Primo

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Si sentiva  come trasportata dalla folla di persone, senza essere in grado di poter compiere autonomamente un singolo passo. Era una sensazione estenuante, avrebbe preferito quasi abbandonare il suo stesso corpo pur di non provarla, svestirsi della sua stessa pelle e prendere il volo verso quel cielo grigiastro, ricoperto di nubi fuligginose.

Avrebbe potuto persino dire che era fastidioso, fastidioso almeno quanto la sensazione che provava a Miami , che l'aveva spinta a trasferirsi di punto in bianco a Londra, senza dare troppe spiegazioni a nessuno, nemmeno al suo ragazzo Justin, perché non trovava un lavoro che le permettesse di essere indipendente.

Si sentiva in trappola, incapace di muovere un solo passo senza avere la sensazione che qualcuno stesse lì a fiatarle sul collo, come quando si cammina in una folla e si percepisce il corpo della persona alle nostre spalle, appiccicato al proprio, esattamente come in quel momento.

Un terribile, improvviso deja-vu pronto a ricordarle la sua vita passata.

Scansò con veemenza il ragazzotto che camminava lentamente davanti a lei, un turista come un altro lì a Camdem Town, con lo sguardo incollato alle vetrine, facendosi travolgere dalla miriade di colori che lo circondavano.

Hannah lo osservò perdersi nel marasma di persone, tutte paradossalmente uguali, con gli occhi ipnotizzati, pronti a ingoiare e fotografare nella propria memoria ogni immagine che avrebbero visto in quella giornata.

Il fastidio si trasformò in nostalgia, quella dei suoi primi giorni a Londra, quando era lei a guardare per la prima volta le strade di quel luogo, che cambiava improvvisamente dal giorno alla notte, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine, perché da più di un mese era casa sua.

Controllò istintivamente il cellulare prima di svoltare l'angolo. Erano le 9.55, era in perfetto orario.

Un'icona circolare le notificò che aveva ricevuto dei messaggi durante il tragitto in autobus, e con un certo dispiacere notò che nessuno era di suo fratello Sebastian.

Lo aveva sentito l'ultima volta tre giorni prima; strano come un rapporto così viscerale, quasi simbiotico, poteva essere spazzato via da qualche migliaia di chilometri, ma Hannah sapeva benissimo che non era quello il problema di suo fratello.

La lontananza non era nemmeno ipotizzabile come un' eventuale causa del suo raffreddamento, la delusione che aveva dato ai suoi genitori scappando a 27 anni dalle sue responsabilità, dando come spiegazione le frustrazioni lavorative e l'apatia che ormai viveva da tre anni, sì.

Ad aggiungersi a questa problematica rilevante, c'era sicuramente il fatto che Gabriel fosse uno dei suoi migliori amici e che lei era letteralmente scomparsa non solo dal Paese, ma anche da ogni social network alla quale fosse iscritta, lasciandogli una patetica lettera di scuse e la sim del suo cellulare.

Aveva pregato Seb di perdonarla e lui, con ogni probabilità, riusciva solamente a fingere che le cose andassero bene e che le mancasse. Ogni tanto la aggiornava sulla situazione a casa, su come tutti stessero reagendo in maniera più o meno plateale, ma poi scompariva per qualche giorno, giusto il tempo di smaltire l'odio che forse provava ogni qualvolta ascoltasse di nuovo la sua voce.

Hannah non era stupida, riusciva a percepire con quale freddezza e tono meccanico rispondesse alle sue domande, con quanta improbabile piattezza raccontasse di come Gabriel era piombato a casa loro, spiattellando ai loro genitori come lei lo avesse lasciato con un pezzo di carta, per poi lasciare a soqquadro la sua stanza, in cerca di qualche prova che gli spiegasse dove fosse finita la sua ragazza, con la quale progettava di trasferirsi.

E con quale insensibilità, quasi come se non parlasse di sé, aveva raccontato di come Gab aveva smesso di parlargli e non avesse voluto più vederlo, dopo anni di uscite, bevute, e vita passata insieme, perché era convinto che lui sapesse tutto fin dall'inizio e che non avesse avuto le palle di avvisarlo, perché doveva coprire sua sorella.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 08, 2017 ⏰

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