Capitolo 1

184 19 2
                                    

Il sogno in cui si stava crogiolando fu bruscamente interrotto dal rumore della porta della sua camera, sbattuta. Arturia si girò dall'altra parte, infastidita. Non aveva voglia di staccarsi da quel senso di serenità che solo un bel sogno poteva darle, per tornare alla fredda e cruda realtà. Cercò di imbacuccarsi nuovamente tra le morbide coperte della sonnolenza, non del tutto scivolata via da lei, ma in quel momento qualcuno, alla sua destra, tirò le tende alla finestra, inondando tutta la stanza di luce accecante.
'Diamine.'
"Sveglia, bell'addormentata!" La voce di Nil, qualche passo alle sue spalle, le sembrò eccessivamente squillante. In tutta risposta Arturia si mise il cuscino sopra la testa, ben decisa a non perdere così facilmente la sua battaglia. Come avrebbe potuto il suo popolo darle ascolto, una volta che lei fosse diventata regina, se non riusciva nemmeno a continuare a dormire quando lo desiderava?
Il rumore degli stivali del suo amico e protettore sul pavimento della stanza la informarono che la stava raggiungendo, probabilmente per alzarla di peso dal suo amato letto. In quel momento, alla principessa venne un'idea. Le labbra le si arricciarono al pensiero, ma continuò a fare finta di niente, tenendo la testa ben piantata sotto il cuscino, il respiro lento e regolare.
"Sai, a volte mi chiedo come riuscirai a prendere marito se non obbedisci nemmeno agli ordini più semplic..."
Proprio quando Nil stava per afferrarla, Arturia si alzò di scatto, tirando il cuscino addosso all' amico. Poi si ributtò soddisfatta tra le coperte.
Un rumore di vetri rotti e tonfi alle sue spalle la convinsero però ad aprire uno dei suoi occhi verde bosco.
Per terra, in mezzo ad un mare di profumo uscito dalla boccia di vetro in frantumi, un ragazzo dai capelli mori spettinati e due occhi enormi color zaffiro, ora profondamente irritati, teneva tra le braccia il suo cuscino. La scena era così comica che Arturia non poté trattenere una risata, le ultime tracce di sonno ormai svanite. Così si fece scivolare giù dal letto, percorrendo l'enorme stanza finemente decorata, fino ad arrivare di fronte a Nil. Lui spostó lo sguardo al suo arrivo, e solo ora Arturia si ricordò di essere in veste da camera. Quest'ultima era di una seta pallida e molto sottile, che faceva intravedere le forme del suo corpo, ormai completamente sviluppato, alla soglia dei suoi diciassette anni. La principessa non si scompose, per nulla in imbarazzo, e si accovacciò all'altezza del suo amico, un ghigno beffardo sulle labbra carnose.
"E io a volte mi chiedo perché mio padre ti abbia assegnato il compito di proteggermi, vista la tua goffaggine."
Il ragazzo che fino a quel momento aveva fissato gli occhi sull'enorme guardaroba in mogano alle spalle di lei, per rispetto del pudore della principessa, ora li puntò su quest'ultima, un lampo di incredulità in quell'oceano blu scuro.
Alla sua stizza Arturia si divertì ancora di più, e gli tirò un buffetto affettuoso sul naso affilato, prima di scavalcarlo e dirigersi verso il suo separè, dove le sue dame la sera prima le avevano già preparato il vestito che avrebbe dovuto indossare.
Le sue dame!
"Dove sono Agravaine e Danielle?" Chiese a Nil mentre iniziava a spogliarsi, in quanto nessuna di esse era presente nella stanza, il che era molto strano. Di solito erano loro a lavarla, vestirla e truccarla.
"Le ho mandate fuori io. Sto per darti una notizia che non penso ti piacerà."
La informò l'amico. La sua voce profonda non nascose però un lieve tremolio, che provocò un sobbalzo al cuore della principessa. Se anche lui, che era sempre calmo e controllato e non temeva mai niente, era preoccupato, allora stava veramente per darle una cattiva notizia.
"Stai forse per dirmi che oggi salterà la nostra cavalcata ai villaggi?"
Era una delle cose che più Arturia amava fare. Le piaceva travestirsi e andare tra il suo popolo, donando loro cibo e denaro. Amava quella sensazione che le procurava fare del bene, e prima di addormentarsi si sentiva il cuore più leggero ripensando a tutti quei visi sorridenti. Inoltre era molto importante sapere quale fosse il pensiero del reame nei confronti della corona, anche perché suo padre non se ne curava più di tanto; quello quindi era anche un modo molto efficace per rimanere sempre informati sui pensieri dei popolani e assicurarsi la loro fedeltà.
Nil la accompagnava sempre nei suoi viaggi, e si divertivano molto insieme. Erano amici ormai da tanti anni, e si era molto rallegrata quando suo padre lo aveva nominato Protettore. Quest'ultimo stimava molto il suo amico, anche se Arturia non ne capiva molto la ragione dato che non si parlavano mai più di tanto, almeno in pubblico, e nonostante la sua giovane età (avrà avuto non più di cinque anni in più di lei) spesso lo faceva sedere con lui nel Consiglio. Esso era composto da dieci membri, tutti optati accuratamente dal re, che ovviamente si era molto preoccupato di scegliere persone che approvassero sempre le sue decisioni. Arturia ne provava ribrezzo: erano un branco di pusillanimi corrotti e privi di spina dorsale, e ogni volta che Nil partecipava a una di quelle riunioni non poteva fare a meno di sentirsi tradita. Avevano già discusso parecchie volte a proposito della sua decisione di prendere parte alle sedute, e Arturia ne era uscita sconfitta. Una delle poche volte. Il suo amico infatti riteneva solo di poter migliorare la situazione, partecipandovi.
"Peggio ancora. Tuo padre vuole parlarti."
Arturia lasciò cadere a terra il panno con cui aveva appena finito di lavarsi. Il cuore le si fermò nel petto, il sangue le defluì dalle guance. Non era possibile. Doveva esserci un errore.
"Mi... Mio padre?" La voce le uscì orribilmente stridula dalla gola, e si odiò per questo.
"Sì." Il tono di Nil sembrò preoccupato.
"Ho pensato che se te lo avessi detto io sarebbe stato meno duro il colpo."
Probabilmente aveva ragione. Ma il respiro affannoso della principessa non riusciva a calmarsi lo stesso.
"Che cos'è successo? Cosa vuole da me?"
"Non me lo ha riferito, ma deve essere una questione importante."
Arturia annuì, d'accordo con lui. Doveva essere accaduto davvero qualcosa di grave se suo padre, il re, la aveva convocata. Egli non si curava mai di lei, non gliene era mai importato nulla. Sua moglie era morta dandola alla luce, e il re non l'aveva mia perdonata per questo. Dava la colpa ad Arturia, per la sua morte. Certo, ai banchetti e nelle occasioni importanti fingeva bene di amare la figlia, e da qualche anno a quella parte aveva iniziato a cercare pretendenti per la sua mano con così tanta foga che un nobile qualsiasi a guardarlo avrebbe potuto dire che non ci fosse mai stato un padre più amorevole con la figlia. Ma Arturia sapeva bene che le sue erano mere manovre politiche, il cui fine unico era quello di stringere alleanze e, forse, non sopportare più la sua presenza.
La principessa uscì da dietro il separè, vestita solo della sottoveste e del corsetto, slacciato sulla schiena. Nil diventò viola appena la vide, e si girò di scatto.
"Per gli Dei, Arturia! Forse è meglio che io vada a chiamare le tue dame."
La principessa gli afferrò la mano prima che lui avesse il tempo di muovere un solo passo.
"No, ti prego. Non lasciarmi proprio ora. Non... Non voglio che gli altri mi vedano debole."
La sua era una supplica, e sentì le sue guance arrossire. Non era abituata a pregare qualcuno. Ma d'altra parte, sarebbe diventata una regina un giorno, e ci teneva ad apparire sin da subito sicura si sè è pronta a tutto.
Sentì gli occhi di Nil su di sé, che non poterono fare a meno di esplorarle il corpo. D'altronde, era pur sempre un uomo. Arturia lo lasciò fare, per nulla a disagio. Si conoscevano da così tanto ormai, che la loro amicizia era quasi diventata come un legame tra due fratelli.
"Ho... Bisogno che tu mi allacci il corsetto." Lo informò, lievemente divertita dal suo imbarazzo. Poi si girò, dandogli la schiena, raccogliendo la cascata di capelli dorati e mossi sulla spalla destra, in modo che non intralciassero i movimenti di Nil.
Il suo tocco delicato sulla pelle nuda la fece rabbrividire, ma le recò anche sollievo al tempo stesso. Era come se gli dicesse che non era sola.
Quando l'amico strinse i lacci, per poco non le mancò il respiro.
"Ehi piano, non vorrai soffocarmi spero." Rise, una risata isterica che però l'aiutò a smorzare la tensione che sentiva annodata dentro al suo stomaco.
Dall'enorme specchio di fronte a lei poté vedere le guance di Nil farsi rosse.
"Scusa..." Lo sentì balbettare.
"Dì un po', non hai molta esperienza con i corsetti, eh?" Lo stuzzicò. Era uno dei suoi passatempi preferiti. Adorava sapere che riusciva a fare colpo su di lui o a irritarlo, ed anche adesso provò un senso di trionfo quando vide le sue sopracciglia aggrottarsi.
"Potrei sorprenderti, invece" gli rispose lui dopo un secondo, una nota di sfida nella voce, mentre finiva di chiuderle il corsetto con un'ultima stretta.
Arturia ridacchiò divertita, poi fece un passo in direzione dello specchio per controllare che l'amico gli avesse messo in modo corretto l'indumento. Una volta appurato ciò, rimase per un attimo a fissare la sua immagine riflessa. Si poteva leggerle in volto la sua preoccupazione: le sopracciglia chiare e arcuate erano corrugate, gli enormi occhi verdi accigliati. Perfino le sue guance erano pallide, i lineamenti fini contratti.
Quasi non si accorse quando Nil le appoggiò una mano sulla spalla, preoccupato.
"Arturia..."
La principessa si girò verso di lui, di scatto.
"Che cosa vorrà dirmi, Nil? Cosa può esserci di così importante per convocarmi appena sveglia, di mattina?"
Gli occhi del suo amico inghiottirono i suoi, e lei per un momento pensò di essere in mezzo al mare, su una barca candida col vento tra i capelli.
Quanto avrebbe voluto che la portasse a cavalcare, in mezzo ai boschi, da soli, senza dover fingere gentilezze o sorrisi come doveva sempre fare a corte.
"Forse ha combinato un matrimonio..."
Azzardò Nil.
Il cuore di Arturia sprofondò. La ragazza si sottrasse alla sua sua stretta, e si sedette sulla sedia di fianco al tavolo da toilettatura, traboccante di trucchi, spazzole e profumi di ogni tipo.
"Già... Forse." Riuscì solo a bofonchiare. Sapeva che sposandosi avrebbe acquistato potere e, forse, iniziato a governare ancor prima che il padre morisse, ma anche se era stata cresciuta apposta con l'intenzione di fare di lei una moglie perfetta, l'idea di sposare uno sconosciuto senza nemmeno provare un vago sentimento di affetto nei suoi confronti la tormentava. Certo, lei voleva sposarsi. Era l'unico modo per iniziare a fare del bene per davvero. Suo padre non era un cattivo sovrano, ma la sua principale preoccupazione rimaneva sé stesso. Se un giorno avesse dovuto scegliere tra un bene per sé o quello per il suo popolo, Arturia sapeva bene quale decisione avrebbe preso il re.
La principessa sospirò, pregando che il suo futuro marito fosse almeno una persona che anteponesse il bene degli altri al proprio. Per quanto riguardava la bellezza o l'età, già da quando era molto piccola, guardando il mondo intorno a sé, aveva capito che erano cose su cui non avrebbe mai dovuto fare conto. Trovare un ragazzo bello e giovane, intelligente e capace era praticamente impossibile.
Il tocco di Nil sui suoi capelli la riportò alla realtà. Solo ora si accorse che la stava spazzolando con cura, e il suo cuore si sciolse.
"Credo sia meglio che faccia io." Gli disse dolcemente, posandogli delicatamente una mano sulla sua. L'amico annuì, facendosi da parte.
