CAPITOLO 4 :"Ciao, papà"

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La voglia di insultare Cory mi passo' appena vidi il suo viso, sembrava stranamente sincero. Vidi i suoi occhi lottare contro l'impulso di parlare con parole rassicuranti e dolci, come era suo solito fare in queste situazioni, mi stava dicendo come stavano le cose e anche se una parte di me voleva che mi allontanarsi da lui e da tutto questo e che andassi da qualsiasi altra parte, un'altra parte voleva restare ed era stanca di vedermi stesa su un lento senza fare nulla, voleva che io fossi coraggiosa e che agissi.
Continuai a guardarlo senza dire nulla, quando all'improvviso dalle sue labbra carnose usci' questa frase :
- C'e' una persona che vuole vederti. -
- Chi? -
Chiedo senza esitare.
Lui fa un passo indietro mollando la stretta.
Seguo con attenzione ogni suo movimento.
- Io non posso dirti nulla. -
Inizio' senza guardarmi.
Ma perche' tutto questo mistero? Questa e' la stessa cosa che mi ha detto quella infermiera.
Chi e' questo tipo? E perché tutti questi segreti?
" Puoi lamentarti quanto ti pare ma finche' non lo vedi non potrai mai sapere. "
Cory mi guarda aspettandosi una reazione.
Che cosa dovrei fare?
Inizio a giocherellare con i ciondoli del bracciale, ecco, sara' il mio nuovo tick nervoso.
E se si fosse messo nei guai? Se mi stesse nascondendo altre cose?
"Jenny, sai cosa fare e' inutile torturarti cosi' ."
Lascio la presa sul bracciale e lo guardo dritto negli occhi.
Non riesco a leggere il suo sguardo, sembra un intruglio di emozioni diverse, so che e' leggermente nervoso ed impaurito, lo si vede benissimo, ma non so dire altro.
I suoi occhi sono bloccati dai miei, non voglio che inventi qualche scusa, sono stanca dei segreti e di tutto quello che ne comportano.
Tutta la mia vita e' stata sempre avvolta da un mistero, c'erano cose che non riuscivo a spiegare e adesso tutti i pezzi stanno formando qualcosa, ma evidentemente non e' tutto qui.
Sospettavo una cosa del genere; eravamo sempre stati pedine del loro gioco, quella scuola era stata fondata per far si che ci fossero altri istruiti e portati qui, ma nessuno ci ha mai detto nulla. Adesso mi spiego perché molti non ritornavano a casa, eppure non hanno avuto pena per i loro famigliari? Per tutti quelli che sono allo scuro di tutto questo?
- Portami da lui. - Dico stringendo le mie mani in pugni.
Chiunque sia dovra' spiegarmi un bel po di cose.

Cassie Pov's
- Eccola! -
Urlo un ragazzino indicando una ragazza dai capelli castani che stava camminando per strada con delle buste piene nelle mani.
- Ecco la figlia della puttana!-
Esclamo' ridendo di gusto.
Altri ragazzi lo imitarono, senza mai togliere lo sguardo da lei.
La bambina si fermo' di colpo.
Era pieno inverno e fuori l'aria era gelida, tanto che ogni volta che qualcuno apriva la bocca e parlava usciva una strana nube biancastra.
Era sera e nonostante stesse camminando nel quartiere che ospitava i vari mercati ( da quei alimentari a quei vestiari) della citta' probabilmente per il freddo, le strade erano deserte.
Spalanco' gli occhi appena noto' le loro mani piene di pietre.
Strinse piu' forte la presa su quelle buste pesanti mentre un lampo di paura si faceva largo dentro di lei.
Il suo capo era coperto dal cappuccio del mantello che le era un po' grande visto che l'aveva preso a suo fratello, ma il suo volto era comunque ben visibile.
Si penti' di non essersene resa conto prima, non volendo si era infilata da sola in questo pasticcio.
Le sue guance si dipinsero di un vivace rosso, mentre continuava a risentire quella frase nella sua mente: "la figlia della puttana"
- Com'e' vivere in casa con la vera moglie di tuo padre? -
Chiese un altro senza pero' aspettarsi una vera risposta.
Gli altri scoppiarono a ridere, mentre lei restava immobile.
Continuava a fissarli spaventata in attesa che una cascata di pietre si lanciasse contro di lei, sapeva che sarebbe accaduto.
Tutti la odiavano a partire dalla sua famiglia, suo padre l'aveva ospitata in casa sua, solo per pena, era sola, sua madre era scomparsa e non poteva provvedere a se stessa. Ma non c'era nulla di bello nello stare li', era una casa modesta ma carina, molto fresca ed accogliente, ma era intrisa di odio.
Il figlio dei due coniugi la ignorava, non mostrava disprezzo nei suoi confronti, faceva semplicemente finta che non esistesse.
La madre di lui, invece non si faceva troppi scrupoli e mostrava disgusto nei suoi confronti ogni volta che ne aveva l'occasione e suo padre non faceva nulla per evitarlo restava fermo a guardare, come se lei fosse un animaletto domestico che doveva ancora imparare.
Inizio' a torturarsi l'interno guancia immaginando come sarebbe andata a finire e pregando che durasse poco.
Quando era piu' piccola si comportava in modo diverso, immaginava che qualcuno all'improvviso comparisse nel buio e la portasse via, in salvo.
Ma non era mai accaduto.
Non importava quanto pregava o piangeva o immaginava, il suo eroe non sarebbe mai venuto a salvarla.
- Che fai? Non dici niente? - Disse un altro con una smorfia tetra in viso.
Non si mosse, faceva perfino fatica a respirare.
Senza neanche rendersene conto i suoi occhi cercarono la presenza di qualcuno.
" stupida! " Si disse.
Affondo i denti nella carne delle sue guance sentendo il sapore del sangue in bocca.
- Sei solo uno scarto! -
Esclamo' qualcuno dalla folla.
- Sei uno schifoso essere, non dovevi nascere, mostro!-
Urlarono altri.
"Ecco, e' arrivato il momento."
Si obbligo' a guardare ognuno di loro, doveva essere coraggiosa come suo fratello e suo padre.
Non doveva mostrarsi debole e se l'avrebbero ferita lei non sarebbe caduta, non avrebbe mai mostrato segni di debolezza.
- Mostro! - Urlano in coro avvicinandosi e stringendo piu' forte le pietre.
All'improvviso qualcosa la colpi violentemente alla gamba, una smorfia di dolore comparve sul suo viso.
Subito dopo una cascata di pietre si butto' su di lei, facendola schiantare per terra.
Le urla entusiaste dei bambini aumentarono.
Sentiva dolore ovunque, le buste caddero per terra, rivelando cio' che avevano all'interno, la moglie di suo padre si sarebbe arrabbiata molto appena avesse scoperto che tutti gli alimenti necessari per la settimana erano, ormai inutilizzabili.
Iniziarono a darle dei calci, iniziarono a colpire con piu' enfasi e forza, mentre lei rimase immobile, senza emettere alcun suono, ma conficcando nuovamente i denti nella carne e risentendo l'intenso sapore del suo sangue.

Fino all'ultimo respiro 2-la verita' celata-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora