CAPITOLO 3 "Cecelia"

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-Oddio! -
Urlo' Margaret portandosi la mano alla bocca.
Gli occhi erano spalancati dalla sorpresa.
Avevo appena abbassato il cappuccio del mio mantello facendolo ricadere sulle mie spalle mostrando il mio nuovo taglio di capelli, fatto alla meno peggio da me.
I miei occhi scrutavano la sua figura snella e formosa.
Indossava uno dei suoi soliti abiti striminziti e i suoi amati stivaletti neri.
I suoi capelli rossicci e mossi le ricadevano dolcemente sulle spalle mentre la sua maglia faceva intravedere la forma del suo petto prorompente.
Odio stare tra le ombrae e molto spesso vengo in questo quartiere per sfuggire alla mia famiglia e a quella maledetta struttura di addestramento.
Tutte le persone li' dentro sono perfette:
Lineamenti eleganti, occhi sottili, capelli lunghi, corpo sinuoso e sensuale mentre io sono tutto il contrario, sono l'esatto esempio della ragazza sfigata che si ritrova a stare tra le super perfettine e strafighe.
O almeno faccio di tutto per non essere come loro.
- Non sono venuta qui per sentire i tuoi pianti isterici su cosa ho fatto ai miei capelli-
L'avverto.
La sua espressione si scioglie in una molto piu' dolce e comprensiva.
- Lo so, Celi. -
Disse avvicinandosi e dandomi uno dei suoi stritolosi abbracci.
Chissa' cosa stara' pensando? Ecco di nuovo Cecelia alle prese con il suo animo ribelle e con le sue strategie ( che ovviamente non funzioneranno ) per far si' che quelle mi caccino.
Conoscendola sicuramente sta pensando a quanto io le faccia pena e a quanto sia sbagliato il fatto che mi costringano ad essere una di loro e a quanto sia altrettanto inutile, ma tenero e umiliante, il fatto che io provi ostinatamente a farmi buttar fuori da quel circolo odioso.
Ci conosciamo da quando avevamo tredici anni, lei e' una dei liberi, uno spirito avventuroso e senza paura e con uno spiccato talento nel trovarsi nei guai circa... venti volte al giorno.
Rimasi rigida mentre mi stringeva a se.
L'odore di fumo proveniente dai suoi vestiti mi riempi' le narici e per poco non rischiai di soffocare.
- Se non ti allontani penso che soffochero'-
Dico sorridendo, immaginandomi la scena.
>>Cecilia Stron morta asfissiata a causa del abbraccio della sua migliore amica che produce piu' fumo di una stufa. >>
Sarebbe un titolo da prima pagina!
Immagino la faccia di mio padre mentre scopre che la sua fastidiosa figlia si e' fatta uccidere da un insulso abbraccio da una dei liberi.
La sua faccia piena di disgusto per lei, e rabbia per l'umiliazione che il nome della famiglia ha subito.
Immagino mia madre, il perfetto cliche' di ombrae.
I suoi capelli biondi lunghi e setosi, le sue labbra carnose e rosee, i suoi occhi neri e profondi, capaci di essere terribilmente sensuali quanto crudeli.
Il suo corpo, magro e snello le sue mani lunghe e le sue dita affusolate mentre legge la lettera che conferma la morte della sua unica figlia.
I suoi occhi si oscurano, ma non esce nessuna lacrima.
Le guance diventano leggermente piu' rosse e la sua pelle piu' chiara, il suo solito atteggiamento quando e' triste.
Una donna abile nelle parole, una donna che studia ogni tua mossa per decidere come usarla a suo favore, o a favore della persona per cui sta lavorando.
Immagino le risate cristalline delle mie compagne, felici che la ragazza che tanto odiano e disprezzano finalmente sia scomparsa.
- Celi ci sei? -
Chiede all'improvviso Margaret facendo ondeggiare la sua mano vicino ai miei occhi.
- Si', si'. -
Dissi annuendo e ritornando mentalmente li', la mia fantasia molte volte prende il sopravvento e non e' sempre facile bloccarla.
-Andiamo dentro? -
La incito cercando di minimizzare la cosa.
Un lampo di felicita' guizza nei suoi occhi marroni.
Senza esitare un secondo e con grande entusiasmo mi prende per il braccio trascinandomi nel pub.
Ecco uno dei motivi del perche' siamo cosi' amiche andiamo entrambe daccordissimo con l'alcol.
In men che non si dica siamo dentro.
Appena entriamo veniamo accolte dalla solita fastidiosa musichetta country e dal acre odore dell'alcol che veniva ingerito in quantita'
spropositate.
Il locale era come al solito pieno di gente diversa: da dei vecchietti che nemmeno si reggevano in piedi, a degli adulti grossi e muscolosi che fuggivano li' ogni tanto per allontanarsi dalla loro realta'.
Un po come faccio io d'altronde.
Ma non c'erano solo loro; ragazzini che fingevano di fare i duri per far colpo sulla sua combricola, ragazze piu'
svestite che vestite, altre che si allontanavano dalla massa e in un angolino leggevano o scrivevano qualcosa, altri che si fiondavano sui corpi provocatori di molte donne cercando di flirtare mostrando la loro pila di disgustosi denti gialli.
Era quello il bello di questo posto come di quello di tanto altri, eri libero di essere cio' che sei e nessuno ti avrebbe giudicato, potevi decidere chi essere e con chi stare e come comportarti.
Potevi essere un ragazzo amante dei lustrini, o una ragazza con una grande passione per le cravatte e per i colori tetri e nessuno ti avrebbe detto niente perche' sei solo una persona come tutti noi, ed hai il diritto per quanto la tua vita possa essere breve e dolorosa, di goderti tutto cio' che di buono poteva darti.
Sembrava un mondo a parte, senza vere regole, senza paure o incertezze.
- Eccoti di nuovo, Storn!- Esclamo' da dietro il bancone un uomo robusto e riccioluto.
Lo salutai con un cenno.
Lui esito' un secondo sul mio viso ma poi senza dire nulla continuo' sorridente a fare il suo lavoro.
- Non sapevo che avessi quella cicatrice.-
Disse Margaret osservando il mio viso e dando particolare attenzione alla mia cicatrice vicina alla tempia destra.
Sono certa di avere un aspetto orribile.
Nel tempo, dopo anni trascorsi con le ombrae ho capito che non era il luogo giusto per me, io non centravo nulla con loro.
Putroppo mia madre questo non lo pensa, anzi crede che io abbia un certo talento.
Talento?
Scappavo dalla mia abitazione per raggiungere la sala di addestramento ed allenarmi anche se ero esausta, anche se commettevo sempre piu' errori non smettevo mai.
Lottavo, studiavo le armi, i comportamenti da avere, il modo di porsi e perfino il modo di parlare.
Ho faticato tantissimo quando ero solo una adolescente solo perche' ero arrabbiata con me stessa, con il mio modo di essere cosi' sbagliato per loro.
E allora cercavo di integrarmi.
Ho passato anni a sentirmi sempre nel posto sbagliato, a sentirmi oppressa da tutto cio' che mi circondava, mi sentivo soffocare, ogni volta che osservavo le altre e la facilita' con cui riuscivano ad ottenere risultati formidabili io ricacciavo le lacrime e mi dicevo "non e' abbastanza devi fare di piu', devi essere come loro."
E proprio quando incominciai ad ottenere vari risultati che apri' gli occhi.
La gente mi acclamava, mi eloggiava, mia madre mi guardava come se fossi l'essere perfetto che aveva sempre sognato che diventassi.
Ma io ero solo un burattino.
Avevo cucito da sola i fili che permettevano a qualcuno di muovermi, ero solo una marionetta che eseguiva senza fare domande.
E mentre passano gli anni iniziai a covare una grande rabbia e un senso si profondo disgusto verso di loro e verso chi al posto di amarmi per quella che ero non ha fatto altro che cercare di cambiarmi.
Mi sono sentita usata, discriminata e illusa, io non ero una di loro, non importava quanto mi sforzassi o quanto apparissi perfetta, mentre costruivo la mia nuova immagine la vera me si perdeva pezzo dopo pezzo.
Allora ho iniziato a cercare di mostrarmi per quella che ero realmente, provai a dimostrare quanto fossi diversa e quanto io non andassi bene per quel ruolo.
La mia figura snella, fine ed agile, cambio', il mio viso magro e sensuale divenne pieno e intriso di odio.
I miei fianchi divennero piu'
spessi e rotondi, le mie gambe piu' muscolose.
Dopo provai a vestire con abiti piu' semplici e larghi, e dai colori chiari, tutto il contrario di quei mantelli e quei abiti eccentrici e misteriosi.
Io non ero loro e dovevano saperlo, anche se indirettamente.
Pian, piano gli elogi diventarono frasi piene di disprezzo e ripudio, mia madre era sconvolta, non riusciva a guardarmi senza trattenere una smorfia amareggiata e di disapprovazione, provo' a parlarmi, ma lo fece solo una volta.
Eravamo in palestra mentre i vari istruttori ci dividevano in gruppi, le novelline dovevano iniziare a studiare le armi, e noi dovevamo o allenare il nostro corpo o studiare nella biblioteca alcune regole importanti sulla mente umana.
Io ero destinata alla seconda.
Lei era tra le piu' esperte e anziane e ogni tanto veniva a fare qualche lezione ed ad osservarci, con la scusa di vedere sua figlia.
So che voleva valutarle tutte, era il suo modo di fare.
Voleva studiarle e capire quello che sarebbero diventate, i loro potenziali e i loro difetti cosi' da poterli soppesare e da poter iniziare ad immaginare come sarebbe stata la squadra con le nuove arrivate, conosceva tutti per nome ma questo non era veramente importante o almeno loro non lo trovavano strano, ma io si'.
Solo di questo turno eravamo quattrocento ragazze e lei conosceva ognuna, anche se in realta' non ci aveva mai parlato, le aveva solo osservate e studiate cosi' da saper tutto senza che loro sapessero nulla di lei, una cosa a suo vantaggio.
- Cecelia.-
Mi chiamo' con voce pacata ma piena di rancore.
Si avvicino' a passo felpato mentre il suo abito aderente scivolava sulla sua pelle, i suoi occhi erano freddi, i suoi capelli raccolti alla perfezzione, facendo ricadere appositamente due ciocche mosse ai lati del viso.
Non risposi ma mi limitai a fissarla, cercando anche senza rendermene veramente conto qualche somiglianza tra di noi.
- Sei venuta qui per loro?-
Dissi indicando un gruppo di ragazze poco lontane da me che cercavo di capire come funzionasse un arco.
Non mi rispose, come faceva sempre.
Si' limito a fissarmi per qualche secondo per poi dire:
- Vedo che non porti la divisa da allenamento.-
Constato squadrandomi e lancendomi un occhiata di rimprovero.
- La trovo scomoda.- Esclamai con una scrollata di spalle reggendo con indifferenza il suo sguardo gelido e penetrante.
- Vuoi che vada cosi'?-
Sapevo a cosa stava alludendo, mi stava chiedendo se avrei continuato a mostrare il mio disprezzo e il mio non appartenere a loro, nella sua domanda c'era anche una sorta di speranza, forse una parte di lei credeva che sarei tornata quella di prima.
- Si', sto bene cosi'."-
Risposi annientando ogni sua piccola aspettativa.
All'improvviso vidi balenare nei suoi occhi un dolore fortissimo, come se avesse appena subito una perdita di qualcuno di importante.
Non disse nulla, mi guardo'
per un istante e per la prima volta in mia madre vidi nel suo sguardo l'affetto e un briciolo di amore nei miei confronti, ma spari' subito e con lui anche lei che se ne ando' senza aggiungere altro.
Da quel momento non parliamo piu', lei mi evita e io faccio in modo che i miei orari in sala addestramento non coincidano con i suoi.
Adesso, se mi vedesse probabilmente mi ripudierebbe, anche se adesso che ci penso, probabilmente l'ha gia' fatto molto tempo fa.
- Allora? Come te la sei fatta?- Ripete' mentre ci servivano i nostri drink.
Di solito non fa domande, ma oggi penso che la sua curiosita' ha avuto la meglio.
Sospiro.
Odio le domande ma conoscendola mi torturera' finche' non le raccontero'
tutto.
- E' stato nella mia prima missione.- Spiego.
All'improvviso i suoi occhi si riempiono di sorpresa e curiosita'.
Perche' non mi sono stata zitta?
- Come? Chi e' stato e...-
Margaret ama le storie soprattutto quelle degli altri e quelle che parlano di eroi.
- Quando catturano una ombrae le prime cose che fanno sono sfreggiare il suo viso, lo fanno per rovinare la loro bellezza, per dimostrare che possono essere anche loro ferite. La seconda...-
Mi fermo un secondo ordinandomi di non far trapelare alcuna emozione.
-  Violentarl.-
Sgrana gli occhi.
- Provochiamo la gente, ed quello e' il modo in cui riescono a sentirsi  superiori, dimostrano di vincere su di noi.-
Odio parlare di noi come se io fossi una di loro, ma la verita' e' che non sono ancora riuscita ad andarmene e legalmente ne faccio parte, e poi,  certe esperienze che fanno molte ragazze meritano rispetto e come loro le ho affrontate anche io.
- Ma io credevo...- Balbetta.
- Che fossimo inattaccabili? Che vincessimo sempre?- Esclamai per lei.
Annui, guardando il basso per l'imbarazzo.
- Tranquilla- Dissi con una risata amara.
- Lo pensano tutti ed e' proprio una di quelle cose che ci rende piu' forti agli occhi degli altri, ma anche noi siamo umane.-
Alzo il capo, i suoi occhi rossi pieni di lacrime che sarebbero scese fra pochi secondi.
- Mi dispiace io non avrei mai immaginato che-
Provo' a dire gesticolando.
- Tranquilla, sul serio, ora pero' vorrei provare il nuovo drink di Jugo, dicono che sia fantastico!- Esclamai afferrando la brosure plastificata e osservando i vari drink, non volevo pensare a questo, non sono qui per deprimermi o pensare a quello che faccio, almeno non stasera.
Annui' velocemente e in men che non si dica quel visino triste si trasformo' in uno intriso di allegria e vitalita'.
Un'altra cosa che spiega il perche' siamo cosi' amiche: il fatto che sa quando e' il momento in cui non voglio parlare ma voglio divertirmi.

Fino all'ultimo respiro 2-la verita' celata-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora