Senza rendermene conto, il volo stava per terminare.Ormai mancavano solo tre ore ad Hong Kong.
Da piccolo non avrei mai pensato che potesse esistere una citta' con un nome del genere. A dire il vero, fino alla quinta elementare non sapevo nemmeno cosa fosse l'Asia. La decisione di partire proprio per questa citta' venne cosi', d'improvviso. Sentivo dentre di me come se qualcuno mi chiamasse dall'altra parte del mondo, da Hong Kong. Chissa', magari era vero. Magari c'era davvero qualcuno ad aspettarmi in quella metropoli asiatica.
Avevo passato quasi tutto il volo a ragionare su questo fatto delle voci che ognuno di noi sente dentro. Certo, detto cosi' sembra che stessi pensando di essere uno psicopatico pronto ad uccidere qualcuno, ma in realta' credo che avete capito di cosa sto parlando, no?
Comunque, il paesaggio fuori dal mio finestrino cambiava di continuo. Si potevano intravadere piccole foreste stendersi come un velo sottile sul suolo, per poi venir interrotte da cittadine che man mano diventavano citta' vere e proprie. Poi fu la volta dell'oceano. E' strano pensare a quanto profondo possa essere il pensiero di vedere l'oceano dall'alto. Molti potrebbero benissimo dire che e' solo acqua, ma per me non era cosi'. Piuttosto io lo vedevo come un mondo infinito a se, dove potresti perderti se non fai attenzione. Chissa' quante cose ci sono nell'oceano che l'uomo non ha ancora visto.
Poi, come se fosse un film, una canzone inizio'a suonare nelle mie cuffie, e il suo ritmo mi faceva pensare sempre di piu', sempre di piu' a pensieri che mai avevo avuto prima, in senso buono ovviamente. Era la canzone perfetta per descrivere la felicita' che provavo, unita al senso d'avventura che cresceva man mano nel mio petto.
Il signore accanto a me non aveva provocato, stranamente, nessun fastidio, cosa di cui gli ero altamente grato.
Finalmente, dopo ore ed ore di volo e un fondoschiena che non poteva piu' sopportare il peso del mio corpo, il momento dell'atterragio arrivo'. Fuori era mattina presto del giorno dopo, e ovviamenrte il fuso orario mi aveva lasciato leggermente sbigottito. Devo dire che il comandante era davvero un grande nel suo genere, dato che tutta la fase d'atterraggio duro' bene o male quindici minuti, e non ci fu nessun rumore forte o scossa aerea. Mi misi in coda per uscire, con lo zaino sulle spalle e il telefono in mano mentre si stava accendendo. Qualche attimo e spintone piu' tardi ero li', all'uscita, a salutare le hostess e fare i primi passi nel continente asiatico. Questa volta non c'era nessun corridoio a mostrare la via verso l'aeroporto, bensi' dovetti scendere una scala alquanto ripida che portava sulla pista d'atterraggio, dove due autobus aeroportuali stavano ad aspettare noi stanchi passeggeri.
Al ritiro dei bagagli individuai con facilita' il borsone e il trolley, e con anche quelli in mano mi indirizzai verso l'uscita dell'aeroporto. Sorpassata una porta automatica di vetro, mi senti' come una star sul tappeto rosso. Se non fosse che i paparazzi in realta' erano i parenti e gli amici dei passeggeri, e il tappeto non c'era nemmeno. Quasi mi commossi alla vista di una famiglia cinese che stritolava una ragazza, pure lei asiatica, come se non si fossero visti da anni.
Ma venne il momento di ritornare con i piedi per terra. Ora dove dovevo andare? Cosa dovevo fare? Non avevo nessuna camera d'albergo prenotata, non sapevo come arrivare in citta' e non riuscivo a trovare nessuna fermata dell'autobus. Se ci fossero stati dei viaggiatori con un minimo d'esperienza alla mia vista avrebbero pensato ''Novellino''. Come dargli torto? Decisi di sedermi un attimo su una di quelle sedie metalliche dell'aeroporto a rinfrescare la mente.
Alzai lo sguardo, e fortuna o destino, vidi il simbolo della metro. Mi rialzai ed iniziai a camminargli incontro. Mi ci volle qualche minuto a capire quale linea mi potesse portare in centro, ma alla fine riusci' nell'intento e mi ritrovai su una navetta stracolma di asiatici e qualche turista dalla faccia europea.
Quando usci' dalla stazione della metro, i miei occhi non potevano credere a cio' che vedevano. Palazzi, anzi grattacieli, si innalzavano verso il cielo a perdita' d'occhio. Tutto scintillava, luccicava, abbagliava lo sguardo con molteplici colori. L'aria, seppur leggermente inquinata, inebriava le mie narici con quel profumo che urlava spezie. La gente era come una folla indomabile. Per lo piu' consisteva di asiatici che correvano, parlavano, ridevano. Tutto era in movimento, nonostante fossero solo le otto e mezza del mattino. Persino la primavera aveva un colorito e un carattere diversi da quelli del Canada. Ad Hong Kong faceva caldo, per lo piu' dovuto all'umidita'.
Iniziai a camminare, ancora stordito da tutto cio' che mi circondava. Probabilmente dovevo sembrare un bambino a cui avevano regalato lo zucchero filato, con la bocca aperta e gli occhi enormi scintillanti. Nel mio stordimento senti' qualcosa venirmi contro la spalla e buttarmi a terra. Mi ripresi girando velocemente la testa a destra e a sinistra. «Ma non ti hanno insegnato a guardare dove vai?!» una voce femminile mi rimprovero' dall'alto. Alzai la testa e vidi una ragazza dal volto caucasico. Due occhi blu radianti erano fissi su di me. I capelli lunghi color biondo scuro si adagiavano sulle spalle, lasciando le estremita' scivolare sul davanti.
«Scusa, non ti avevo visto» balbettai rialzandomi da terra, tirando su' assieme a me i miei tre bagagli. «L'avevo notato» disse, e senza che potessi rispondere continuo' «La prossima volta fai attenzione, occhi dolci» sorrise, avanzando e perdendosi nella folla. ''Wow'' pensai, camminando nella direzione opposta.
Girovagai per qualche ora, finche' non iniziai a sentirmi stanco. Dovevo trovare al piu' presto un posto dove soggiornare. Il caso volle che dopo aver girato l'angolo mi ritrovai di fronte una palazzina di quattro piani color celeste sfumato tendente al bianco. Una grossa insegna di legno penzolava sopra la porta d'ingresso riportava il nome del posto. ''La casa del viaggiatore'' lessi nella mente. Come nome suonava bene, soprattutto vista la mia condizione in quel momento.
Entrai, ed un aroma tropicale di cocco e crema abbronzante mi invase le narici. Alla mia destra si estendeva una sala svago, con svariati puff colorati, una tv e un tavolino da caffe di legno. Di fronte un ascensore metallico, mentre alla mia sinistra la reception era sorvegliata da un ragazzo biondo e muscoloso, grosso il doppio di me. Indossava, per quel che potevo vedere dall'altra parte del bancone, una canottiera con una palma disegnata sopra. Mi avvicinai, e lui mi sorrise, iniziando a mio imprevisto la conversazione. «Hey amico! Vedo che sei abbastanza perso, ma non ti preoccupare : sei nel posto giusto!» disse con un forte accento australiano. «Wow, allora e' vero che sembro un bambino che ha voglia di zucchero filato» balbettai ad alta voce. «Abbastanza» rise «Benvenuto alla casa del viaggiatore, io sono Stan, il proprietario! E tu sei?» chiese, dandomi finalmente tempo per rispondere. «Shawn, e si, come avrai intuito mi serve una stanza per una settimana» sentenziai con calma, iniziando a tirare fuori il passaporto e i soldi. «Certo, solo che questo e' un hostel. Dovrai dividere la stanza con altri ragazzi, e le posate e i piatti ognuno li lava per se'. Sono 10 dollari di Hong Kong per notte, 70 in totale.» Beh, l'idea di condividere con degli sconosciuti la stanza non mi entusiasmava un granche', ma piu' risparmiavo, piu' paesi potevo visitare. Cosi' avanzai i soldi e il passaporto, e in pochi istanti Stan era gia' messo a mostrarmi la stanza, posta all'ultimo piano.
Entrai, e mi sembro' di essere tornato nella mia camera del dormitorio dell'universita'. C'erano due letti a castello, e su quattro posti tre erano gia' occupati. A me toccava quello restante, nella parte alta del letto di destra. Una montagna di vestiti era buttata su ognuna delle cuccette dei miei coinquilini, che probabilmente dovevano avere la mia eta', viste le circostanze. Mi sistemai, e scorsi una porta che doveva essere il bagno della nostra stanza. Apri' la finestra e mi sporsi per vedere il panorama, che era semplicemente uno dei tanti grattacieli posto dall'altra parte della strada.
Iniziai ad ispezionare i piani che non avevo visto, colto da una curiosita' improvvisa. Erano esattamente come quello dove avevo la stanza io, ovvero c'era su ognuno un lungo corridoio orizzontale e tante porte delle varie camere dell'hostel. Entrai nell'ascensore, e appena le porte si aprirono, senti' una voce familiare strillare «Di nuovo tu?!»
Usci' a passo svelto, e trovai finalmente l'origine di quella voce. Certo che il destino certe volte e' proprio in vena di scherzi.
**Angolo autore**
Ecco il secondo capitolooo! Yeeeee!!
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Alla prossima :3
~Fra'
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This Big World ~ Il mondo che c'e' in te
FanfictionAvete mai avuto quella sensazione di essere alla ricerca di qualcosa, senza sapere di cosa esattamente? Io si. Era da anni che non riuscivo a trovare il mio posto nel mondo. Ricordo che una notte ero talmente sommerso da questo pensiero da non riusc...