«Shawn corri! L'aereo parte tra meno di un'ora!» urlo' mamma con un tale panico da riuscire a far smuovere un rinoceronte addormentato. Un borsone nella mano sinistra, il trolley-scialuppa di salvataggio (come piace chiamarlo a mia mamma vista la capienza di quella valigia) e lo zaino in spalla, correvo per l'enorme entrata dell'aeroporto internazionale di Toronto, con i miei genitori dietro che cercavano di passare tra un gruppo di turisti anziani intenti a leggere colorati opuscoli su Lisbona.
Sapevo che dovevo svegliarmi molto presto quella mattina per fare in tempo a prendere il volo delle dodici, ma per qualche bizzarro motivo la sveglia sul telefono non ha suonato, e alle nove mi sono ritrovato una madre appanicata all'angolo destro del letto. Comunque, quel che e' stato e' stato, no?
«Signorina! Signorina!» urlai esasperato, vedendo che la ragazza del check-in stava per chiudere il banco. «Aspetti per piacere!». Finalmente la mia voce arrivo' alle orecchie dell'operatrice, che gia' aveva la borsa in mano. Si volto' verso di me, il viso costretto a fare una smorfia a meta' tra un cane rabbioso e un teletubbies, cercando di capire per quale motivo volessi fermarla dall'andarsene in pausa pranzo. «Sono un po' in ritardo, lo so» iniziai a spiegare « ecco il passaporto, e qui..» gettai la il trolley e il borsone nell'apposito tapis-roulant posto al lato del bancone «..ci sono i miei bagagli» terminai. La vidi sbattere le palpebre perplessa, per poi guardare allarmata l'orologio, ma mentre stava per darmi qualche risposta negativa intravise mia madre trascinarsi dietro di me con quello sguardo killer che solo lei sa fare, e prontamente rispose «Ha dieci minuti per passare il controllo dell'immigrazione ed arrivare al gate, visto che i passeggeri del suo volo stanno iniziando l'imbarco in questo istante». Senti' mia madre dietro fare un bel respiro, per poi iniziare a trascinarmi per tutto il resto del tragitto fino alla zona dei controlli. Mio padre, sfinito dall'estrema corsa mattutina, stava quasi per barcollare a terra, se non fosse stato per l'incitazione continua di mia madre. «Te l'avevo detto che non avresti sentito la sveglia! Voi giovani e i vostri telefonini credete di essere sempre all'avanguardia, ma nessuno ha mai battuto noi madri» borbotto' mamma mentre sgomitava a destra e a manca la fila che si era creata all'inizio della zona dei controlli.
«Bene tesoro, siamo arrivati. Potro' anche non appoggiare questa tua idea di lasciare l'universita' e viaggiare, ma mi mancherai, Shawnni-Sho» disse iniziando a tirarmi per le guance. Poco dopo inizio' a piangere, cominciando ad elencare cio' che dovevo e non dovevo fare. «Marie! Lascialo andare, o fara' tardi!» intervenne mio papa' alla fine, facendomi un occhiolino alla padre-figlio, senza farlo notare alla mamma. «Giusto, giusto» si arrese lei, dandomi un ultimo abbraccio, al quale si uni' anche papa'. «Vai figliolo, e cerca di non cacciarti nei guai!» disse infine lui, dandomi una pacca sulla spalla. «A presto» li salutai, iniziando a correre (di nuovo,tra l'altro) verso il primo sportello libero del controllo passaporti.
Ci misi all'incirca sette minuti a finire tutte le procedure di sicurezza, e altri quattro per arrivare al gate del mio volo. Fortunatamente c'erano ancora all'incirca venti persone in fila per imbarcarsi quando giunsi all'uscita. Aspettai un altro po', e appena l'hostess dell'aeroporto controllo' il mio biglietto d'imbarco mi infilai tra le enormi porte di vetro, simbolo della mia uscita dal paese.
Entrai in uno di quei tipici corridoi argento con le pareti scintillanti. Sembrava interminabile. Scorsi con gli occhi il riflesso che la luce proiettava sulla parete, facendola brillare come se fosse fatta di tanti piccoli cristalli. Improvvisamente ricordai di quella volta in cui la mia amica, America Smith (nome strano per una nata in Canada), compro' due barattoli di brillantini argento e oro per far 'scintilluccicare', come diceva lei da piccola, il suo unicorno. Solo che quell'unicorno in realta' ero io, per qualche assurdo motivo. Cosi' tornai a casa coperto di piccoli cerchiolini luccicanti, sentendomi una palla da discoteca umana. Mia madre cerco' di sgridarmi, ma non ci riusci', iniziando a ridere dopo aver visto che i brillantini mi erano entrati nelle narici. Ma, mentre camminavo lungo il corridoio 'scintilluccisoso', America era in Inghilterra ( e poi uno non deve fare battute sul suo nome..) in una delle piu' prestigiose universita' londinesi, assieme all'altra nostra amica Chantal. Mi mancavano tanto in realta', ma non avevo detto a nessuna delle due della mia improvvisa partenza. Chissa', magari un giorno avrei fatto uno stop a Londra, e avrei visitato la citta' assieme a quelle due pazze. Ma ancora era tutto da vedere. L'unica cosa pianificata del mio viaggio era quell'aereo, che mi avrebbe portato alla prima destinazione. La prima tappa che avrebbe segnato l'inizio della ricerca del mio scopo nel mondo. Un mondo che ancora era tutto da scoprire.
Sapevo solo che volevo vivere la mia avventura. Volevo conoscere gente da tutto il mondo, apprezzare la loro cultura, mangiare cibi esotici, sentirmi fiero di essere nato su questo pianeta, che ha cosi' tanto da offrire. Chissa' cosa sarebbe potuto succedere se avessi deciso di continuare l'universita'. Di certo non sarei stato li', in quel corridoio, a compiere gli ultimi passi prima di salire sull'aero. Non avrei mai pensato di poter viaggiare in giro per il mondo, ma fortunatamente quei mesi all'universita' hanno avuto qualche vantaggio. Sin dal primo giorno di studio iniziai a cercare un lavoro, e appena me ne si presento' uno, colsi l'occasione. A novembre decisi di lavorare anche part-time nella pizzeria del campus, e a gennaio alcune amiche di mia madre mi chiesero di badare ai loro bambini. Tutto cio' mi fece guadagnare tanto, e soprattutto risparmiare tanto. Misi da parte i soldi che mi regalarono i miei genitori e i miei nonni per Natale, e cosi', dopo mesi e mesi tra lavoro e studio, raccimolai tanto, quanto serviva per poter affrontare un'avventura senza ritrovarsi sotto a un ponte con un barbone in qualche angolo sperduto del mondo.
«Buongiorno» mi riporto' alla realta' la voce della gentile hostess di bordo, che, dopo aver controllato il biglietto, mi indico' la parte dell'aereo in cui si trovava il mio posto. Passai tra la sezione dedicata ai passeggeri di prima classe, e notai come una donna bionda sulla quarantina si spalmava un liquido rosso acceso sulle sue labbra rifatte che sembrava stessero per scoppiare.
Spostai le tende e entrai in seconda classe, da me denominata 'zona dei comuni mortali', e iniziai a cercare il mio posto. «Ventisette B, ventisette B» continuavo a ripetere a bassa voce, finche' non scorsi il numero a me assegnato alla mia destra. Notai sarcasticamente che dovevo stare seduto per la bellezza di quindici ore di volo affianco a un signore baffuto che sembrava uscito dalla pubblicita' di una qualche birra strana. Fortunatamente la sera prima avevo scelto il posto accanto al finestrino sul sito della compagnia aerea, cosi' non dovevo passare tutto il tempo con il collo girato a 180 gradi a mo' di civetta.
Mi sedetti al mio posto, mettendo lo zaino tra le gambe e tirandone fuori il cuscino gonfiabile a forma di U. Passai tutto il tempo nel quale lo staff di bordo mostrava cosa fare nelle situazioni di emergenza a soffiare dentro al tubicino del cuscino. Poi, finalmente, senti' l'aereo iniziare a fare la manovra per uscire sulla pista di decollo.
Stava per iniziare l'avventura della mia vita. Cio' che piu' avevo temuto, cio' che mi sembrava impossibile, io stavo andando a cercalo. Come se fosse ironia della sorte, cercavo una risposta a una domanda mai posta, ma sentita dentro.
Si, me lo sentivo. Finalmente la mia vita stava prendendo una grandissima svolta. Cosa sarebbe successo? Nessuno lo sapeva. L'importante era vivere l'avventura.
Mi attendevano quindici ore di volo verso un posto remoto ed esotico. Avevo tutto cio' che mi serviva: un cuscino, il cibo offerto dalla linea aerea, una tv per quando avrebbe fatto buio, e un finestrino, che mi avrebbe mostrato le bellezze del mondo dall'alto. Che c'era di meglio?
«Signore e signori, benvenuti a bordo di questo volo. E' il vostro capitano, Jhon Stevenson, che vi parla, e affianco a me c'e' il mio gentilissimo co-pilota, Robert Pond. Noi faremo si' che il viaggio verso la meta finale passi calmo e tranquillo. Per ogni informazione o bisogno, e anche per quando avrete fame, non pensateci due volte a chiamare le hostess di bordo, che vi serviranno cibo fresco e genuino ogni volta che vorrete. Detto questo, vi auguro buon volo, e grazie per aver scelto la nostra compagnia.».
L'aereo inizio' a prendere velocita', per poi decollare pochi attimi dopo, facendo accendere le lucine sopra le teste della gente che stavano ad indicare di tenere allacciate le cinture di sicurezza.
Il viaggio verso la prima meta era ormai iniziato. Stavo per visitare per la prima volta Hong Kong.
*Spazio Autore*
Heylaaaa genteeeee! Come va? :D E' da un po' che non ci si vede! Mi scuso subito per non aver continuato 'Midnight Style', ma, sapete com'e', tra la scuola e gli esami a momenti rimane il tepo per respirare . Comunque, ho deciso di iniziare questa nuova fanfiction, con protagonista Shawm Mendes. Sara' una ff piu' sul genere avventura, e spero veramente che vi piaccia!
Per chi e' nuovo, grazie per aver dedicato qualche minuto a questa ff. Lo apprezzo molto. Se vi va, seguitemi, cosi' vi arrivera' una notifica ogni volta che scrivero' qualcosa di nuovo :D
Detto questo, grazie a tutti per aver iniziato a leggere, e spero di rivedervi nei prossimi capitoli! :3
A presto,
AShadowLight .
STAI LEGGENDO
This Big World ~ Il mondo che c'e' in te
FanfictionAvete mai avuto quella sensazione di essere alla ricerca di qualcosa, senza sapere di cosa esattamente? Io si. Era da anni che non riuscivo a trovare il mio posto nel mondo. Ricordo che una notte ero talmente sommerso da questo pensiero da non riusc...