La stessa ragazza di quella mattina aveva appena fatto il suo ingresso nell'hostel, sbarrando gli occhi di fronte alla mia vista manco fossi stato un topo di fogna. «Salve anche a te» replicai a quel caso del destino che piu' che altro aveva una sfumatura di presa in giro. «Mi perseguiti per caso?». Ma che domande faceva? Feci segno di no col capo, iniziando a ridacchiare per cio' che aveva chiesto. «Allora ok, ma non mi andare dietro, almeno tu» sghignazzo' con un'aria snob che manco Madonna e Beyonce' assieme potevano emanare. «Ciao biscottino!» fece Stan dall'altra parte del bancone. Aveva la faccia di un bambino di quinta elementare con una cotta, a dire il vero. «A cuccia Stan» ribatte' lei, per poi farsi strada verso l'ascensore e buttarmici fuori nel vero senso della parola. Con un rapido gesto schiaccio' i tasti giusti per farla portare al piano desiderato, sparendo dietro alla porta metallica.
«Carina la ragazza, eh?» si rivolse a me il biondo della reception. «Se lo dici tu» sbuffai rialzandomi. Iniziai ad andare verso l'uscita, ma Stan mi blocco' continuando la conversazione, se cosi' si poteva chiamare. «Meglio tenersela come amica, una come quella. E' Summer Reynolds, la figlia di uno degli uomini piu' potenti della California» termino', lasciandomi un dubbio nella mente.
''Cosa ci fa una come lei in un hostel ad Hong Kong?'' continuavo a pensare senza fine, passeggiando per le strade del quartiere dove si trovava la mia casa temporanea. Fortuna che avevo sempre con me il portafogli, perche' iniziai ad avere un po' di fame. Girai a destra ed intrapresi un vicoletto stretto e lungo tra due palazzi di una decina di piani ciascuno. Al posto dei comuni lampioni un mare di lanterne di carta color pesca sembravano fluttuare sopra la mia testa, ognuna con un ideogramma diverso.
Alla mia destra notai una bancarella in legno sulla quale erano poggiate su dei vassoi vari spiedini di pesce e polipini fritti, l'odore dei quali faceva salire l'acquolina in bocca all'istante. Chiesi all'anziana signora dai capelli grigi a caschetto, che probabilmente era la proprietaria della bancarella, quale fosse lo spiedino piu' buono tra quelli esposti, e in risposta la vidi sorridere. Un sorriso genuino, come quando ricevi un cagnolino per Natale, seguito da una voce umile e calma. «Prendi questo» indico' lo stuzzichino adagiato alla fine destra del vassoio, «e' fatto secondo una ricetta di famiglia, che da generazioni viene tramandata da madre a figlia. Te lo regalo» fini'. Mi stupi' del fatto che una sconosciuta della quale non sapevo nemmeno il nome era disposta ad offrirmi del cibo, apparentemente senza motivo. «Dai su, non fartelo dire due volte» mi incito', porgendomi lo spiedino da lei indicato, sul quale notai erano infilzati dei polipini coperti da una panatura color miele. «Grazie,signora» risposi educatamente, prendendo cio' che mi era stato offerto e dando il primo boccone. Improvvisamente un'ondata di sapori nuovi mi colpi' il palato. Non potevo immaginare che quel semplicissimo piatto potesse risultare tanto squisito. «E' delizioso, signora» la complimentai, e in segno di risposta mi fece il solito sorriso gentile. «Ricorda: le cose migliori sono sempre quelle piu' semplici». Quelle parole mi entrarono in mente mentre continuavo a degustare quella piccola perla della cucina cinese. A fine pasto salutai, ringraziando infinitamente la donna e promettendole che sarei tornato di nuovo, pero' la prossima volta avrei pagato.
Passai il resto della giornata a perdermi tra vicoletti che portavano a svariati templi Buddisti, ognuno dei quali era colorato come se fosse una vera e propria opera d'arte. Poi venne il momento dei mercatini per turisti, dove persi letteralmente la cognizione del tempo. Comprai una marea di souvenir vari, dai micetti d'oro con la zampa penzolante ai mini fiori di loto a copie false di converse e nike. Non sapevo cosa potevo farmene di tutto cio', ma di certo non potevo lasciare Hong Kong senza aver comprato qualche cavolata da mezzo dollaro.
Passo dopo passo rimanevo sempre piu' sbalordito dalla maestosita' di quei grattacieli, che emergevano come funghi dalla terra e si innalzavano fin sopra le nuvole. Avevo letto che per avere un panorama della citta' intera si poteva andare a Victoria's Peak, un punto panoramico in alto tra le montagnette situate al confine, ma probabilmente avrei scelto un'altro giorno per visitare quel posto, vista l'immensa stanchezza che pian piano prendeva il controllo del mio corpo. Ora dopo ora iniziavo a capire cosa fosse veramente il jet-lag, quell'orribile sensazione in cui il corpo e' come un'orologio puntanto sull'orario di casa, mentre tu sei indietro nel tempo di tre quarti della giornata.
