Qual è il modo giusto di vivere?

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Spesso nei momenti di svago, definibile "tempo libero", chiedo alle persone che frequento la loro particolare opinione sul modus vivendi. Cosa intendo per modus vivendi? Cose come "Come bisognerebbe vivere?" oppure "Come deve essere vissuta la vita?"
Si, sono domande che mi pongo in continuazione e ,nonostante le argomentazioni filosofiche esistenzialiste mi interessino molto (cito Heidegger in primis, così i dotti non arriccerranno il naso), tali domande partono da un bisogno quasi naturale.
Come per mangiare, respirare e criticare, sorge in me un altro bisogno umano assoluto: chiedermi se sto vivendo bene la mia vita; se intraprendo le giuste relazioni personali; oppure, se è corretto affannarsi nello studio ed il lavoro. Giusto per compiacere di nuovo agli esistenzialisti non mi pongo la domanda per antonomasia "qual è il senso della vita?" no, cerco piuttosto di capire qual è il modo giusto di viverla. L' esserci è un dato di fatto: non sarà mai spiegato ma se non altro gli "amici" di Heidegger saranno nuovamente contenti.
Tornando ai bisogni, posso poter confermare che, talvolta, quasi come fosse un'emicrania o un'otite, posso sentire fisicamente lo "sgravare" di tutto: quello che sono e quello che faccio crollano improvvisamente nella spirale infinita tra il sensato e l'insensato; diviene tutto improvvisamente degno di discussione, di dubbio e d'inutilità. Proverò ad elencare i principali massimi sistemi umani di cui sento crollare l'importanza:
Le passioni, che solitamente preferisco chiamare distrazioni, giungono di fronte ad un perchè come fossero un treno merci dinnanzi ad un passaggio a livello. Ogni umano vive per uno scopo creato ad arte; esso può essere un impiego socialmente utile oppure una vocazione artistica. L' impiego è un'azione meccanica dai fini materiali, che riduce l'individuo letteralmente ad un numero, o meglio ad un capitale umano (per far sorridere i Marxisti). Per fini non materiali invece, l'impiego diviene portante della dignità dell'individuo all'interno della società, oltre ad altre cosette come il denaro anche se non voglio però ora, spostarmi su elementi più "piccoli" ma concentrarmi solo sui sistemi massimi.
L'arte invece, è considerata da molti esperti come la testimonianza del nostro passaggio lungo la fetta d'esistenza a noi permessa. L'arte, e intendo tutta l'arte (mi risparmio le elencazioni Kantiane o Shopenaueriane) credo possa essere concepita, lungo i concetti filosofici-filologici-letterari della storia, come una rappresentazione dell' esistenza basata su sentimenti, virtuosismi e creatività.
Senza arte "non sapremmo come vestirci il mattino prima di andare a lavoro, o non sapremmo cosa mangiare a pranzo" direbbe Belona Greenwood.
Nei momenti in cui mi pongo la domanda "come bisognerebbe vivere?" è impossibile non rendersi conto che l'arte rimane dunque una dolce distrazione per la domanda più che una risposta; già, me ne ricordo e quando tutto è in dubbio lo diviene pure l'arte in cui credo e che tento di creare.
Le relazioni personali , pur non rinnegandole mai, divengono un'altra domanda senza una vera risposta (tralasciando quella comportante l'universo freddo e abnorme che ci spinge ad avvicendarci con altre persone per dimenticare questa sentenza emessa da un giudice sconosciuto).
Sulle relazioni potreste dirmi che esagero, è vero; potreste parlarmi dei membri familiari e di come sia impossibile trovare un perchè all'appartenenza naturale di essi alla nostra sfera affettiva. La scienza però, spesso ci rende consapevoli e infelici e, nonostante probabilmente possa risultare superficiale, razionalizzo l'amore istintivo per i familiari con la teoria egoistica del gene del biologo Richard Dawkins.
Esiste in effetti un ultimo massimo sistema - o filosofia di vita che dir si voglia - che potrebbe rispondere qualcuno alla domanda. Quel qualcuno, magari perchè si rende conto che una vera risposta non c'è, propone che il modo giusto di vivere sia l'istinto: seguire a ruota la complessa macchinazione di impulsi che il cervello ci suggerisce con conseguente incuranza. Forse, gli istintivi sono coloro che pur non rispondendo, si avvicinano di più all'unico modo di fronteggiare la domanda posta. Quando guardo gli istintivi rimango colpito: essi sanno coscientemente che la vita c'è ed esiste anche non se ne sa il perchè(l'esserci Heideggeriano citato prima). Per gli istintivi dunque non importa neanche a questo punto dare una risposta; l'importante è seguire l'impulso, giusto o sbagliato che sia.

Quali altri sistemi rimangono per chiudere il cerchio dei fondamenti umani? L'amore forse? L'amore (desidero sottolineare anche il sesso), argomento impossibile da discutere, è la versione più sofisticata di distrazione che ci sia. Una delle forze più potenti dell'universo, seppur quasi sempre venga scambiata con possessività e, dunque, per compensazione dell'ego umano. Anche l'amore, come il resto delle relazioni, trova sostegno come mezzo contrastante la "solitudine universale" che citavo prima per le relazioni. Per quanto riguarda il sesso, beh, come risposta possibile è una delle mie preferite ma, ahimè, sempre troppo fugace e riconducibile ad un rilascio di endorfine, praticamente una droga.

Cosa rimane? L'arte, l'amore, lo scopo imposto (il lavoro), le relazioni, l'istinto ... cosa rimane di fondamentalmente umano che possa sfuggire alla domanda di definire come sia giusto vivere?
Ho fin' ora confutato tutti i massimi sistemi che baserebbero la risposta : "E' giusto vivere per ... amore, arte, persone a cui vogliamo bene, o per uno scopo che stabiliamo noi o ancora, seguendo l'istinto". Tali confutazioni le ho esposte solo per i più forti "ancorati e convinti" (ricordando loro che la convinzione è peggio della pazzia) di questi sistemi che sotto riflessione logica e razionale, divengono privi di fondamento.

Ed è così che giungo alla domanda del principio: qual è il modo giusto vivere? Dopo questa digressione iniziale spero risulti anche a voi difficile rispondere con decisione; tuttavia, aspetto fremente opinioni più variegate. 

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