"Forse è successo qualche avvenimento politico importante." Ipotizzò la principessa, mentre iniziava a intrecciarsi i capelli con un filo argentato, come aveva visto molte volte fare alle dame.
"Lo escludo." Rispose Nil.
"Non ci sono guerre in vista, dato che tuo padre ultimamente non ha combattuto guerre né sedato rivolte, i confini del regno sono stabili e il popolo è tranquillo. Perfino i nobili non stanno facendo pressioni di alcun tipo."
La principessa non rispose, continuando a lavorare i suoi capelli. Con molta delicatezza li tirò all'insù, in una crocchia circondata dalla treccia che aveva appena finito di fare. Poi passò ai trucchi.
"Magari è una questione religiosa." Riprovò.
Sentì Nil sussultare alle sue spalle, e per un attimo distolse lo sguardo dal rossetto che si stava mettendo, per posarli sul riflesso allo specchio dell'amico alle sue spalle.
Ogni volta che Arturia nominava l'argomento Nil diventava silenzioso e sfuggente, ma la ragazza non aveva mai capito il perché. Tutte le volte che provava a chiederglielo lui cambiava discorso, o trovava qualcosa da fare per tenerla occupata con qualcos'altro.
La religione nel regno di Julé era professata da pochi, che erano comunque visti dalla maggioranza come degli stregoni. Infatti essa aveva a che fare col mondo della magia -così almeno asserivano i credenti- che poteva essere oscura o benevola a seconda del suo utilizzo. Lei non aveva mai conosciuto un professante di persona se non di sfuggita durante le sue varie visite ai villaggi del reame, e i nobili che credevano ad essa erano ben attenti a tenerlo nascosto.
Arturia pose sulla scrivania il pennello che aveva appena utilizzato per allungare il suo sguardo ed infoltire le ciglia. Quasi non si riconobbe, allo specchio. Si preferiva acqua e sapone, vestita in modo semplice, e non disdegnava di certo un paio di pantaloni di cotone, al posto di abiti sfarzosi e merletti.
"Sei bellissima." Si complimentò Nil.
La principessa si alzò dalla sedia.
"Grazie." Borbottò, lievemente contrariata dall'ammirazione dell'amico. Lei non voleva essere bellissima, incantare gli uomini. Le succedeva ormai spesso, da qualche anno a quella parte. Sapeva come essi la guardavano ammaliati dalla sua bellezza e la sua grazia, come le parlavano. Ma avrebbe voluto rinunciare subito a questa in cambio di un seria considerazione delle sue idee. Quando sarebbe stata regina ciò sarebbe diventato realtà. Almeno, così sperava.
Quasi con rabbia si posizionò in testa un piccolo diadema di diamanti regalatele dal padre, una collana di rubini e un anello. Odiava i gioielli. Erano oggetti forgiati apposta per sfoggiare la propria ricchezza e il proprio potere. Ogni volta che li indossava la sua mente vagava ai poveri paesani di piccoli villaggi senza soldi né cibo e si sentiva male. Ma era costretta ad indossarli, data la sua posizione ed il suo rango. Il loro contatto gelido sulla pelle le provocò un brivido. Era una sensazione sgradevole.
La stretta del suo stomaco si intrecciò ancora di più, a quel pensiero.
Non voleva soffrire, non di nuovo. Ormai si era abituata alla distaccata indifferenza del padre, ma non sapeva se sarebbe sopravvissuta a una conversazione privata con lui. Non la aveva mai avuta prima.
"Credi che gli farò una bella impressione?" La sua voce tremava, e si odiò per essere così patetica.
"Se non succederà, non sarà di certo per colpa tua. Ma della sua stupidità."
Arturia sgranò gli occhi, e si voltò a guardarlo. Il suo amico non si era mai esposto così tanto, era molto pericoloso. Se qualcuno avesse dovuto sentirlo...
"Non dire mai più una cosa del genere."
La voce della principessa era decisa. Era un ordine.
Nil la fissò, il suo sguardo duro, poi si passò una mano tra i folti capelli.
"D'accordo. Ora però potresti metterti qualcosa addosso?"
Arturia abbozzò un sorriso.
"Non ti credevo tanto puritano."
Gli disse, mentre si dirigeva verso il separè a prendere il vestito rosso rubino.
"Non lo sono. È solo che se qualcuno dovesse entrare potrebbe iniziare a pensare male sul nostro conto."
Arturia sgranò gli occhi, un lampo di ilarità. A stento dovette soffocare una risata.
"Sul nostro conto? Io e te? Ma se siamo amici da un'eternità!"
"Questo non tutti lo sanno. E poi ciò potrebbe deporre ulteriormente a nostro sfavore. Siamo un ragazzo e una ragazza, stiamo sempre insieme e ora io sono qua, nella tua camera."
Non aveva tutti i torti. Lei era la futura regina, la figlia di re Rajo, il principale oggetto di conversazione tra i nobili e la corte. Se si fossero sparse malelingue sulla sua reputazione, sarebbe stata rovinata.
Con un'ultima scrollata per sistemarsi l'abito, la principessa annuì.
"D'accordo, ammetto che tu abbia ragione."
Vide Nil mettersi la mano davanti alla bocca in segno di finto e teatrale stupore.
"La principessa che dà ragione a me? É decisamente un Miracolo!"
Arturia gli lanciò un'occhiataccia, prima di darsi una sfuggente occhiata allo specchio. Suo malgrado dovette ammettere che il vestito era molto bello: era aderente e le metteva in risalto il seno e i fianchi, cinti da una lunga cintura di lino che aveva legato prima intorno ai reni, poi alla vita e infine stretti con un nodo all'altezza del bacino, facendo ricadere le due strisce uguali fino a terra. La scollatura era tonda, ampia, dalla quale usciva una camicia di un velo finissimo, che cadeva in piccoli sbuffi sui gomiti. Ai piedi delle scarpette con un tacco modesto slanciavano il suo corpo snello, già di per sé di statura alta.
"Sai, solo quando ti vesti così riesco a realizzare che sei veramente una principessa."
Sentì sussurrare a Nil, dietro di sé, e non poté trattenersi dallo sbuffare sonoramente.
"È facile per te. Non sei costretto a essere stritolato dentro abiti strettissimi e scarpe scomode."
Era vero; ancora non aveva accettato la sgradevole sensazione di essere compressa dentro a un corsetto. Ogni volta che poteva fuggiva dagli abiti regali che le imponevano di mettere durante le cerimonie, per indossare solo tuniche leggere o pantaloni. In molte occasioni aveva desiderato di essere nata maschio, avere maggiore libertà, fare quello che voleva...
Non poté fare a meno di lanciare uno sguardo truce alla camicia larga e al gilè blu dell'amico, comodamente morbidi sulle sue spalle larghe.
Per un po', quando era ancora una bambina, aveva usato vestirsi anche lei con abiti simili, ma suo padre da qualche tempo a quella parte glielo aveva severamente proibito. E Arturia sapeva perché.
"È per questo che vuole che mi vesta così. Gli fa ricordare di essere un re."
Sussurrò lugubre.
Ma ormai se ne era abituata. Era pronta ad accettare anche di dormire con quei vestiti infernali, se fosse servito a essere presa sul serio e avere rispetto dalla corte.
D'altronde, era questo il suo ruolo nella società. Essere bella e graziosa e sorridere agli uomini. Ma non per molto. Forse, sarebbe stato un bene se il padre le avesse veramente trovato un pretendente: così questo supplizio sarebbe durato ancora per poco.
"È meglio andare." Aggiunse infatti, riscossa dai suoi pensieri. Prima avrebbero iniziato il colloquio, prima la questione sarebbe stata risolta. E poi, doveva ammettere di essere curiosa sull'argomento del così tanto agognato incontro.
Anche se l'idea di rimanere nella stanza sola col padre le provocava gelidi brividi lungo la schiena.
La porta della stanza che veniva chiusa alle sue spalle da Nil la riportò alla realtà con un sobbalzo.
All'occhiata piena di apprensione dell'amico finse indifferenza, leggermente infastidita dalla sua preoccupazione. Quando si comportava così la faceva sentire un pulcino spaventato, ed era l'ultima cosa che voleva sembrare. Lei era forte. Era decisa, pronta. Non aveva mai chiesto aiuto a nessuno nella sua vita, nonostante un padre assente e la mancanza della madre. Queste esperienze la avevano aiutata a temprare il suo carattere fin da piccola, cosa molto utile per una regina.
Senza accorgersene iniziò a mordicchiarsi le labbra, soprappensiero.
"Se dovesse esagerare in qualsiasi modo interverrò io. Te lo prometto." La voce di Nil interruppe le sue elucubrazioni. Quelle parole le portarono calore nel cuore, che si tranquillizzò per un momento. Lo avrebbe avuto accanto. Non diede a vedere la sua gratitudine così apertamente, doveva apparire sicura di sé. Così annuì solamente, lasciando la stretta tormentata dei denti sulle labbra. Se Nil se ne accorse, non lo diede a vedere.
Quasi non se ne rese conto quando arrivarono davanti alla Sala del Trono, situata al centro dell'imponente castello. Le enormi porte decorate con bassorilievi che elogiavano le gesta di suo padre erano chiuse, e davanti a loro due guardie dentro ad armature scintillanti sbarrarono loro la strada, le mani ben salde sul pomo della spada infoderata.
"Mia signora." Si inchinarono al suo passaggio, e solo quando Arturia fece segno di riposare loro si alzarono.
"Desidero essere annunciata a mio padre." Ordinò la principessa con tono autoritario e squillante.
Gli sguardi incerti delle guardie insospettirono la ragazza.
"Il Re al momento è occupato."
Disse alla fine quella alla sua sinistra.
Arturia si accigliò, visibilmente irritata. Come osava convocarla per poi non riceverla?
"Che genere di impegno trattiene il Re?" La sua voce non riuscì a mascherare il suo disappunto, e si impose di calmarsi. Doveva stare tranquilla, mantenersi decisa e controllata. Solo così avrebbe potuto sopravvivere a quel colloquio. E poi, questo poteva anche considerarsi una sorta di allenamento per quando sarebbe diventata regina.
"Di tipo... Diplomatico." Balbettò il soldato, in estrema difficoltà.
Arturia si trattenne dall'aggrottare le sopracciglia, perplessa da quel senso di imbarazzo che sembrava attanagliare i due soldati.
La principessa stava quasi per aprir bocca quando le porte della Stanza si aprirono e una cortigiana uscì ridendo, la veste eccessivamente corta e scollata che faceva intravedere un seno abbondante sotto la camminata ancheggiante.
Tuttavia le sue labbra lorde di rossetto scuro si chiusero di colpo quando si accorse di essere alla presenza di Arturia.
Quest'ultima rimase un' attimo interdetta, non del tutto indifferente alla comicità della situazione. Era un fatto risaputo in tutta la corte che il Re amasse dilettarsi in piacevoli compagnie con le dame più graziose del castello e, poiché oltre ad essere l'uomo più potente della terra era -a detta di molti- anche affascinante, la cosa non sorprendeva più di tanto Arturia. All'inizio ne aveva sofferto, ma col passare del tempo ci aveva fatto l'abitudine, volente o nolente.
Tuttavia la così evidente mancanza di rispetto del padre nei suoi confronti era un boccone amaro da mandare giù.
"Ora potete passare."
La informò la guardia alla sua destra, destandola dai suoi pensieri.
Arturia strinse i pugni, combattendo contro l'istinto di tirargli un ceffone. Sapeva che non era colpa di quest'ultimo se ora lei era così irritata, quindi si ordinò di mantenere il respiro regolare e calmarsi. Non avrebbe permesso alla situazione di sfuggirle di mano.
Sentì Nil di fianco a lei muovere un passo, come per esortarla a non fare aspettare suo padre.
Prima di entrare, Arturia rivolse un ultimo sguardo ai due soldati.
"Miei Signori, se questa è la vostra definizione di incontro diplomatico, forse non dovreste mai occuparvi di politica."
Avvertì il suo amico al suo fianco soffocare a stento una risata, mentre le due guardie si facevano viola in viso.
Poi raddrizzò la schiena, alzò il mento ed entrò nella Stanza.

Intrighi di corteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora