Capitolo 2

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Quella sera era martedì, e come tale la festa era sempre lì, all' Earn, locale di punta della zona nord della città. Si andava là presto, a mezzanotte, per poi tirare dritto fino alle otto del mattino. La musica era una delle più coinvolgenti che avessi mai sentito, con quel ritmo in continua ascesa, da lento a veloce, che ti fa sentire per un secondo come il re della notte.
Ero andato là coi soliti amici: Titty, ragazza napoletana, la più estroversa del gruppo, con quei suoi capelli tinti rosso fuoco, i vari piercing al naso e alle labbra, e i tatuaggi che uscivano prorompenti dal suo vestitino nero che calzava perfettamente nel suo fisichino magro e atletico; Amelia, italo-brasiliana cresciuta ad Arezzo con quei lineamenti latino-americani degni di una modella, il capello riccio ribelle, il seno abbondante e prorompente, la pelle color caffè e il sorriso sempre stampato sulle lab- bra; e infine Lucio, il ragazzo di Roma, col suo stile tipico da hipster e con quell'accento capitolino che sembrava di sentir parlare uno dei finti centurioni davanti al Colosseo; alto, magro, era probabilmente il più grande esperto di droghe che avessi mai conosciuto, le aveva provate praticamente tutte, dalla prima all'ultima. E poi c'ero io, direttamente da un paesino del cazzo in provincia di Modena, dall'alto dei miei ventiquattro anni da poco compiuti, col viso liscio e pulito da sembrare ancora minorenne, sorretto da un fisico esile mai allenato, i capelli biondi trasandati visti i sei mesi di assenza dal parrucchiere e due occhi verde acqua talmente stretti che certe volte mi chiamavano il cinese; non perdevo neanche una serata. Ogni volta era una ventata d'aria fresca, in questo nuovo mondo pieno di eccessi, in questa città tentatrice, non si poteva farne a meno. Eravamo sempre lì, e ogni volta era un'avventura nuova.
Varcata la soglia del locale ci trovammo subito nel corridoio principale, alquanto largo, con pareti arancioni e pavimento in marmo bianco; le luci erano come al solito molto basse, tanto che si faticava quasi a riconoscere i volti delle persone presenti.
Dopo appena due passi avevamo già beccato uno spacciatore, uno dei soliti, lo si riconosceva subito perché aveva quel suo capello biondo platino che luccicava in mezzo alla folla. Era lì per noi, pronto a consegnarci la nostra solita dose; ormai era il nostro fornitore ufficiale già da qualche mese, ma non sapevamo come si chiamasse, non ce lo aveva mai voluto dire.
Lo scambio era semplice: richiamavi la sua attenzione, gli passavi di fianco con la banconota da venti sterline già pronta e lui nello stesso momento ti dava una busta chiusa con poco più di mezzo grammo di MD in polvere. Se volevi le pasticche gli preparavi invece la banconota da dieci, per la cocaina una da cinquanta e via così. Lui, a seconda della somma che avevi in mano, in due secondi si regolava, e ti faceva avere la tua roba; senza chiacchiere, senza fronzoli, e soprattutto senza farsi beccare. Sì perché ogni tanto c'era qualcuno che si faceva scoprire, ma non finiva molto bene.
Una volta ero proprio lì durante uno di quei momenti: uno spaccino stava facendo un affare con un ragazzo già totalmente strafatto, ma il buttafuori stava proprio passando da quelle parti e notò lo scambio tra i due. Chiamò immediatamente un collega di passaggio; erano tutti e due belli grossi, facevano paura solo a vederli. Il collega si occupò del giovane acquirente, scortandolo velocemente all'uscita, mentre l'altro prese lo spacciatore e lo portò verso una porta posta in fondo alla sala. Dopo una ventina di minuti il ragazzo e il buttafuori attraversarono nuovamente la pista, e raggiunsero l'uscita, dove una volante della polizia attendeva il ragazzo. Il problema era che in tutto questo il giovane uscì dalla discoteca con degli evidenti ematomi sul volto, senza lo zaino che indossava precedentemente, e con un po' di sangue che colava dal naso. Da quella sera non lo vidi mai più dentro al locale.

Si incaricava sempre Lucio dello scambio, non poteva essere altrimenti, sembrava nato per questo; non se ne accorgeva mai nessuno del passaggio di droga e soldi quando c'era lui di mezzo.
Mentre aspettavo che avvenisse la consegna, la mia attenzione si posò su di un ragazzo che se ne stava in disparte, completamente in ombra, indossando una felpa ed un paio di occhiali da sole. Era molto anonimo, e a causa delle luci basse non riuscivo a riconoscerlo.
Qualcosa mi diceva che lui potesse avere della buona roba da vendere, d'altronde ultimamente ero rimasto abbastanza deluso dall' MD che ci passava il nostro spacciatore abituale, e volevo quindi cercare qualcuno che avesse della roba veramente da fuori di testa. Decisi quindi di avvicinarmi a lui, e dopo appena il primo passo già attaccò a parlare: -Hai bisogno di qualcosa amico?
-Ah sei italiano, bene, mi faciliti il discorso. Cerco del buono.- Risposi squadrandolo dalla testa ai piedi.
- Forse ho qualcosa per te. Quanto?- Domandò tenendo il capo rivolto verso il basso. Non so per quale motivo, ma durante tutta la conversazione non lo alzò mai, impedendomi di vederlo in faccia.
-Venti.- Replicai mettendo la mano sulla mia banco- nota per prepararmi allo scambio.
Senza fiatare prese la mia mano, e in un secondo mi ritrovai una busta chiusa che nascosi prontamente nella mia tasca.
-Cos'è esattamente?- Chiesi cercando di fare chiarezza.
-MD tagliata con LSD e acidi vari, rara e introvabile. Stai attento amico, con questa vedrai i mostri. Ti saluto.- Rispose allontanandosi.
Che strano tipo pensai, neanche mi aveva degnato di uno sguardo; uno scambio rapido e poi via come se niente fosse. Probabilmente doveva rimanere ben nascosto per evitare che si spargesse la voce sulla sua merce esclusiva, ma a me non interessava più di tanto. Avevo finalmente la mia roba, e questa volta si prometteva di essere davvero devastante; chiunque fosse quel tipo e da dove venisse, non m'importava. Non appena anche i ragazzi ricevettero la roba, ci dirigemmo subito verso i bagni, posti a pochi metri da noi. Lucio aveva tutto nelle sue tasche, entrò solamente lui in bagno per dividerla in vari sacchettini da distribuire mentre noi lo aspettavamo fuori. Amelia si rivolse subito a me chiedendo: -Jonny ma che t'ha dato quel tizio?
-Stasera svolterò cara mia, MD intinta con LSD, da rimanerci secchi!- Risposi fiero dell'acquisto appena effettuato.
-Tu sei pazzo ad andar da uno losco così! Se poi muori io te l'avevo detto!
-Speriamo ben di no, ho ancora un po' di serate da fare prima!- Conclusi appoggiandomi di schiena al muro attendendo il rientro di Lucio.
Titty nel frattempo era molto euforica, ballava già animatamente trascinata dal ritmo della musica Trance proveniente dalla sala a pochi metri da dove eravamo in attesa.
-Jonny, te più o meno a che ora pensavi di cominciare?- Domandò mentre proseguiva col suo movimento ondeggiante.
Era sottinteso che volesse sapere verso che ora mi volessi fare il primo mezzo grammo. Sì perché la tempistica era molto importante per noi: se cominciavi a berti una bottiglietta da mezzo litro d'acqua con mezzo grammo di MD dentro, generalmente ci volevano tra i quaranta e i sessanta minuti prima che la botta ti salisse. Dopodiché l'effetto sarebbe svanito entro un paio d'ore; quindi se si iniziava a bere verso l'una, probabilmente gli effetti sarebbero cominciati a presentarsi verso le due, dopodiché il culmine sarebbe stato da lì fino alle quattro. Troppo presto per tornare sani, dato che la serata finiva alle otto di mattina. Le quattro erano l'orario più importante, l'apice della musica e del divertimento; non potevamo ritornare sobri proprio in quel momento, bisognava agire diversamente. Quindi si optava sempre per cominciare a bere verso l'una e mezza, dopodiché, quando la botta stava per svanire si tornava dallo spaccino, e ci si faceva dare una pasticca, o anche due, a dieci pound l'una, e la si mangiava subito, cosicché l'effetto precedente dell' MD venisse prolungato giusto fino all'ora di chiusura; e al con- tempo non si rischiavano neanche effetti collaterali, perché il fisico e la mente continuavano a rimanere in un limbo a parte, estraniati dalla realtà, senza tornare di botto nella vita vera. Anche se, alcune volte, molte volte, ci si faceva prendere la mano, e si finiva col farsi anche un altro mezzo grammo di cristalli, da darti una botta talmente forte che rimanevi senza alcuna capacità cerebrale anche per tutto il giorno seguente.
