Quel treno delle 4:35.

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Mi affrettai, salii sul treno e aspettai quegli interminabili minuti di agonia.
Ero un miscuglio di ansia e felicità, il cuore batteva all'impazzata tanto che se  sentivo il cuore bussare al petto con più forza e con ritmi velocissimi.

E credimi quando ti dico che sei stato l'unica persona in grado di mandarmi a puttane il battito cardiaco e la ragione.

Le porte si aprirono e potevo ammirare il tuo quartiere, per me era tutto nuovo, tutto da scoprire, avrei voluto farlo insieme a te.
Non sapendo quale fosse il tuo palazzo, persi venti minuti a girarmi tutti i citofoni a vuoto, finché poi non mi venne in mente di attraversare l'autostrada e raggiungere il palazzo di fronte a me.
Era da pazzi! Ma non mi importava, c'ero troppo dentro, mi eri troppo dentro.

Come avevo intuito, quello era il tuo palazzo. Bastava premere quel pulsantino grigio che affiancava il tuo cognome e tu in meno di un minuto ti saresti trovato faccia a faccia con me.

Prima di premerlo decisi di farti un paio di chiamate, senza ricevere risposta, avevo paura che non fossi in casa, paura di aver tentato gli estremi per niente.

"Vaffanculo, io lo premo, mi manchi troppo per poter aspettare ancora."

E cosí fu.
Mi ritrovai davanti quegli occhi meravigliosi e coincidenza volle che uno spicchio di sole uscí, illuminando il tuo sguardo, ed i tuoi occhi presero un altro colore, mischiandosi al colore del miele.
Ma c'era qualcosa di diverso quel giorno in te.

«Che ci fai qui?»

Ma come?

«Come hai fatto a trovarmi.»

«Se voglio fare una cosa, la faccio.»

Mi guardasti e allora ti scappó una risata.
Per quale cazzo di motivo stavi ridendo?
Mi sentivo così stupida in quel momento, tu non eri la persona che avevo conosciuto.

Non ti avvicinasti nemmeno a me, mi tenevi a distanza e non appena provavo a fare un passo verso di te, tu indietreggiavi.

Ma perché?

«Non mi abbracci?»

«E che sto pensando a come diavolo hai fatto a trovarmi.»

Dissi ridendo. Rimasi in silenzio.

«Sara io non sto vivendo un bel periodo, se sono sparito all'improvviso ti chiedo scusa, ma devo risolvere prima un paio di cose nella mia vita, non riesco a dedicarmi a piena in una relazione.»

Sentivo il cuore stringersi un po' di più.
Se solo l'avessi voluto, se solo ti fossi accorto di quanto avevo bisogno di far parte della tua vita, forse quelle cose le avresti risolte un po' più velocemente, magari lo avremmo fatto insieme. È così che funziona in una coppia, no?
I problemi diventano di entrambi.
E se non potevo risolverteli, perché diciamocelo, non sono una psicanalista, ne un medico, ne chissà cosa, ma potevo darti del supporto morale e dell'affetto di cui avevi bisogno.
Ma tu non l'hai voluto. Non avevi bisogno di me come ne avevo bisogno io.

«Va bene.»

Ma che risposta era?
Sono stata una stupida, ma credimi, in quel momento mi frullavano per la testa troppe cose, cose che non sapevo dirti. Forse era l'idea che tu in quel momento, non sentivi il bisogno di avermi vicina, come non hai mai sentito il bisogno di esternare i tuoi problemi con me.

Poi improvvisamente, mi hai abbracciata.
Un abbraccio al gusto di tristezza e malinconia.
Un abbraccio diverso dai precedenti.

«Ma c'entro io con i tuoi problemi?»

«No Sara, tu non c'entri assolutamente nulla con questo periodo.»

Ti sbagliavi. C'entravo eccome.

E cosí, me ne andai.

A volte è meglio non sapere determinate cose, ma dicono che una brutta verità sia sempre meglio di una menzogna; Cosí il cielo tornó cupo, e con lui anch'io.

Credimi se ti dico che se avessi voluto ti avrei portato via, saremmo andati in qualsiasi posto purché insieme, saremmo stati bene, come meritavamo.
Avrei voluto portarti via con me e non l'ho mai potuto fare.

Caro Diario, ti racconto di lui. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora