Tell me you love me.

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                                                                                          Prologo

Sbuffai.

«Sophie, esco un secondo. Mamma mi sta chiamando» le dissi mostrandole il cellulare. Annuì senza guardarmi, troppo presa a decidere se le stava meglio il vestito blu o quello viola. Alzai gli occhi al cielo e uscii dal negozio. Un ragazzo cantava lì accanto e i passanti gli lasciavano qualche dollaro nella custodia della chitarra. Gli sorrisi e risposi al cellulare.

«Pronto?!».

«Amore, sono io» rispose mia madre, allegra.

«Lo so» ribattei, cercando di non rovinarle il buonumore. Se lo perdeva, non lo recuperava per giorni.

«Fra quanto torni?» mi chiese.

«Aspetta, non ti sento. Mi sposto».

Guardai a destra e a sinistra, poi attraversai la strada.

«Ora va meglio. Cosa dicevi prima?».

«Dicevo che non so a che ora torni!».

«Ah! Io credo che la madre di Sophie verrà a prenderci fra un’ora, più o meno, e poi mi riaccompagnerà a casa» risposi, appoggiando la schiena contro il muro.

«Allora ci vediamo fra un’oretta. Intanto vado a prendere tuo fratello. E’ andato da Morgan».

«Va bene. Ci vediamo dopo. Ciao!».

«Ciao. Ti voglio bene».

«Anch’io, mamma».

Staccai la chiamata e mi infilai il cellulare in tasca. Mi avvicinai al bordo del marciapiede e guardai alla mia destra. Decisi di aspettare che un’auto nera, troppo vicina, passasse per poi attraversare. Ma quella si fermò proprio davanti a me. Era enorme, bassa, lucida ed elegante. Scese un uomo di colore dal posto del guidatore. Era alto e largo almeno quanto un armadio.

«Scusami…» mi disse avvicinandosi, «sai come posso raggiungere il Central Theatre qui a Warrington? Il navigatore si è bloccato…». Distinsi un vago accento americano.

«Non ne ho idea. Mi dispiace» risposi alzando le spalle. In realtà, sapevo dov’era, ma non avevo la minima idea di come spiegarlo. L’Armadio annuì e attraversò la strada, diretto al ragazzo che cantava. Osservai il cofano dell’auto.

«Bel gioiellino» mormorai.

«Si, bello sul serio» confermò una voce. Mi voltai. Non avevo notato il ragazzo che si affacciava da uno dei finestrini della macchina. Gli sorrisi. Aveva un viso familiare.

«Deve essere costata un occhio» dissi ammirata.

«Abbastanza».

«Tanto da non permetterti di acquistare un navigatore decente» dissi, poi mi pentii della battuta acida. Ma il ragazzo scoppiò a ridere, muovendo tutti i suoi ricci castani.

«Sono d’accordo» disse.

«Come mai cercate il teatro?» domandai. Non sapevo se lo facevo per evitare un silenzio imbarazzante o solo per sentire la voce di quel ragazzo. Lui aprì la portiera ed uscì dall’auto.

«Un’esibizione. Io e i miei amici» disse, indicando con il pollice l’auto alle sue spalle. All’interno, intravidi un ragazzo biondo che rideva. Si affacciò e mosse la mano in segno di saluto. Ricambiai con un sorriso divertito.

«Wow, un’esibizione? Siete una band o…?».

«Si, ma evidentemente non ci conosci» disse, appoggiandosi con un gomito alla portiera ancora aperta. Intanto, l’autista stava tornando e fece un cenno al ragazzo riccio.

«Allora io vado. E, comunque, io sono Harry» disse sorridendo e tendendomi la mano. Aveva gli occhi verde mare.

«Megan» risposi stringendogliela. Quando rientrò in auto e quella partì, sentii una stana sensazione allo stomaco. Mi resi conto che il sorriso di quel ragazzo, in quel momento, mi sembrava il più bello che avessi mai visto.

Attraversai la strada ed entrai in negozio.

«Meg, eccoti! Mia madre viene un po’ prima e… Meg, mi segui?».

«Come?!» mormorai.

«Ti sto dicendo che mia madre viene prima».

«Sophie» dissi, improvvisamente illuminata, «come si chiama quella band che ascolti sempre? Cioè, i loro componenti».

«Se ti riferisci agli One Direction, i componenti sono Liam, Zayn, Louis, Niall e Harry» rispose spiazzata. «Comunque, devo ancora capire perché non vuoi ascoltarli».

«Ascolto te, e questo basta e avanza. Quel tipo, Harry… E’ riccio?» chiesi. Annuì. «E la band stasera aveva per caso un concerto a Warrington?».

«Si, con quelli di X-Factor, perché?! Meg stai iniziando a farmi paura» mi disse, avvicinandosi e alzando preoccupata un sopracciglio.

«Perché li ho appena visti. E ci ho anche parlato, a dir la verità».

Lasciò cadere il vestito che aveva fra le braccia, sconvolta, poi, ad un’occhiataccia di una commessa, si affrettò a raccoglierlo. Mi guardò con una dozzina di domande negli occhi.

«Cercavano informazioni. Harry ha avuto solo il tempo di presentarsi. Erano proprio qui di fronte!».

«Perché non mi hai chiamata?» disse accigliata.

«Perché non sapevo neanche che fossero loro. E poi non ci sarebbe stato tempo, te l’ho detto!».

«E come sono? Cioè, sono tutti belli come nelle foto?» chiese, l’aria sognante.

«Io praticamente ho visto solo un paio di foto. E poi ho visto solo Harry e un ragazzo biondo».

«I capelli del biondo erano lisci o ricci?» chiese, come un dottore alle prese con un paziente malato.

«Lisci. Occhi azzurri» risposi, annoiata.

«Niall» disse, e i suoi occhi brillarono.

«Sono carini, ma niente di speciale» le dissi, «ma ora vai a pagare che quella signora ci sta guardando male da un secolo».

«Mah…» mormorò. Poi si diresse alla cassa.

Senza farmi notare, mi infilai in un camerino e mi guardai allo specchio. Ero arrossita, come ogni volta che mentivo. “Niente di speciale”. Certo, come no. Sospirai e raggiunsi Sophie prima che potesse accorgersi della mia assenza.

Saalve! c:

Benvenute  e grazie per aver letto!   Ci tengo a dire che questa ff durerà molto. Spero che continuiate a seguirla, sempre che qualcuno abbia letto il prologo lol                         Se nessuno la cagherà, la eliminerò, altrimenti sarò felicissima di continuare perchè srivere questa ff mi piace. Ah, volevo aggiungere che aggiornerò 2/3 volte a settimana.             Bene, è tutto!                                                                                                                 Se vi piace il capitolo, lasciate un voto o un commento :3                                               A presto,

Rioko.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 13, 2013 ⏰

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