"Ricordo come fosse ieri il giorno in cui arrivai qui. Anzi, sarebbe più corretto dire il giorno in cui mi portarono qui. All'inizio non mi piaceva per niente. Ero già abituato agli odori forti, sono pur sempre cresciuto fra gli animali, e alle volte l'acqua a casa mancava per giorni o per settimane, ma qui l'aria che si respirava era totalmente diversa. Non saprei come descriverlo in modo appropriato, ma sono sicuro che se la tristezza avesse avuto un odore, sarebbe stato proprio questo. Mia madre è una bella donna, per quanto io riesca a ricordare. Aveva gli occhi grandi e blu come gli zaffiri, le sue mani erano insolitamente piccole e morbide nonostante si occupasse davvero di tutto quando mio padre non era in casa. Vicky, la chiamavano tutti, mentre mio padre era il solo a chiamarla Vic. Lui era alto e forte, giocava spesso con noi quando poteva, ma la maggior parte delle volte veniva chiamato a lavoro, anche durante la notte, e spariva per giorni interi. Quando tornava aveva sempre qualcosa per me e per la mamma. Una volta mi portò una spilla a forma di stella: era di un colore che ricordava l'oro, ma non poteva essere d'oro perché, se così fosse stato, di sicuro non avremmo potuto permettercela. Su una delle cinque punte c'era una macchia di un color ramato, credo fosse ruggine e no, l'oro non arrugginisce mica. Leo, così gli amici chiamavano mio padre poiché il suo nome era Leonard, portava sempre delle rose a mia madre, diceva che lei era il suo fiore e che l'amava tanto. Gliene portava di ogni colore: rosa, rosse, gialle, bianche. Una volta poi mio padre non tornò più dal lavoro e da quel giorno non ho più avuto notizie di lui e mia madre ha smesso di comprare fiori per la casa. Per qualche anno sono rimasto con mia madre. Avevo da poco compiuto undici anni il giorno in cui mi vennero a prendere. Erano due uomini alti, con vestiti eleganti. Uno dei due sono quasi certo che si chiamasse Sam. Credo sia l'abbreviazione di Samuel o qualcosa del genere. Lo so perché gli lessi la targhetta ed era il nome che pensavo avrei dato al mio gatto se fossi riuscito a convincere la mia madre a farmene tenere uno. Amavo gli animali, ma ogni volta che rientravo a casa con un amico a quattro zampe raccolto per strada mi toccava andare a letto senza cena e per di più la mamma diceva che ero allergico al pelo dei gatti, ma io non ricordo di aver mai starnutito o roba del genere. In realtà è successo. Ma non per i gatti. Ho starnutito anche a causa del profumo che avevano sugli abiti quei due gentiluomini, che poi tanto gentili non furono. Anche quello era un odore forte, ma era più simile alla paura che alla tristezza.
Le cose qui non vanno poi così male negli ultimi tempi. Ci permettono di uscire qualche ora ogni tanto. Ci permettono di vedere i nostri genitori, le nostre famiglie. Non a me però. Io non ricevo mai visite qui. A volte mi piace immaginare che mia madre non sappia dove mi hanno portato e che sia solo per questo motivo che non mi ha ancora trovato. A volte immagino che mi stia cercando in lungo e in largo e che prima o poi verrà a prendermi. Mi avevano sempre detto che le somigliavo molto, che avevamo gli stessi occhi, lo stesso sguardo innocente e investigativo, le stesse lentiggini intorno agli occhi e la corporatura un po' esile di chi non mangia molto. A me piaceva mangiare, in realtà, ma forse sono quelle strane pillole che ci danno prima dei pasti a chiuderci lo stomaco. Però le mangiamo volentieri, forse perché ne hanno di tutti i colori, sembrano quasi caramelle. Mia madre amava cucinare, cantava sempre mentre lo faceva. Le piaceva anche la musica, ne ascoltava di tutti i tipi e ricordo che il suo preferito era il disco nero con le foto di quel cantante americano sulla custodia, ma ero troppo piccolo per sapere chi fosse. Ogni volta che lo ascoltava chiudeva gli occhi e ballava e a me piaceva tanto ballare con lei. Salivo sempre con i piedi sulla sedia in cucina e le prendevo le mani facendo finta di essere più alto di lei e ci scatenavamo fino a non avere più fiato, fino a morire dalle risate. Ci divertivamo io e lei, credo di mancarle. Di sicuro verrà a prendermi, d'altro canto diceva sempre che ero il suo piccolo eroe.
