Finalmente ero arrivata a New York, non sapevo cosa aspettarmi, ero sola, non conoscevo nessuno, ma pensai che fosse proprio quello il miglior modo per iniziare da capo. Per iniziare una nuova vita, per scordare il passato.
Ero davanti alla porta della mia stanza del dormitorio 6 della NewYorkUniversity, entrando mi aspettai di trovare qualcuno su uno dei due letti o per lo meno qualche cosa in giro, invece niente, già non c'era assolutamente niente in quella camera, era vuota proprio come la mia anima. Mi domandai se ci fosse mai stato qualcuno, e se quel qualcuno se ne fosse andato o se forse qualcuno doveva ancora arrivare, ma alla fine non mi importava più di tanto, potevo stare anche da sola.
Lasciai le mie cose lì, in mezzo alla stanza, senza metterle in ordine, non avevo voglia, ero stanca e volevo fare un giro; così presi una borsa a caso e ci misi il minimo indispensabile giusto per non uscire senza nulla.
Mentre attraversavo i corridoi nel dormitorio per uscire mi accorsi che erano più affollati di quello che pensavo, c'erano persone ovunque, chi si rincontrava e abbracciava, chi urlava, chi semplicemente vagava silenziosamente per quegli anonimi corridoi che avremmo chiamato casa, proprio come me. Quando finalmente riuscì ad uscire da quella specie d'inferno, fui investita dall'aria fresca della grande mela, che procuró in me una moltitudine di brividi in tutto il corpo e mi costrinse a stringermi nella mia enorme sciarpa di lana. Si stava facendo buio, ormai erano quasi le nove di sera, non avevo ancora toccato cibo e non sapevo dove andare, ma poco importava, al momento volevo solo fare una passeggiata e godermi il panorama di quella spendi da città che avevo sempre sentito descrivere come 'la città che non dorme mai' e in effetti era vero, era tardi, ma c'erano ancora un sacco di persone in giro che andavo da una parte all'altra illuminate a malapena dai lampioni. Persa nei miei pensieri, mi accorsi solo in quel momento che ero ancora ferma immobile davanti all'uscita del dormitorio, mi ero incantata come era al mio solito fare, mi chiesi che cosa pensava la gente che passava in maniera così frenetica nel vedere me, immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto, davanti all'uscio di una porta.
Mi ripresi dai miei pensieri muovendo di poco la testa, e decisi di incamminarmi, attraversai la strada e poi girai a sinistra, non sapevo dove stavo andando, ma facevo sempre così, quando non sapevo che strada prendere giravo a sinistra, non so per quale motivo, ma lo avevo sempre fatto fin da bambina, forse la sinistra era la mia parte preferita. Camminai al lungo, forse mezz'ora, non so, non guardai il passare del tempo sull'orologio ero troppo affascinata dagli enormi grattacieli intorno a me per preoccuparmi del tempo. Erano davvero enormi, tanto da farmi sentire ancora più piccola di quanto già non fossi, ma forse era proprio quello il loro bello, quello di essere maestosi sulla città, erano loro quelli che in un certo senso la controllavano dall'alto pensai.
Camminai ancora per un po', mi accorsi di non sapere neanche dove fossi e ne quanto fossi distante dall'università, ma poi mi guardai intorno e lo vidi, era lì con tutto il suo splendore e le sue infinite luci, non persi tempo e mi incamminai sul quel maestoso ponte, fu in quel momento che capii che era ancora più bello di tutte le milioni di foto che avevo visto; una volta lessi anche un articolo che diceva che sul ponte di Brooklyn molta gente ci si suicidava, beh, sicuramente non c'era visione più bella prima del buio totale e del forte impatto contro l'acqua.
Arrivai fino a metà ponte, decisi di fermarmi proprio lì a metà, avevo le gambe pensati per la lunga camminata e anche un po' di mal di testa dovuto alla vertigini di essere così sospesa sul quel ponte, ma non ci feci troppo caso, non potevo rinunciare a quella bellezza che mi si era presentata davanti ai miei occhi.
Non mi soffermai a guardare chi passasse, ma agii d'impulso e mi misi a sedere sopra la barriera con i piedi penzoloni, avevo una paura matta, ma non so, forse l'adrenalina questa volta fu più forte. Rimasi lì, immobile, a godermi di tutta quella meraviglia, che mi dava una sensazione di libertà assoluta, tanto da far sparire tutti i rumori e il vociare dei passanti intorno a me, c'ero solo io, quel ponte, è quella immensa città avvolta dalle luci.
Mi persi di nuovi nei miei pensieri, capendo che non avrei potuto scegliere posto migliore per ricominciare, pensando che per una volta la fortuna aveva girato dalla mia parte, e che mai avrei sprecato quell'opportunità, mi convinsi che per la prima volta tutto sarebbe andato bene, che forse, sarei stata finalmente felice. Chiusi gli occhi e mi abbandonai completamente nell'oscurità della notte, lasciandomi cullare dal rumore del vento e dallo sfrecciare delle macchine. Ma poi, all'improvviso un rumore mi fece riaprire gli occhi di scatto, mi girai e mi accorsi che qualcuno si era seduto accanto a me, maledii immediatamente quella persona per aver gratuitamente infranto il mio momento di pace. Non capii subito chi fosse, richiusi e riaprii gli occhi per riabituarmi di nuovo alle luci provenienti dal ponte, e riuscì a scorgere che quella figura tutta in nero era un ragazzo. Aveva i capelli abbastanza lunghi e spettinati, molto scuri, aveva gli occhi chiari, tanto chiari da mescolarsi con le luci, era vestito in modo semplice con un paio di skinny è una maglietta, pensai subito se non avesse freddo con solo quella quelle poche cose addosso dato il vento, ma poi mi accorsi che in mano aveva in giubbetto di pelle e allora mi chiesi se non fosse stupido a tenerlo in mano invece che addosso o se fosse solo per far vedere il suo fisico scolpito e la moltitudine di tatuaggi che spuntavano dalla maglietta. Solo dopo averlo fissato per un tempo interminabile mi accorsi che anche lui mi stava fissando, rimanemmo così a fissarci senza proferir parola, alla fine cosa mai si potrebbe dire a uno sconosciuto?
Fu solo dopo quel momento infinito fatto solo di sguardi reciprochi che lui decise di rompere il silenzio che tanto amavo "Sai che è proprio così che molta gente è morta scivolando di sotto?" Domandó con così tanta calma che quasi non capii cosa intendesse all'inizio, guardai giù e poi tornai a guardare lui e con la sua stessa calma gli risposi "Chi è già morto dentro, non può morire di nuovo" a quel punto lui mi guardò sbalordito, forse non si aspettava una risposta del genere, ma alla fine neanche io mi aspettavo una domanda così da uno sconosciuto.Parole: 1124
Team Sugared Almonds
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The Writing Stars: Team Sugared Almonds
RomanceStoria creata per il concorso @TheWritingStars Una nuova città, per un nuovo inizio.