo ad inebriarsi i sensi con la dolce brezza che proviene dalle finestre semiaperte. "Si" la rassicuro con voce tremant...