Capitolo 3

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Mi avvio verso la casa di Natasha. Una volta arrivata suono il campanello e Nat mi apre subito la porta, come se fosse li ad aspettarmi.
<Ciao Nat!> dico e lei ricambia subito dopo il saluto.
Ci sediamo sul suo divano a penisola, di un colore beige chiaro e tre e quattro cuscini enormi appoggiati sullo schienale compreso quello della penisola.
<Arizona?> chiedo a Nat guardandomi intorno per vedere se si era nascosta.
<Ha un impegno con i suoi geniroti> mi dice guardando oltre le mie spalle.
Incuriosita mi giro per capire chi o cosa stesse guardando.
<Ciao Isabel!> mi dice la madre di Natasha portandoci una ciotola piena di pop-corn
<Andiamo su?> mi dice Nat prendendo la ciotola di pop-corn dalle mani di sua madre.
Io annuisco, dopo ci avviamo verso la rampa di scale e una volta in cime, apriamo la porta della sua camera.
Ci buttiamo sul letto e cominciamo a parlare del piú e del meno.
Natasha abita in una casa grande, con due bagni, tre camere da letto, un balcone, una cucina piccolina con una tavolo attaccato al muro con una forma strana ma ne aveva un altro nella sala accanto a quella cucina piú grande in caso di ospiti o, per esempio, quando eravamo appena dodicenni, per mangiare una pizza tutte insieme.
Mi ricordo che una volta abbiamo mangiatouna pizza con dei nostri amici più una nostra cara amica, dopo ci siamo messi sul suo divano, alcuni per terra e abbiamo visto un film horror:"Sinister".
Tutti avevano paura compresa me anche se l'avevo già visto due volte.
La madre di Natasha ha i capelli rossi e lisci, molto lisci, suo padre è un collega di lavoro di mio padre, si chiama Sebastian Stan e, infine, c'è sua sorella.

<È arrivata la pizza!> la madre di Nat ha urlato dal piano di sotto per farci scendere perchè era appena arrivata la pizza.
La famiglia di Nat si era messa nella cucina a mangiare mentre noi, per parlare delle nostre cose senza essere sentite da nessuno, ci siamo messe nel tavolo grande in sala.
<Davvero ti piace quello li?> dico a Nat riferendomi
<Sììì, insomma, è figo, ce... poi quegl'occhi... ahhhhh mio Dio...> disse poi tornandosi a concentrare sulla fetta di pizza che aveva nel piatto.

Finiamo di mangiare e ci dirigiamo al piano di sopra e torniamo nuovamente nella camera di Natasha ma dice che avremmo dormito al piano di sotto nel salotto su un materasso.
Dalla camera si sentiva una specie di piccolo motore.
Chiesi a Nat che cosa fosse.
<È mio padre che sta gonfiando il materasso, abbiamo un materasso che ha una specie di ventola da una lato che lo gonfi senza usare il compressore>
<Figo> dissi.
Dal piano di sopra si sente la voce della mamma di Nat che sta parlando al telefono e il materasso che si stava gonfiando.
Dopo un quarto d'ora il camapanello si sentì suonare.
Nat mi guardò con aria interrogativa e andammo giù a vedere chi fosse.
Quando la porta si aprì vedemmo Arizona.
<Ciao Aru!> urlammo io e Nat.
Noi la chiamavamo 'Aru' nonostante sentendo il suo nome venga spontaneo chiamarla 'Ari'.
<Ma non avevi detto che avevi un impegno?> disse Nat
<Lo so ma alla fine mia amdre mi ha permesso di non accompagnarla a quella cena con i suoi colleghi di lavoro che sarebbe stata una noia mortale per me> rispose lei.
<Beh meglio, almeno ti divertirai di più> dissi io.
<Ah, ragazze, vi devo dire una cosa!> disse Aru tutta agitata e con un sorriso a settantadue denti.
<Ce lo dici su> disse Nat avviandosi verso le scale.
Arrivate su Arizona si buttò sul letto mentre io e Nat ci sedemmo sul divanetto due posti (abbondanti direi) davanti ad esso.
<Allora...> cominciò Aru.
<Dica> dissi io.
<...mentre venivo qua ho rivisto quel ragazzo...>
<quale?> disse Nat.
<Quello del bar! Hai presente...?> disse Aru mettendosi seduta sul letto e incrociando le gambe.
<Ahhhhhh ok, ho capito.> disse Nat.
<Be', ma quanto è bello?> strillò arizona lasciandosi cadere nuovamente sul letto e mettendosi le mani sugli occhi.
Il discorso andò avanti per un bel po' e ogni tanto io e Nat ci guardavamo come per dire 'avrà mai fine questa tortura?'
Ad un certo punto Arizona cambiò discorso di punto in bianco.
<Be', e voi, che mi raccontate>.
Da quel punto cominciamò una grandiosa ora e un quanrto a giocare a 'obbligo e verità'.
Dopo andammo al piano di sotto e prendemmo posto sul materasso enorme e, avendo finito di giocare ad 'obbligo verità' cominciammo a parlare di cosa a caso.

03:29

Stavamo ancora parlando e la stanchezza sembra essere coperta, ogni volta che venne fuori, dalle nostre parole e dai nostri discorsi colmi e stracolmi di disagio.
Vicino a noi c'erano una porta-finestra chiusa da scuri bianchi e una finestra, anch'essa con gli scuri chiari chiusi.
Di notte chiudevano sempre tutto e come dargli torto!
L'idea di essere chiusa dentro in una casa grande mi dava quel senso di sicurezza che, appunto mi tranquillizzava ma, allo stesso tempo, mi eccitava il pensiero che magari, proprio li fuori, in quell'istante ci fosse qualcuno con il volto coperto. Conoscendomi se un ladro fosse entrato in casa io sarei morta dalla paura ma se provasse ad aprire gli scuri di quella porta-finestra fallendo, mi sarebbe piaciuto troppo perchè mi sarei divertita un sacco ma, non perchè il tentativo del ladro sarebbe andato in fumo, ma perchè ci saremmo prese tutte un infarto e, con il fatto che alla fine non sarebbe successo niente, avremmo riso sui nostri pensieri negativi che ti invadono la testa in quei momenti.

Fortunatamente (ma anche sfortunatamente) nulla accadde ma erano solo le 04:00.

04:33

Un rumore urtò i nostri discorsi.
<Cos'è stato?> chiese Arizona con voce stridula e impaurita.
<Non lo so> rispondemmo io e Nat contemporaneamente.
Il rumore si ripetè.
<Viene da fuori> disse Nat.
<Andiamo a controllare?> dissi io.
<ASSOLUTAMENTE NO> disse Arizona.
Ma Natasha si alzò e si avviò verso la porta-finestra e io mi alzai subito dopo essermi resa conto delle sue intenzioni e la seguii.

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Questo capitolo è più lungo e c'è anche molta ma molta più sostanza.
Spero vi piaccia e ci 'vediamo' al prossimo capitolo

Bye bye...



Isabel Evans || Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora