La terra è spoglia delle sue membra.
Il sole batte sulle nostre teste, rendendoci deboli. Stanchi.
Siamo un gruppo, un gruppo di sopravvissuti che cerca un rifugio. Che scappa.
Tengo stretta la mano di mio fratello nella mia. Il più piccolo della famiglia. L'unico che mi rimanga e che mi ricorda le mie origini.
Alcuni di noi combattono ancora con la speranza che questa desolata landa possa proteggerci dalle ombre da cui stiamo fuggendo.
Altri, invece, si sono arresi nel cammino, troppo stanchi per continuare.
E abbiamo fatto quello che ci hanno chiesto: abbiamo messo fine alle loro sofferenze.
Io, invece, non spero più in una vita migliore. Spero solo che questo incubo finisca e... Che nei giorni rimanenti possa proteggere Tom.
Sento tutti muscoli tendersi mentre cammino nella sabbia, con fatica. Tom mi stringe la mano e mi fisso meglio il velo sul viso, cercando di schermarmi gli occhi con l'altra mano.
Mi fermo. Tom mi guarda con i suoi occhi marroni, grandi e imploranti.
Ha sete. Anche io ho sete. Tutti abbiamo bisogno di acqua. Sposto lo sguardo su Dean che mi sta osservando, al mio fianco.
Gli faccio un leggero cenno con la testa verso la sacca che sta reggendo sulle spalle. Lui annuisce e piegandosi estrae una bottiglia.
La prendo e la scuoto.
È quasi vuota. Non abbiamo più tempo.
Lascio cadere una goccia sulla mia lingua e poi faccio lo stesso con Tom.
Non è soddisfatto. Mi lancia uno sguardo torvo. Alzo le spalle e lo ignoro, restituendo la bottiglia a Dean.
Guardo Tom che ha messo il broncio.
«Dobbiamo andare» dico in un sussurro.
Lui alza lo sguardo e sembra addolcire il viso. Sospira e apre le braccia. Alzo gli occhi al cielo e senza perdere tempo lo sollevo e lo sistemo dietro le mie spalle, le gambe che circondano la mia vita.
Ormai non abbiamo più nulla. Stiamo vagando nel nulla. Nella desolazione totale.
Seguiamo i visi dei nostri compagni contratti in smorfie di fatica e il dolore è visibile nei loro occhi.
Quello che hanno passato non è diverso da quello che ho dovuto superare.
Delle ombre nere. Tanto sangue. Sulle loro mani. Sulle mie mani. Non era mio.
Tante urla. Grida disperate. Grida dei miei genitori.
Il mio pianto. Tom. Stava urlando. Di paura.
Scappare. Salvarsi. Respirare.
Guardo le mani. Sono ancora rosse e secche.
Sbatto le palpebre e passo la lingua sulle labbra secche.
Delle lacrime mi pungono gli occhi.
Non posso piangere. Devo essere forte.
Forte per Tom. Forte per gli altri.
Tiro su col naso mentre respingo in silenzio il dolore, comprimendolo in una parte del mio essere.
Tom se ne accorge, ma mi guarda senza dire nulla. Le sue dita passano sul mio viso, asciugando le lacrime che sono scappate e che mi hanno bagnato le guance.
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DESOLAZIONE
Short Story(RACCONTO/COMPLETO) Dall'autrice di "SCELTI DAL DESTINO" (SM). «Ognuno di noi ha paura della parte più sepolta di se stesso. In pratica abbiamo paura di perdere noi stessi e fuggiamo, sapendo di essere già perduti.» QUESTO RACCONTO NON PUO' ESSERE...