Verso sera decisi di mettermi in cammino verso l'hostel. Tutte le lanterne di carte venivano accese dalla gente, e la fiamma al loro interno emanava un'ombra quasi ipnotica. Cercai di ritrovare la strada di casa a mente, dato che con me non avevo niente oltre al portafogli e ai souvenir. Fortunatamente dopo svariati giri intorno a un isolato, svoltai e mi ritrovai a circa un chilometro dall'hostel. Di giorno non avevo notato che su quella via svariati negozi erano illuminati da strisce di luci a neon fucsia, azzurre e gialle, che facevano sentire ancora di piu' la modernizzazione in atto. Dopo qualche metro notai alla mia sinistra un ristorantino locale con una fila di clienti lunga dalla cassa all'entrata. Vista la mia curiosita' turistica decisi di aspettare anch'io il mio turno e vedere cosa aveva quel posticino all'apparenza troppo bianco e troppo spoglio da offrire. Mi ci vollero dieci minuti per arrivare alla cassa, sopra la quale era installato uno schermo con varie immagini dei piatti a disposizione e i loro nomi scritti in inglese. Ma purtroppo non si capiva lo stesso di cosa era composto un piatto, cosi' indicai con un dito 4 immagini, facendo segnare al tipo della cassa su un block notes cio' che desideravo. Fortunatamente, siccome era cibo da asporto, non ci misero molto a preparare il tutto, cosi' quando mi porsero il sachetto lo presi e pagai, indirizzandomi finalmente verso l'hostel.
Entrai e salutai con un cenno del capo Stan, dopodiche' mi diressi verso l'ascensore. Premetti una, due, tre, quattro volte il pulsante per richiamarlo, ma senza nessun risultato. 'Sara' occupato' pensai facendo spallucce. «Le scale sono a destra dopo la sala svago» mi indico' prontamente Stan. Trovai la scalinata, che per di piu' sembrava un'uscita d'emergenza, e sali' gradino dopo gradino, finche' ad un certo punto non senti' un urlo provenire da una porta del pianerottolo che avevo passato da poco. La apri' velocemente, ritrovandomi all'estremita' dell'ala sinistra del terzo piano. Corsi verso gli urli, che pian piano si facevano sempre piu' acuti, finche' non trovai la camera da dove venivano. Spalancai la porta, e mi ritrovai la ragazza dai capelli biondo scuro seduta sopra un angolo del letto. «Che succede?!» domandai con un filo di panico nella voce. «Un...un....topo! E' sotto al mio letto!». Controllai, e vidi un piccolo roditore dagli occhi teneri accasciato contro la parete sotto al letto della ragazza, probabilmente sotto shock dagli acuti che ella aveva emesso. Poggiai il sacchetto col cibo e quello con i souvenir, prendendo tra le mani il topino e portandolo fuori dall'edificio. Dopo cinque minuti ritornai nella stanza, trovando la ragazza nella solita postazione angolare con la testa coperta dalle mani. «Puoi smetterla adesso» sghignazzai, ridacchiando per la scena assurda di poco prima. «Non fa ridere» disse severamente lei, per poi incominciare una risata isterica con tanto di lacrime. Ci ritrovammo entrambi a soffocare dalle risate nella sua stanza, fino a quando non notai il mio sacchetto con il cibo, probabilmente ancora tiepido. «Hey, ne vuoi un po'?» le indicai cio' che conteneva il sacchetto. «Una delle regole di noi ragazze e' : mai rinunciare al cibo, soprattutto se offerto da due occhi dolci» annuncio' solennemente lei, prendendo uno dei contenirori assieme a due bacchette, e aprendolo.
Cosi', dopo aver urlato e riso, ci ritrovammo seduti a gambe incrociate sul letto della ragazza bionda a mangiare strane delizie cinesi. Non male come prima giornata.
***Angolo Autore***
Terzo capitolo yeeeeeeeee!
Spolliciate se vi e' piaciuto, e lasciate un commento se vi va!
Alla prossimaaaaaaa
~nonsocomefirmarmimavabbe'
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This Big World ~ Il mondo che c'e' in te
FanfictionAvete mai avuto quella sensazione di essere alla ricerca di qualcosa, senza sapere di cosa esattamente? Io si. Era da anni che non riuscivo a trovare il mio posto nel mondo. Ricordo che una notte ero talmente sommerso da questo pensiero da non riusc...