-Io direi verso l'una e mezza, poi se c'è bisogno del richiamino torniamo tranquillamente dal biondo.- Risposi indicando il nostro amico spacciatore che stava girando l'angolo di quel corridoio che ormai si stava già affollando.
Lei ammiccò continuando a ballare, e Amelia si inserì nella conversazione: -Ragazzi ma alle tre comincia Ben Klock, io devo essere sotto alla consolle e nessuno mi deve rompere il cazzo!- Disse rivolgendosi a entrambi.
-Beh, su questo non c'è dubbio, mi raccomando però questa volta non chiedermi gli occhiali da sole in prestito quando ti si cominceranno a ribaltare gli occhi!- Scherzai.
Sì perché Amelia aveva sempre questo difetto: tutte le volte che andavamo a ballare non si portava mai dietro gli occhiali da sole, così me li rubava sempre quando cominciava a sbarellare, e di conseguenza io ero sempre il più in vista del gruppo. Per il semplice fatto che, quando la droga sale al massimo effetto, gli occhi incominciano a ribaltarsi all'indietro, e quindi sei facilmente riconoscibile dalla security del locale, rischiando l'immediata espulsione.
Per fortuna Amelia quella sera li aveva portati con se, quindi da quel punto di vista ero tranquillo.

Tra una chiacchiera e l'altra ecco che finalmente Lucio uscì dal bagno, e con una destrezza degna del miglior borseggiatore del mondo infilò con la sua mano destra un pacchettino dentro la mia tasca dei pantaloni, e allo stesso tempo con la sinistra gli altri due dentro la borsetta di Titty.
-Oh finalmente Lu! Dai che dobbiamo andare in pista che sta iniziando a spinge!- Esordì Titty, ormai scatenata. Lucio replicò al volo: -Scusate regà, è che in bagno non ho resistito e mi sono buttato un tocchettino nel naso, così, come aperitivo!
Ridemmo tutti insieme alla sua battuta; e nel contempo Amelia esclamò: -Lucià, te se continui così altro che aperitivo, passi direttamente alla colazione!
Le risate continuarono; eravamo carichi, pronti per un'altra serata che poteva essere il delirio più totale, così come poteva essere tranquilla e passeggera.
Era proprio questo il bello, che ogni volta c'era sempre qualcosa di nuovo, di inaspettato che si presentava dietro l'angolo; ogni sera si scriveva una storia nuova, che bella o brutta che fosse era comunque dieci volte tanto quello che poteva succedere stando a casa come le persone normali.
Sì perché noi ci sentivamo diversi dalla massa, diversi da quella gente routinaria che lavorava di giorno e dormiva la notte. Non ci mischiavamo con quegli esseri incamiciati, i famosi colletti bianchi, che vagavano senza vita lungo le strade della città; schiavi solo del denaro e della loro patetica vita familiare; incatenati dal capo al lavoro e dalla moglie a casa; dove l'unica via di fuga era lo scopare con qualche prostituta nelle case chiuse a Soho. Noi eravamo quella parte di società da evitare, quei ragazzi sbandati da cui i genitori quando si è piccoli dicono di stare alla larga. Eravamo i figli della notte, i padroni dell'oscurità, quelli che se anche fossero morti l'indomani, avrebbero comunque avuto qualcosa in più da raccontare una volta arrivati alle porte del paradiso, o più probabilmente dell'inferno.

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