Avevo anche un'amica. Si chiamava Eloise ed era nata soltanto un paio di mesi prima di me anche se in altezza mi superava e come. Aveva i capelli lunghi, ricci e biondi ed erano bellissimi, morbidi come la lana più pregiata. Li portava sempre legati da un nastro verde che le faceva risaltare gli occhi che erano già intensi come smeraldi. La mattina, quando c'era il sole, i suoi occhi avevano il colore delle praterie, invece quando il tempo era incerto e nuvoloso divenivano quasi grigi come il cielo. Facevamo tanti giochi divertenti insieme, ma il nostro preferito era 'nascondino'. A volte le nostre mamme giocavano con noi. La madre di Eloise si chiamava Joanne ed era molto diversa dalla mia. Aveva anche lei i capelli ricci come Eloise, ma scurissimi. Gli occhi erano dello stesso colore del cioccolato fondente. Era sempre dolce con me, mi comprava sempre i miei biscotti preferiti quando andavamo in città, mi ripeteva spesso che ero come un nipotino per lei e non mi sgridava mai quando mi sporcavo gli abiti col cibo oppure giocando con il fango.
Io mi chiamo Kenneth, ma qui tutti mi chiamano Kenny. Sono sempre stato il più piccolo perché ormai qui non ci viene quasi più nessuno e, quando accade, è sempre qualcuno molto più anziano di me. Ho compiuto quindici anni lo scorso Febbraio e per la prima volta quest'anno mi hanno anche lasciato restare nella sala comune coi miei amici per qualche ora in più. Abbiamo il coprifuoco alle 9 di sera, ma qualche volta quegli uomini eleganti ci fanno giocare fino alle 11.
Il giorno che arrivai era tutto più scuro, ma mai silenzioso. A qualsiasi ora del giorno riuscivi a sentire il rumore delle automobili per la strada e le urla provenienti dai bar e dai locali che circondano la zona. Ma anche all'interno non era da meno. Ancora oggi nella tromba delle scale echeggia il continuo pregare di Zia Maggie. Ancora oggi non ho idea di quale sia il suo vero nome, la chiamiamo tutti così perché passa le giornate a cogliere margherite nel giardino per farne delle ghirlande, anche se non ci permette di prenderle e nemmeno di toccarle. Alcuni dicono che sia qui da più tempo di tutti e che all'inizio era davvero adorabile. Nessuno lo sa per certo poiché non è che lei parli con molte presone.A dire la verità lei non parla con nessuno, ma è innocua il più delle volte. Capitò che a ora di cena una volta si arrabbiò così tanto che corse urlando per i corridoi della mensa, ma dopotutto qualcuno aveva preso le sue ghirlande e tutti sanno bene quanto lei ne sia gelosa. Bertram invece era molto gentile con me. Spesso mi dava da mangiare quando uscivo dalla sala punizioni ed ero troppo stanco per imboccarmi da solo. Bertram mi raccontava di avere un figlio della mia età e che forse era per quello che mi voleva così bene, perché glielo ricordavo. Non so perché fosse qui, credo fosse una persona molto intelligente a dir la verità, infatti qualche mese dopo il mio arrivo, i gentiluomini lo portarono giù nel cortile e da allora non l'abbiamo più rivisto. Non so cosa sia accaduto poiché quella zona è in un punto cieco, nessuna finestra ci si affaccia e non ci permisero di uscire, né tanto meno di riparlarne. La signora Adelaide lavora qui da tanti anni, ma non è cattiva come gli altri. Lei mi portava sempre dei dolcetti squisiti e ha gli occhi gentili e la sua voce è riuscita sempre a calmarci tutti quando avevamo paura di Sorella Eleonore. Lei è la madre superiora e ogni giorno nei primi tempi ci faceva delle domande, controllava le nostre stanze e si assicurava che non avessimo nascosto nulla. Ma cosa mai avremmo potuto nascondere? Non avevamo niente, non abbiamo niente. I giorni in cui lei era fuori però ci divertivamo molto. Ci lasciavano correre per la cucina e anche per le scale a me e agli altri bambini. Formammo una vera e propria gang. Eravamo in sei: Lauren, Vin, Gabe, Will, Gloria ed io. Lauren e Vin erano i più grandi tra di noi. Quando arrivai furono loro a volermi nel gruppo, anche se avevano già all'incirca 13 anni. Lauren raccontava di essere qui perché i genitori reputavano troppo strano il fatto che riuscisse a leggere e scrivere perfettamente già all'età di cinque anni e che la portarono qui quando a dieci anni in classe corresse l'insegnante di matematica. Vin e Gabe sono fratelli e stavano qui da più tempo di tutti. Dicevano che i gentiluomini li avevano pregati di seguirli poiché avevano bisogno di loro per risolvere un caso di massima segretezza e importanza, ma non ho mai creduto fosse vero. Will non ha mai parlato molto, mentre Gloria ci raccontò di essere andata a dormire la notte del suo dodicesimo compleanno e di essersi svegliata quì la mattina seguente. Per quanto riguarda me, non c'è molto da dire. Ricordo che Eloise mi chiese di giocare con lei e i suoi giocattoli e che le nostre madri poi si sussurrarono qualcosa. Beh, il resto potete immaginarlo perché due giorni dopo ero qui con loro."